domenica 13 ottobre 2013

I paesaggi di Zanzotto. In un libro gli scritti del poeta sull’ambiente


Per la prima volta raccolti i testi in prosa 
dedicati all’abitare e al rapporto tra natura e uomo
Il volume, edito da Bompiani, sarà nelle librerie mercoledì

Giulio Ferroni

L’Unità, 13 ottobre 2013

LA POESIA DI ZANZOTTO È STATA SEMPRE INTENSAMENTE RADICATA NELL’ORIZZONTE VENETO, IN UN AMBIENTE CHE SI APRE E SI ESPANDE A PARTIRE DALLA NATIVA PIEVE DI SOLIGO, toccando territori diversi, in su attraverso l’elevarsi dei colli fino alle vette alpine e giù, tra pianure solcate da corsi d’acqua che conducono al mare su cui è insediata Venezia. È una poesia determinata in ogni sua piega, anche nei suoi esiti più difficili, nel suo toccare i più oscuri nodi psichici e le più ardue combinazioni linguistiche, dallo sguardo verso quello sfondo ambientale, dall’evidenza del paesaggio, dal suo imporsi ai sensi e dal suo trasformarsi per gli effetti climatici e per l’azione dell’uomo. Questa poesia, entro tutta l’esperienza umana dell’autore, riconosce nel paesaggio la misteriosa evidenza della natura, l’individuarsi stesso del soggetto, la consistenza del nostro essere nel mondo, del nostro muoversi in esso. Rivelatore in questo senso è il titolo del primo libro di Zanzotto, uscito nel 1951, Dietro il paesaggio: titolo che mostra come la parola poetica sia continuamente turbata dal presentarsi dell’immagine della natura, che si impone con i suoi molteplici volti, che suscita sensazioni, emozioni, gioie, terrori, ma il cui senso resta inafferrabile, si pone sempre più in là, lateralmente: sia nel fondo della psiche che dietro l’evidenza fisica dell’ambiente, dietro ciò che ne percepiamo. E non era certo la manifestazione di un esteriore gusto paesaggistico, di un incanto di tipo «romantico» ed estetizzante per le bellezze naturali: interrogando il paesaggio e seguendo le eccezionali trasformazioni che ha subito nella seconda metà del Novecento, in tutto il corso della sua esistenza, Zanzotto ha interrogato lo stesso costituirsi dell’esperienza umana, del suo misurare il mondo, del vario articolarsi del nostro rapporto con la natura: cosa che riguarda l’intero orizzonte sociale, i caratteri della vita collettiva, l’identità e il tessuto civile e politico del paese Italia, in definitiva il destino stesso dell’umanità.
Per questo assume particolare interesse il libro che ora appare nei Tascabili Bompiani, Luoghi e paesaggi, a cura e con introduzione di Matteo Giancotti (pp.240), che raccoglie vari interventi su questi temi fatti da Zanzotto nel corso degli anni: con una ricerca che il curatore ha intrapreso già con l’accordo dell’autore, risalendo fino ad uno scritto del 1955 e giungendo fino al più recente 2006. Questi testi sono stati distribuiti in cinque sezioni (Una certa idea di paesaggio, Mio ambiente natale, Un’evidenza fantascientifica, Quasi una parte integrante del paesaggio, Tra viaggio e fantasia), più un’appendice con la trascrizione di un documentario video del 1974. Si tratta di scritti spesso dispersi, apparsi in pubblicazioni occasionali: e solo due di essi (Colli Euganei e Venezia, forse) si trovano già nel «Meridiano» apparso nel 1999. Partendo da occasioni e da temi diversi, vi si prospetta da una parte una vera e propria teoria del luogo e del paesaggio (anche in rapporto alla pittura: e viene trattata in particolare la rappresentazione del paesaggio in due pittori tanto diversi come il cinquecentesco e veneto Cima da Conegliano e l’ottocentesco Camille Corot) e da un’altra parte vi si interrogano luoghi e situazioni familiari e vicini al poeta (il suo paesaggio personale, l’orizzonte veneto, presenze radicate in quell’ambiente come il vecchio Nino carico di un paradossale sapere popolare, evocato più volte nella poesia di Zanzotto, e il poeta dialettale Luciano Cecchinel).
Un’attenta lettura di questi scritti (in rapporto a tanti altri testi narrativi, critici e teorici del poeta) può mostrare in tutta evidenza come la problematica che possiamo chiamare «ecologica», che sempre più lo ha visto impegnato nel corso della sua vita, non riguardi soltanto una pur doverosa difesa dell’ambiente naturale, contro gli scempi infiniti a cui viene continuamente sottoposto dai processi economici e industriali, oltre che dagli interessi più ciechi ed egoistici: Zanzotto ci fa capire come nel consistere dei luoghi, nel loro farsi abitare, nell’immagine di sé che ci offrono, venga in realtà ad insediarsi la radice più profonda dell’essere degli individui, del loro disporsi nello spazio fisico, nel contesto vitale e sociale, nella stessa vita di relazione. Nei luoghi e nel paesaggio (che tra l’altro è sempre frutto di una costruzione umana, del secolare e difficile dialogo umano con la natura) viene a definirsi la stessa struttura psichica individuale e collettiva, si riconosce la continuità civile, la possibilità dell’essere in comune, lo specchiarsi reciproco dei soggetti umani. Al paesaggio appartiene anche una architettura concepita non come espansione assoluta dell’artificio (come accade in certe forme estreme di architettura contemporanea), ma come equilibrato rapporto tra la costruzione umana e lo spazio in cui deve collocarsi. Il poeta crede nella necessità di un accordo tra bello e giusto, che può assumere caratteri anche molto diversi: «Il paesaggio può prendere nel corso dei tempi molti volti come una gente che prende molte vite: ma sempre la sua fioritura o la sua desolazione rispecchiano quelle della società umana».
Molti di questi scritti inseguono con viva partecipazione, con quel procedere caldo e avvolgente, inquieto e assorto, che è tipico della prosa di Zanzotto, i luoghi e le presenze in cui si è manifestato e continua a manifestarsi, nonostante tutto, questo accordo tra bello e giusto, questa «fioritura» dell’ambiente: con tante notazioni determinanti, come quelle sul costituirsi originario degli «insediamenti» umani, o quelle sul valore dei nomi stessi dei luoghi, che tra l’altro riconducono al rapporto tra la lingua e i luoghi, agli effetti che l’ambiente fa sulla lingua. Geografia e storia, linguaggio e psiche, società e cultura, identità ed economia, architettura e agricoltura, tutto si intreccia in questa appassionata riflessione, che viene nel contempo a scontrarsi con le infinite deturpazioni che negli anni vissuti da Zanzotto, fino al nostro presente, si sono caricate su antichi equilibri ambientali, creando una sorta di stato purulento e comatoso che grava sempre più sullo stesso equilibrio civile, sul tessuto vivo della nostra società, sulla salute dell’Italia intera. Allora la lezione di questo grande poeta dovrebbe farci capire che la prospettiva ecologica non riguarda certo la patetica nostalgia di una incontaminata purezza naturale, né soltanto la pur doverosa tutela del patrimonio di bellezza che abbiamo ereditato dalla fatica di chi ci ha preceduto, ma la stessa tenuta sociale e civile del nostro paese, la salute dei nostri concittadini. Ma intanto continuiamo perfino a far passare le spropositate navi da crociera davanti a San Marco.

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