lunedì 13 aprile 2015

Aristotele è emigrato in Australia


La rivincita della metafisica nel mondo anglosassone
Cresce la critica alla visione quantitativa dell’essere

Giovanni Ventimiglia

"Corriere della Sera - La Lettura", 12 aprile 2015

Le idee non conoscono il default. E proprio mentre l’economia greca, nonostante gli sforzi di Tsipras, rischia la bancarotta e l’uscita dall’Unione Europea, la filosofia greca, trainata da un inarrestabile Aristotele, conquista l’America e l’Oceania. «Grecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio», ci ripeteva a scuola la professoressa di latino e greco: la Grecia, conquistata (dai Romani), conquistò — con la sua cultura, sottintendeva Orazio — il rozzo vincitore e le arti portò nel Lazio agreste. Non so chi siano oggi i Romani — forse semplicemente l’impero dell’economia occidentale, che ha spostato i suoi interessi dai Paesi dell’Atlantico a quelli bagnati dal Pacifico —, ma certo è che la metafisica di Aristotele, data per morta nel vecchio continente europeo, sta conquistando molte università anglosassoni, dagli Stati Uniti all’Australia fino alla Nuova Zelanda.
Prendiamo per esempio l’ultimo volume della collana di studi di metafisica della Routledge, notoriamente una delle più importanti case editrici accademiche del mondo. Il titolo non lascia spazio a dubbi: Neo-Aristotelian Perspectives in Metaphysics («Prospettive neo-aristoteliche in metafisica»). La provenienza universitaria degli autori parla da sola: Inghilterra (Durham e Reading), Stati Uniti (New York, Washington, Texas, Ohio, Indiana, Arizona e soprattutto California), Australia (New South Wales). Come si vede, anche le università inglesi sono ben rappresentate, ma questo non fa notizia, se solo si pensa alla quasi ininterrotta tradizione di filosofi di orientamento aristotelico di Oxford: da Austin a Ryle, da Strawson a Wiggins, da Anscombe a Geach, fino al vivente Sir Anthony Kenny, autore della recente e nota Nuova storia della filosofia occidentale (Einaudi), tradotta in varie lingue. Fa più notizia, invece, la presenza della metafisica di Aristotele al di fuori dell’Inghilterra.
Nel citato volume della Routledge si segnala, a questo proposito, il contributo del filosofo analitico (ma aristotelico) William Vallicella, che critica e, anzi, demolisce i «dogmi della filosofia analitica» non aristotelica, ossia quelli del filosofo americano Willard Van Orman Quine, dominatore incontrastato della scena della metafisica anglosassone fino a qualche anno fa. I dogmi sarebbero riassumibili, scrive Vallicella, nella tesi secondo cui non vi sarebbero molteplici modi, o sensi, dell’essere ma soltanto uno, quello espresso dal cosiddetto quantificatore esistenziale. Per Quine, infatti, che si rifà a Russell e a Frege, tutte le proposizioni esistenziali non sarebbero altro che una questione di «quantità». Ad esempio, la proposizione «gli elefanti esistono mentre le sirene non esistono» non intenderebbe dire altro se non che la proprietà «essere elefante» può contare su un numero di «esemplari» maggiore di zero, mentre la proprietà «essere sirena» non può vantare nemmeno un esemplare. Insomma «l’esistenza — come scrisse Frege — non è altro che la negazione del numero zero».
Ora, questa teoria di Quine aveva tutte le caratteristiche per diventare un dogma filosofico: permetteva di dare una spiegazione unica e univoca di tutte le proposizioni esistenziali e, inoltre, andava contro il senso comune — e si sa come molti filosofi vadano pazzi per le teorie che contraddicono il modo di pensare dei comuni mortali.
«Molti filosofi», tranne Aristotele e i suoi seguaci. «Quando Amleto andava chiedendosi “to be or not to be?”, che cosa lo affliggeva?», ironizzano gli aristotelici. Il fatto di non riuscire a risolvere un grattacapo numerico? Si domandava forse: «Ma la proprietà “essere Amleto” avrà ancora, perbacco, un numero di esemplari maggiore di zero o ne avrà, perdindirindina, un numero uguale a zero?». Oppure, al contrario, egli, come suggerisce il senso comune, era interiormente tormentato dal dubbio, davvero esistenziale, se continuare a vivere o farla finita per sempre e darsi la morte?
Gli aristotelici contemporanei, come Vallicella, non hanno dubbi in proposito, perché sanno, come sta scritto nella Metafisica del greco Aristotele da quasi 2.400 anni, che «l’essere si dice in molti modi» e ci sono modi, o sensi, che non sono riducibili a questioni di numero.
È precisamente quanto si sostiene nell’ultimo numero di «The Monist», una rivista di filosofia stabilmente in vetta a tutti i ranking internazionali più accreditati. Il volume, egregiamente curato da due italiani (Alberto Voltolini e Francesco Berto, ma il secondo è «emigrato» ad Amsterdam) insieme a Frederick Kroon, professore dell’Università di Auckland (Nuova Zelanda), si apre con una introduzione che rende conto del variegato panorama della metafisica contemporanea. Vi si citano, tra gli altri, i cosiddetti teorici del grounding , cioè Kit Fine, uno dei maggiori metafisici viventi, che insegna alla New York University (dopo aver insegnato in California), Jonathan Schaffer, professore all’Università di Rutgers nel New Jersey (dopo aver insegnato all’Australian National University a Canberra), e, infine, Fabrice Correia, dell’Università di Neuchâtel, in Svizzera. Si tratta di filosofi che, richiamandosi espressamente ad Aristotele, sostengono la tesi secondo cui fra i tanti modi, o sensi, dell’essere alcuni sono più importanti e più fondamentali rispetto ad altri: per esempio, l’esistenza di sostanze come le donne e i pesci è più fondamentale dell’esistenza di entità immaginarie come le sirene, dal momento che queste non potrebbero esistere nemmeno nell’immaginazione se non esistessero, appunto, le donne e i pesci, di cui sono una favolosa sintesi.
Molto interessante è, poi, il primo articolo del numero di «The Monist», firmato da Graham Priest, un filosofo inglese che si divide fra la City University di New York e l’Università di Melbourne. Che cosa vi si sostiene? Lo si trova scritto, in estrema sintesi e in polemica con la concezione univocista dell’essere di Quine, proprio nell’epigrafe dell’articolo, che recita: «Being is said in many ways», traduzione inglese di un passaggio del IV libro della Metafisica di Aristotele: «L’essere si dice in molti modi». Incredibili i percorsi delle idee: il pensiero greco si salva nell’inglese di un professore che insegna a Melbourne! Così, mentre la Grecia, forse, affonda, e l’Europa agonizza, decrepita, sotto il peso del passato, i suoi figli migliori, come i nostri costretti a espatriare, trovano fortuna altrove, e conquistano, idealmente, altre terre: Grecia capta ferum victorem cepit. La Grecia, conquistata, conquistò il rozzo vincitore. E portò la metafisica anche nella terra dei canguri.

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