McEwan fa l’elogio dei romanzi brevi,
Enrico Franceschini, "La Repubblica", 16 ottobre 2012
Il racconto è meglio del romanzo. O per essere più precisi, il romanzo breve è meglio del romanzo lungo. Parola di Ian McEwan, il grande scrittore inglese, celebre per il romanzo Espiazione, tradotto in tutto il mondo e diventato un film di successo, ma affermatosi prima come autore di racconti e poi di romanzi brevi quali Amsterdam, con cui ha vinto il Premio Booker nel 1998, o il più recente Chesil Beach. Parlando al festival letterario di Cheltenham in Inghilterra, McEwan ha fatto una distinzione tra “novel” (romanzo in inglese) e “novella” (romanzo breve, appunto), affermando che quest’ultimo «è la suprema forma letteraria» e che lui «morirebbe felice» se potesse scriverne uno perfetto.
«Molti degli scrittori che amiamo di più, li amiamo per i loro romanzi brevi, come Morte a Venezia di Thomas Mann e La metamorfosi di Kafka», ha proseguito lo scrittore. «Spesso i critici reagiscono a un romanzo breve come se un autore avesse sbagliato qualcosa o non avesse osato abbastanza, ma un libro più lungo non significa necessariamente un libro migliore, anzi. La brevità permette al lettore di contenere mentalmente tutta la struttura narrativa e tira fuori il meglio negli scrittori. La prosa è migliore, più condensata, più rigorosa, i personaggi vanno presentati con maggiore economia, è più difficile e forse per questo l’autore è più concentrato, non si può mai rilassare». Facendo un altro esempio, McEwan ha concluso che The dead, l’ultimo dei Racconti di Dublino di Joyce, è in realtà un romanzo breve a se stante, e che secondo lui rappresenta «l’opera migliore di Joyce, superiore anche all’Ulisse».
Sul medesimo tema è intervenuta Gail Rebuck, presidente della Random House, una delle case editrici più grandi del mondo, dicendosi d’accordo sull’importanza dei romanzi brevi, ma per altre ragioni: interpellata anche lei al festival di Cheltenham sul tema se fra 50 anni, a causa dell’impatto delle nuove tecnologie e di internet, si leggeranno ancora libri, ha risposto di sì, chiedendosi: «Ma quanto lunghi?».
Secondo la nota editrice, il romanzo d’ampio respiro è destinato a diventare una specie in via di estinzione «nell’era del multi-tasking digitale», perché i lettori non hanno più tempo da dedicare a libri di 400 o 500 pagine, sottoposti come sono a troppe distrazioni dal web, fra social network, email, tablet e telefonini intelligenti. Il trend verso la brevità della narrazione, osserva il Times (sponsor del festival), è sempre più evidente, citando a riprova il fatto che il vincitore dell’ultimo premio Booker, Il senso della fine di Julian Barnes, è solo di 150 pagine. Una decisione che sembra dare la dignità del romanzo breve a opere che un tempo sarebbero state considerate dei racconti lunghi: come ammette lo stesso McEwan, riconoscendo che qualche anno fa la giuria del Booker (che accetta solo romanzi) acconsentì a considerare Chesil Beach una “novella”, ossia un romanzo breve, anziché a “long short story”, un racconto lungo, pur essendo un libro di sole 166 pagine. Lui stesso non era del tutto sicuro di come classificare il suo libro.
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