sabato 18 gennaio 2014

Quando i fantasmi entrarono nei libri e negli studi degli scienziati


Un saggio ripercorre il successo delle presenze nella letteratura 
e tra i positivisti dell'Ottocento

Valerio Magrelli

“Il Venerdì - La Repubblica“, 17 gennaio 2014


Alcuni popoli immaginano i loro morti o un numero limitato di essi, come un esercito in lotta. Presso i Celti degli Highlands scozzesi, l'esercito dei morti è designato da una parola particolare: sluagh, che si traduce in inglese come spirit multitude, moltitudine di spiriti. L'esercito dei morti vola di qua e di là in grandi nuvole, come gli storni sopra la faccia della terra [...] La parola ghairm, significa urlo, grido e sluagh-ghairm era il grido di battaglia dei morti. Ne è derivata più tardi la parola slogan: la denominazione del grido di guerra delle masse moderne deriva dall'esercito di morti delle Highlands».
Così, in Massa e potere, Elias Canetti indicò magistralmente il nesso fra società consumistica e sfera mitologica. Chi avrebbe mai pensato che i fantasmi abitano tutti i giorni i televisori, e, anzi, di quei televisori sono l'anima?
Su un argomento simile ha lavorato Massimo Scotti nel suo appassionante saggio Storia degli spettri. Fantasmi, medium e case infestate fra scienza e letteratura (Feltrinelli, pp. 410). D'altronde, se il tema della dimora stregata è ricorrente nella letteratura fin dall'antichità, non è un caso che tra i capitoli finali del volume se ne trovino due intitolati Tra gli schermi infestati e Misteri televisivi. Sceneggiati francesi e italiani quali Belfagor ovvero Il fantasma del Louvre (1966) o Il segno del comando (1971) erano solo la dimostrazione di quanto la dimensione spettrale si trovasse di casa in tv... Certo, prima di giungere a tali considerazioni, il lavoro di Scotti passa al vaglio un materiale plurimillenario, attingendo a un'enorme quantità di fonti. Non per nulla, l'ampia bibliografia si apre con un'arguta osservazione: «Stupisce sempre constatare quanto sia stato scritto su un tema inconsistente. Ma forse è molto umano parlare a dismisura di tutto ciò che non si conosce né si può conoscere, di quel che non si sa né si può provare».
Naturalmente, l'autore è il primo a mostrarci come tale pretesa inconsistenza racchiuda in verità un immenso potenziale simbolico e cultuale. Ciò spiega appunto la complessità e la continuità di un percorso che conduce dai testi di Esiodo e Luciano di Samosata, fino a film come Poltergeist (1982) o Ghostbusters (1984).
A complicare il problema interviene però, verso la metà dell'Ottocento (cioè in piena età positivista), il fenomeno dello spiritismo, che sorprendentemente finirà per coinvolgere anche filosofi e scienziati. È in questo periodo che si afferma la figura del medium, versione aggiornata di antichi oracoli o sibille, ossia una persona ritenuta in grado di comunicare con i defunti, come si legge nelle belle pagine dedicate a Femministe medianiche e dottori in trance. Il terreno di scontro è ora la Francia, dai brividi prerivoluzionari causati dalle esperienze mesmeriche (dal nome del loro ideatore), ai romanzi in cui Théophile Gautier (l'autore di Capitan Fracassa) si ispirava al misticismo di Swedenborgh, su su fino alle sedute spiritiche con i «tavolini parlanti» di Victor Hugo. Un passo avanti e, nella terza parte del volume, ci troviamo a che fare con Strane apparizioni in tempo di guerra (dove per guerra si intende il primo conflitto mondiale). Qui assistiamo, ancora una volta, a un fenomeno alquanto inatteso: invece di spazzare via le presenze spettrali, la tecnica, al contrario, sembra piuttosto moltiplicarle. Sarà questa la strada che condurrà al concetto di poltergeist (dal tedesco polter, rumoroso, e Geist, spirito), reso famoso al cinema.
Tra i risvolti più interessanti di questa Storia degli spettri, sta il fatto che di un simile problema si interessi anche il diritto romano e moderno, per motivi di ordine economico. Infatti, se un appartamento venduto o affittato presenta la particolarità d'essere infestato dagli spiriti, il suo valore commerciale diminuirà o verrà messo in dubbio. A queste implicazioni è consacrata la brillante analisi di un fatto di cronaca che, nel 1907, oppose due nobildonne napoletane, prima che Eduardo De Filippo ne traesse diventare lo spunto per l'irresistibile Questi fantasmi! (1946).
Ma per restare nel «regno immobiliare », bisogna sottolineare che il gran finale è riservato a un monumento ai fantasmi sorto negli Stati Uniti: Winchester House. Tuttora visitabile, e degna dell'ospedale che Lars von Trier raffigurò nella serie televisiva The Kingdom - Il regno (1994), la magione fu eretta dalla nuora di colui che inventò il celebre fucile a ripetizione. Tutta la sua ingente eredità fu destinata a costruire un edificio folle, creato per scongiurare i tormenti della donna nei confronti dei tanti indiani e pionieri uccisi con l'arma da cui proveniva il suo patrimonio. Come dirà Stefano Tani, si tratta di una casa abnorme e angosciosa (scale cieche, porte che si aprono sui muri bianchi, corridoi come labirinti, passaggi segreti) la cui costruzione andò avanti per 36 anni: «Gli spettri vollero che la giovane vedova dilapidasse 20 milioni di dollari nella costruzione di questa enorme mansion vittoriana, sinistro mausoleo e risarcimento delle vittime del sogno americano».
Scotti conclude così, ricordandoci come, dietro la casa focolare, emerga sempre, sin dal più profondo immaginario favolistico, un doppio oscuro e perturbante. Perciò solo un sentiero, e anche abbastanza breve, separa la casetta di Hansel e Gretel dall'Overlook Hotel descritto da Kubrick in Shining.

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