lunedì 4 gennaio 2016

La curiosità salverà il mondo


Quando ti metterai in viaggio verso Itaca, dice Kavafis, 
devi augurarti una lunga strada
Il desiderio di conoscere l’ignoto e il diverso muove la storia e favorisce il dialogo
La civiltà è una macchina che si  alimentata di esplorazioni e scoperte
Non accetta, non può accettare, chiusure e preclusioni

Edoardo Boncinelli

"Corriere della Sera - La Lettura",  3 gennaio 2015

Si sente spesso dire «Questo ci salverà», «Solo quello ci può salvare» (anche se non ho mai capito bene da che); ma se c’è una cosa che certamente ci può salvare — non importa da cosa — questa è la curiosità, cioè il desiderio di conoscere realtà nuove e diverse. Tutti gli animali superiori sono curiosi, ma limitatamente alla loro età giovanile; poi la curiosità a poco a poco svanisce. Poiché noi uomini rimaniamo «cuccioli» per una quantità di tempo inusitata, ci comportiamo come gli esseri più curiosi del globo.
Le neuroscienze ci dicono che la curiosità ha la stessa natura di un bisogno o di uno stato di astinenza e il suo soddisfacimento ci procura la gioia di un autentico attingimento, portando dopamina alla corteccia cerebrale, come se avessimo mangiato, bevuto o fatto sesso. Le espressioni pratiche più tangibili di tale curiosità sono rappresentate dalle esplorazioni geografiche e dalla scienza. Dopo aver faticosamente raggiunto la sua Itaca — «Quando ti metterai in viaggio per Itaca/ devi augurarti che la strada sia lunga,/ fertile in avventure e in esperienze», dice il poeta greco Costantino Kavafis — Ulisse si rimette in mare con i suoi vecchi compagni alla volta delle colonne d’Ercole e a sentire Dante dice a quelli: «Non vogliate negar l’esperienza,/ di retro al sol, del mondo sanza gente».
Per quanto riguarda la scienza di oggi, si sogliono distinguere due tipi principali di ricerca, quella applicata e quella di base, che in inglese viene definita curiosity driven, cioè guidata dalla curiosità, per sottolinearne il carattere di esplorazione non guidata da niente altro che dal desiderio di soddisfare appunto la nostra curiosità. Senza curiosità lo scienziato non si può proprio fare, o verrebbe fatto in maniera fiacca e senza entusiasmo. L’entusiasmo è in effetti spesso il compagno effervescente della curiosità. La curiosità è un istinto esplorativo che ci spinge a cercare cose nuove nei più diversi campi e ambiti, fino al punto di esplorare le profondità del cosmo o i recessi più reconditi della materia, nonché i segreti della nostra mente o le segrete del nostro cuore.
Dalle particelle subatomiche alle galassie più anziane, o alle stelle ancora in formazione, niente è sfuggito alla nostra curiosità. E facciamo di tutto anche per sapere se nell’universo ci sono altre forme di vita, intelligente o vegetativa. Senza pensare che abbiamo certamente vita intelligente su questo pianeta, e che può valere la pena conoscerla. Come succedeva in passato, quando le navi solcavano in lungo e in largo le acque del Mediterraneo e con i loro continui scambi di cose e d’idee, coraggiosi viaggiatori gettavano le fondamenta della nostra stessa civiltà. Quando partirai alla volta di Itaca, dice sempre Kavafis, «devi augurarti che la strada sia lunga./ Che i mattini d’estate siano tanti/ quando nei porti — finalmente e con che gioia —/ toccherai terra tu per la prima volta:/ negli empori fenici indugia e acquista/ madreperle coralli ebano e ambre/ tutta merce fina, anche profumi/ penetranti d’ogni sorta;/ più profumi inebrianti che puoi,/ va in molte città egizie/ impara una quantità di cose dai dotti».
Tale spirito ha accompagnato per anni il cammino dell’uomo e il suo continuo andare e venire per le vie delle spezie o della seta per terra e anche, avventurosamente, per mare. La parola Cina, o China, e le favolose Indie suscitavano negli europei curiosità e incanto, e fino all’inizio del Novecento il desiderio di conoscere costumi e usanze esotiche di altri popoli, da parte di viaggiatori che già si sentivano un po’ annoiati del loro mondo e del loro modo di vedere le cose. Per non parlare dei viaggi d’istruzione e d’iniziazione, come quello famoso che portò Goethe in Italia o quelli di Henry Miller e Ernest Hemingway in Francia e in Spagna.
Il mondo nel frattempo si è fatto piccolo e sovraffollato. Non c’è più, si direbbe, il piacere di incontrare, dopo un lungo solitario cammino, un altro essere umano. Si cerca anzi spesso di fuggire i nostri simili, andando a cercare rotte meno battute e paesaggi quasi incontaminati. Di veramente incontaminato non è rimasto ormai quasi niente, perché gli sciami delle «formichine» umane sono arrivati dappertutto.
Ecco che a poco a poco la curiosità e l’entusiasmo si sono come rovesciati nel loro contrario, la diffidenza e il timore. Il desiderio di conoscere altri popoli e altre culture ha lasciato il campo alle aspirazioni alla chiusura e all’isolamento, e a tentazioni di misoneismo che rasentano la misantropia.
Il poeta siriano Adonis ha il coraggio di affermare che «l’islam è fondato su tre punti essenziali. Primo, il profeta Maometto è il sigillo di tutti i profeti. Secondo, le verità tramandate sono di conseguenza le verità ultime. Terzo, l’individuo, o credente, non può aggiungere né modificare nulla. Deve limitarsi a obbedire ai precetti». Ma anche senza squilli di tromba o toni guasconi, per quante altre confessioni si può escludere che si sia visceralmente convinti di qualcosa di simile? Il problema è che la civiltà è una macchina che si alimenta di esplorazioni e novità. Non accetta, non può accettare, chiusure e preclusioni, altrimenti si smarrisce e si perde. E se ci dovessimo smarrire in viaggio, meglio sarebbe stato non essere mai partiti. Perché nell’universo siamo soli, o quasi. Alla ricerca di un fondamento unico e di un senso.
Forse il viaggio può ripartire dall’arte e nell’arte. Mai come oggi possiamo vedere e apprezzare le opere d’arte di tutto il mondo, e leggere poesie e racconti di scrittori di tutte le nazioni, cosa che una volta non era facile, per un difetto di comunicazione e perché i cittadini di molti Stati del mondo non accedevano al grande circo della letteratura, cioè dell’immanente trascendimento dell’umano. E a parte l’apprezzamento letterario, anche così si può soddisfare la nostra curiosità di vicende umane diverse che ci portino a farci «del mondo esperti e de li vizi umani e del valore». Nella grande diversità delle sue espressioni, l’arte declina comunque un paradigma comune, profondamente e autenticamente umano, per esempio nelle architetture delle parti più diverse del mondo, e nel cinema, la decima musa che ha oscurato e allo stesso tempo riassunto tutte le altre, e che è divenuta una pratica moneta di scambio culturale ed esistenziale tra le genti dei quattro angoli del mondo. Cioè tra esseri umani così vicini e a volte così lontani.
Qualcuno parla di un futuro d’innesti, di piccole protesi o di dispositivi tecnologici, sul corpo umano e sulla psiche a quello associata. Forse l’innesto più promettente è quello di uomini con altri uomini, alla ricerca di un qualcosa di sempre più propriamente umano. Questa, e non altra, deve essere la nostra ricerca delle «radici», per non parlare dell’incontro con l’altra metà del cielo, quel femminile che ci deve ancora mostrare la sua autenticità. Antiquam exquìrite matrem, aveva detto l’oracolo di Delo a Enea, prima che quello si mettesse per mare con tutti i suoi alla ricerca di un nuovo ubi consistam. Cercate l’antica madre. Io, alla mia età, da qualche tempo le mie esplorazioni le conduco sui social network, cogliendo al volo immagini di quadri, di sculture, di palazzi e di chiese, scintillanti versi di poesie e brani di musica. E «m’illumino d’immenso».

Bibliografia
Per approfondire i temi affrontati in queste pagine si possono consultare i seguenti volumi: il saggio di Alberto Manguel, Una storia naturale della curiosità (traduzione di Stefano Valenti, Feltrinelli, pagine 416); Dopo la lirica (Einaudi, 2005), in cui Enrico Testa ha raccolto i testi di più di quaranta tra poeti e poetesse italiani del secondo Novecento; Adonis, Violenza e islam. Conversazioni con Houria Abdelouahed (Guanda, 2015); Giulio Carlo Argan, Achille Bonito Oliva, L’arte moderna 1770-1970/ L’arte oltre il Duemila (Sansoni, 2002); Martin Heidegger, Ormai solo un dio ci può salvare (Guanda, 2011); Costantino Kavafis, Settantacinque poesie (Einaudi, 1992); Joseph LeDoux, Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni (Baldini & Castoldi, 2014)

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