domenica 6 aprile 2014

Storia dell'arte in guerra


La sorte dei beni artistici durante i conflitti raccontata in sintesi da Sergio Romano
Un'epopea cominciata con Napoleone e culminata con la Seconda guerra mondiale

Marco Carminati

"Il Sole 24 ore - Domenica",  6 aprile 2014

Immaginiamo che uno spettatore un po' deluso dal film Monuments Men esca però dal cinema tutto infervorato dall'argomento e corra in libreria per approfondire il tema dell'arte messa in pericolo dalle guerre. Oltre al libro bellissimo di Robert M. Edsel Monuments Men (Sperling & Kupfer), da cui il film di Georges Clooney è tratto, sugli scaffali potrà trovare fresche di stampa due biografie di Rodolfo Siviero (di Francesca Bottari per Castelvecchi e di Luca Scarlini per Skira), assieme alle peripezie del tesoro di Montecassino brillantemente raccontate da Benedetta Gentile e Francesco Bianchini (Le Lettere), e forse trovare ancora disponibile l'avvincente Salvate Venere di Ilaria Dagnini Brey (Mondadori). In arrivo sugli scaffali sono, inoltre, libri come Operazione Salvataggio. Gli eroi sconosciuti che hanno salvato le opere d'arte dalle guerre di Salvatore Giannella (Chiarelettere, in libreria il 30 aprile) e il secondo volume dei Monuments Men. Missione Italia di Robert M. Edsel (Sperling & Kupfer in libreria il 27 maggio).
Sembra molto ma è ancora poco. Sul vasto argomento dell'arte messa in pericolo dalle guerre sono stati scritti libri memorabili, oggi di difficile reperibilità, come ad esempio I furti d'arte di Paul Wescher (Einaudi), dedicato alle spoliazioni napoleoniche, oppure The Rape of Europa di I.H. Nicolas, sulle razzie del Terzo Reich, o ancora Lost Treasure in Europe di H. La Farge, sulla situazione dell'arte alla fine del conflitto. A tutto ciò andrebbero aggiunti i diari di Rose Valland, Palma Bucarelli, Rodolfo Siviero e Pasquale Rotondi, editi tra il 1960 e il 2000.
Siamo scesi nel dettaglio. Ma chi volesse farsi velocemente un'idea generale sul tema, che cosa dovrebbe leggere? La risposta è facile: il piccolo, delizioso libretto appena pubblicato da Sergio Romano per la collana «Sms» di Skira con un titolo che va diretto al tema: L'arte in guerra.
Redatto con chiarezza e sintesi esemplari, quest'aureo libretto definisce subito il campo d'azione cronologico (dalla Rivoluzione francese ai nostri giorni) mettendo a fuoco momenti e temi di particolare rilevanza, come l'Età napoleonica, il Risorgimento italiano, i saccheggi coloniali, la politica artistica di Hitler, la Guerra civile spagnola, la Prima e soprattutto la Seconda guerra mondiale, le restituzioni alla fine del conflitto. 
Dovendo lavorare di sintesi, il libro definisce subito anche i "moventi" che hanno scatenato la caccia alle opere d'arte durante le guerre. Sono sostanzialmente due, in forte contrapposizione: primo, la conquista dell'arte (amata e adorata) quale simbolo del potere e del prestigio di chi la detiene e dunque premio per la vittoria; secondo, la rapina e distruzione dell'arte in quanto simbolo (odiato e disprezzato) dell'esecrando nemico. 
L'arte in guerra è stata sempre una duplice vittima, di chi l'ha distrutta durante i conflitti e di chi, approfittando della vittoria, se ne è impossessata come simbolo del trionfo. E questo da sempre, come sottolinea Sergio Romano citando casi antichi ed emblematici quali la sottrazione della Menorah dopo la conquista di Gerusalemme o il furto dei cavalli di San Marco dopo il saccheggio di Costantinopoli.
A questo punto si entra nell'alveo della storia. Durante la prima fase della Rivoluzione francese, le opere d'arte corsero pericoli gravissimi perché, caricate di forti valenze ideologiche, vennero sommariamente considerate simboli dell'odiato Antico Regime e pertanto brutalmente assaltate e distrutte (il volume racconta il caso tristissimo delle statue delle facciata di Notre-Dame a Parigi). Per fortuna, qualche anno più tardi, i rivoluzionari cambiarono radicalmente rotta ideologica: l'arte – seppur creata durante le odiate monarchie – doveva essere ora salvaguardata ed esposta in pubblici musei, a servizio dell'educazione del popolo e quale simbolo della conquistata libertà.
Napoleone si mosse in quest'ottica attivando il più grande trasloco di opere d'arte della storia. A seguito delle campagne militari, il generale convogliò su Parigi i tesori artistici delle nazioni "liberate" dalle antiche tirannie. Com'è risaputo, l'Italia e i suoi staterelli diedero un contributo enorme alla "bella idea", che però – tramontata la stella di Napoleone – venne ritenuta del tutto illegittima. Nel 1815 le nazioni europee si organizzarono per avviare la stagione dei "ricuperi", facendo tornare in patria le opere d'arte asportate dai francesi.
Nella seconda meta dell'Ottocento, l'Europa incrementò un tipo di saccheggio artistico finito oggi un po' in ombra, ma che il libro di Romano non dimentica: quello legato alle guerre coloniali. L'Asia e l'Africa sono state letteralmente setacciate dagli europei e il frutto di queste "rapine" si trova oggi tranquillamente esposto nei musei "orientali" e "etnologici" di Parigi, Bruxelles, Roma, Venezia, Lione, Londra eccetera.
Sergio Romano ci ricorda anche un'altra storia poco nota, quella delle rivendicazioni artistiche dell'Italia Unita nei confronti dell'Austria, che – ritirandosi dai nostri territori dopo il 1866 – si era portata via un sacco di opere d'arte importanti come, ad esempio, la Bibbia di Borso d'Este da Modena.
Il libro dedica spazio alle peripezie delle opere d'arte durante la Guerra di Spagna, indaga la fame patologica di prodotti artistici espressa personalmente da Hitler e da Goering, ricostruisce la nascita delle loro folli collezioni, frutto di vendite coatte e di furti a danno degli Stati occupati e delle comunità ebraiche decimate.
Durante l'ecatombe del secondo conflitto mondiale, anche sul fronte dell'arte si poterono distinguere due "eserciti" contrapposti: da un lato i tedeschi, con il loro "Kunstschutz", un corpo creato per "salvare" i capolavori dell'Europa e dell'Italia dalle mani dei "barbari" alleati trasferendoli in Germania e Austria e nascondendoli in tunnel ferroviari e miniere. Dall'altro i "Monuments Men" alleati, che salvarono a loro volta gli stessi capolavori andandoseli a riprendere nei nascondigli tedeschi e restituendoli ai legittimi proprietari. Al contrario dei russi, che ritennero i bottini artistici di guerra sottratti ai nazisti un loro sacrosanto diritto, per cui prelevarono molte opere d'arte dalla Germania e le portarono in Russia, nascondendole alla vista per decenni, come nei celebri casi della Madonna Sistina di Raffaello e del Tesoro di Priamo.
Oggi i pericoli sono finiti? No, dice Sergio Romano: laddove ci sono disordini e guerre (Siria, Irak, Egitto, eccetera) anche l'arte, purtroppo, è sempre in guerra.

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