Melania Mazzucco
"La Repubblica", 1 agosto 2013
Se chiudo gli occhi, vedo madonne in trono e fra le nuvole, col Bambino in braccio o poppante al seno, madonne neonate nella camera di Anna, bambine educate dagli angeli, Annunciate timide o spaurite, puerpere tra i pastori, madri straziate ai piedi della croce o col figlio morto tra le braccia, anziane addormentate sul letto di morte, disincarnate mentre ascendono al cielo. Madonne bionde, brune, eteree, formose. Le malinconiche di Bellini, le aristocratiche di Parmigianino, le plebee di Caravaggio. E poi c'è la Madonna del Parto. Indelebile per chiunque - persino oggi, quando la cultura teologica, matematica e umanistica che la presuppone ci è divenuta ignota. La ragione dell'impatto sensazionale dell'immagine dipende dal dettaglio meno immediato: la Madonna del Parto appare.
Piero della Francesca la dipinse a fresco sul muro dell'altar maggiore di una chiesetta di campagna, nel XV secolo chiamata Santa Maria di Momentana - o in Silva, perché posta fra i boschi della valle del Tevere - al confine tra lo stato di Firenze e lo stato pontificio, presso Monterchi, paese d'origine della famiglia di sua madre. Rettore della chiesa era suo zio. Ciò spiega perché un pittore celebre come Piero, chiamato da papi e sovrani, abbia concesso sette giornate di lavoro a un'opera destinata a un luogo così periferico. E a un soggetto tanto problematico. La chiesetta originaria venne demolita alla fine del '700 e ricostruita mutandone l'asse e la fonte di luce; la pittura è stata staccata, ridotta, più volte restaurata. Danneggiata, dimenticata, separata dall'autore cui fino al 1889 si cessò di attribuirla, venerata dalle contadine dei dintorni, che la invocavano perché le aiutasse a partorire, ha subito peripezie e vicissitudini degne di un romanzo. E' sopravvissuta a due terremoti e al passaggio del fronte durante la Seconda guerra mondiale. E' sempre lì. Arcaica e impassibile come un idolo.
E' un'epifania del sacro. Qui non c'è narrazione né Bibbia illustrata. Piero infatti, con scelta che rinnova radicalmente intuizioni precedenti, cristallizza sulla parete una visione mentale, senza tempo: due angeli, con movimento sincrono, quasi un rituale passo di danza, tirano di lato una tenda e lei si manifesta. Altera e remota, come una statua nei recessi di un tempio. Gli angeli ci fissano con uno sguardo duro, che è insieme un invito alla contemplazione e un monito: non oltre, fermati, questa è la soglia. Hanno volti maschi e corpi senza spessore, come silhouettes di una lanterna magica. I colori degli abiti, dei calzari e delle ali formano una rima baciata: ciò che è verde a sinistra è pavonazzo a destra, e viceversa. Sono identici, speculari - e infatti Piero li ha dipinti con lo stesso cartone, rovesciandolo al momento dello spolvero, quando doveva riportare il disegno sull'intonaco.
Lei, isolata, occupa il centro dell'immagine e li sovrasta. Sembra più alta di quanto non sia (un metro e mezzo). Monumentale, maestosa. E soprattutto, enormemente incinta. Il corpetto dell'abito è slacciato sul ventre gonfio e lungo la cucitura laterale, e lascia affiorare il bianco della camicia sottostante. Quel colore proclama la sua purezza, la sua verginità.
La gravidanza di Maria poneva ai pittori enormi problemi.
Essi dovevano rappresentare la prodigiosa incarnazione del Salvatore nel corpo della madre senza che chi guardava collegasse ciò con la sessualità, di cui sulla terra ogni gravidanza è pesante conseguenza. I pittori bizantini avevano escogitato raffinati simbolismi (la mandorla, il medaglione con l'immagine di Gesù posto sotto il seno della Vergine). I pittori del Medioevo la vestivano d'oro o le mettevano un libro tra le dita, per alludere al Verbo fatto carne. I nordici, più concreti, le aprivano una finestra nell'abito, per mostrare il feto nell'utero. Alla fine, il motivo restava imbarazzante e avevano finito per dedicarvisi solo pittori minori, per opere destinate alla devozione popolare. Accettando (o scegliendo) questo soggetto alla metà del '400, quando ormai era relegato alla periferia dell'arte, accettando (e scegliendo) di creare un'immagine che imitasse la natura nello stile che era già inconfondibilmente suo, Piero della Francesca accettava un'ardua sfida. La vinse. La sua Madonna conferisce divinità alla gravidanza, e umanità alla divinità.
Il semplice abito di panno azzurro, privo di ogni ornamento superfluo, l'acconciatura dei capelli biondi intrecciati con strisce di lino e i gesti sono quelli di una donna qualunque. Di disinvolta naturalezza, perfino rustici: la mano sinistra piegata sul fianco, per riequilibrare il peso, l'altra a carezzare il ventre, per proteggere la creatura e insieme sottolinearne teneramente l'esistenza. La figura, eretta e statuaria, è invece quella di una regina - l'aureola come una corona. Il volto è un ovale dall'incarnato perlaceo, quasi trasparente - delineato dal contorno che valorizza il nitore del disegno. L'espressione, nobile, fiera e imbronciata, è mitigata dalle palpebre abbassate, in segno di modestia. Gli occhi scuri sfuggenti non guardano nulla: è assorta in se stessa. Non è statica e anzi trasmette l'impressione del movimento, perché rompe la rigorosa simmetria della composizione: è di tre quarti, rivolta verso sinistra (là dove nella chiesa c'era una statua lignea miracolosa). Il punto focale del dipinto è il suo grembo pregno. L'ombelico concettuale dell'immagine di Piero della Francesca non è ciò che sta davanti ma ciò che sta dentro.
Bisogna allora tornare alla tenda. La Madonna che contiene Gesù è infatti contenuta a sua volta. Da un padiglione simile a quello che Piero aveva dipinto poco lontano, nel Sogno di Costantino, ad Arezzo, nella Leggenda della Vera Croce. All'esterno, è di broccato rosso (colore della regalità): si riconoscono ancora sul tessuto i frutti del melograno. Simbolo eterno, già precristiano, di fecondità e resurrezione. All'interno, è foderato con pellicce di scoiattolo, cucite a formare un reticolo. Questa tenda però non è una tenda, ma un tabernacolo. In origine, la Madonna spiccava su uno sfondo di finto marmo scuro, da cui sembrava staccarsi, illusionisticamente ascendendo sopra l'altare. La luce (la cui fonte è nascosta) illumina lei: il punto di massima chiarità è il suo viso. Se gli angeli lasciassero cadere la tenda, piomberesti nel buio. Ti è concessa una visione fugace, un'apparizione improvvisa. E' una di quelle rare opere che con massima essenzialità di forme (un'austera geometria di sfere, cilindri e rettangoli) e di colori (azzurro, rosso, terra, verde, bianco) riescono a rivelare l'invisibile: il mistero dell'incarnazione e di ogni esistenza.
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