sabato 29 settembre 2012

Une femme qui passe...



Le donne sono mobili per natura, dicono i poeti. E se voi uomini vi girate a guardarle mentre camminano, se non riuscite a trattenervi e dite loro qualche frase carina mentre vi passano accanto leggere come piume, sappiate che partecipate a un mistero legato alla bellezza che risale alla notte dei tempi. Lo spiega molto bene il libro di una studiosa della letteratura italiana che collabora con la Johns Hopkins University di Baltimora, Rossana Fenu Barbera: La donna che cammina. Incanto e mito della seduzione del passo femminile nella poesia italiana del primo Novecento (Longo editore, pagg. 160). Questo saggio ricorda quanto sia stretto il rapporto fra emozione e movimento (come suggerisce la coppia di termini inglesi motion/emotion), e quanta parte abbia avuto nella letteratura e nell'arte il passo femminile. Attraverso inquantificabili stratificazioni culturali, dall'antichità al Medioevo e al Rinascimento (si pensi al passo femminile salvifico nello stilnovo o alla Primavera che incede di Botticelli), il topos della donna che cammina si è trasmesso nei secoli fino a depositarsi nell'inconscio collettivo dei poeti moderni, che lo hanno declinato in mille modi. 
L' ingresso della donna amata nella vita del poeta Camillo Sbarbaro avviene «con passo di danza» (Ora che sei venuta). In Saba il passaggio fugace di una donna sconosciuta provoca un terremoto interiore (L'incontro). Per Mario Luzi il passo femminile assume valenze metafisiche e indica il cammino da compiere: «il tuo passo luceva silenzioso» (Periodo). La figura della «passante» può avere una forte carica simbolica e astratta, come in Une femme qui passe di Dino Campana («Andava. La vita s' apriva/ Agli occhi profondi e sereni?/ Andava lasciando un mistero/ Di sogni avverati ch' è folle sognare per noi/ Solenne ed assorto il ritmo del passo/ Scendeva il suo sogno/ Solenne ritmico assorto/ Passò), oppure produrre un concretissimo scatenamento dei sensi, come accade nell'inimitabile Livorno di Giorgio Caproni («Livorno, quando lei passava,/ d'aria e di barche odorava»). I verbi usati per indicare il movimento sono diversi: passare, andare, venire, scendere, salire, ritrarsi, avanzare, dondolarsi, ondulare, ancheggiare. E diverso è anche, in ogni poesia, il modo in cui il ritmo poetico si accorda col ritmo dei passi della donna. 
L' autrice del libro, però, propone un'unica interpretazione per tutte queste deambulazioni: la donna che cammina è una proiezione dell' anima dell'io poetante che la vede e anche una meditazione sulla poesia stessa, che un tempo era misurata in «piedi» e in studi recenti, come Il viaggio testuale di Maria Corti, viene concepita proprio come un «cammino» Se questa donna-poesia-anima ha «camminato» fino ad oggi dal Libano del biblico Cantico dei Cantici attraverso la Firenze duecentesca di Cavalcanti («Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira,/ che fa tremar di chiaritate l'aere...»), una ragione profonda ci sarà. E ci deve essere anche un perché se questa figura vitale, nei testi poetici della prima metà del Novecento, diventa, per la prima volta, libera di dirigere anche il suo sguardo elemento seduttivo spesso legato all'incedere dove vuole: è una creatura indipendente e, forse, finalmente consapevole del potere che esercita. Resta da verificare se questa immagine metastorica dell'anima permane nella poesia italiana degli ultimi anni e anche, come suggerisce la stessa Fenu Barbera, cosa accade quando a scrivere versi non sono gli uomini ma proprio l' altra metà del cielo.
La Gradiva, particolare dal rilievo delle AglauridiPrima metà II sec. d.C.Marmo, altezza 72 cm
Città del Vaticano, Museo Chiaramonti
In realtà, la donna che cammina sembra affascinare sia il genio sia l'uomo della strada, e pertanto sarebbe interessante fare un censimento molto più ampio sulla penetrazione di questa figura archetipo nell'immaginario collettivo. Del resto il protagonista del celebre romanzo di Wilhelm Jensen Gradiva, una fantasia pompeiana, estasiato di fronte a una giovane donna ritratta in un bassorilievo antico nell'«estrema levità dell'incedere», si pone le stesse domande che rivolse a se stessa Lady Duff Gordon, in arte Lucile, organizzatrice della prima sfilata di moda londinese, di fronte alle indossatrici che ancheggiavano in passerella: chi sono queste creature misteriose che camminano e da dove vengono?

Eleonora Lucchetti, Se il poeta spia una donna che cammina“La repubblica”, 15 settembre 2001

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