Il boom dei libri di argomento religioso e un saggio che utilizza come calco la Bibbia
Dalla fede all’etica laica, il successo di un modello
Maurizio Ferraris, "La Repubblica", 20 ottobre 2012
La religione trionfa in libreria (da qualche settimana buona parte dei primi cinquanta titoli in classifica è di argomento religioso), ma appunto trionfa come genere di scrittura, come stile narrativo. Ne è una prova lievemente paradossale Il buon libro del filosofo inglese Anthony Grayling, una Bibbia laica pensata per gli Inglesi proprio come gli Americani si tengono stretta la Bibbia vera (e magari scientology), mentre gli Italiani, come è di prammatica nei paesi cattolici, sono abbastanza indifferenti alla Bibbia religiosa, pur apprezzando, come dimostrano gli scaffali delle librerie, il tema declinato in forme diverse. Dalle riflessioni che riguardano l’etica, tra fede e filosofia, a quelle spirituali fino alle esperienze mistiche. Dal testo delle conversazioni del Cardinal Martini con Scalfari fino a quello di Ruini.
Ma torniamo a Il buon libro. Che esemplifica un certo spirito dei tempi. Se Newton cercava di spiegare scientificamente la Bibbia, Grayling presta una narrazione biblica a Darwin. Nella sua versione la Genesi racconta la nascita della scienza e l’origine delle specie, e Adamo fa benissimo a mangiare la mela, che è appunto quella di Newton. Non mancano “dieci principi atei” al posto dei dieci comandamenti biblici: “ama bene, cerca il buono in ogni cosa, non danneggiare mai gli altri, pensa da solo, prenditi le tue responsabilità, rispetta la natura, dai il massimo, sii informato, sii gentile, sii coraggioso”.
Malgrado questo, Il buon libro non ingaggia una polemica antireligiosa: Grayling, che pure è stato tra i firmatari della lettera che esprimeva la propria contrarietà alla visita in Inghilterra di Benedetto XVI, sostiene che la sua è “una versione di velluto” delle opere di Dawkins e Hitchens: “nel mio libro non ricorrono mai le parole ‘Dio’, ‘aldilà’, o simili. È un libro positivo, e non contiene nulla di negativo”.
Anche nella sua battaglia civile e di editorialista del Guardian Grayling è portatore di una laicità ferma ma non intollerante: i gruppi religiosi dovrebbero venir considerati come dei sindacati, anzitutto per coerenza teorica, giacché Grayling, dal punto di vista metafisico e nella sua attività di filosofo accademico, non ammette l’esistenza di entità soprannaturali nel mondo.
Ovviamente Il buon libro non è il primo esempio di Bibbia laica, che è tutto sommato un genere florido e illustre, che culmina probabilmente nel Catechismo Positivista di Comte, un tentativo di riconvertire la religiosità romantica in un impianto illuminista e scientifico. Ma forse l’antefatto più prossimo, perché appunto riprende non solo le ambizioni teoriche e morali, ma anche lo stile narrativo della Bibbia (nella fattispecie, della traduzione di Lutero) è lo Zarathustra di Nietzsche. Che tuttavia si lanciava in dichiarazioni incendiarie, mentre la prospettiva di Grayling è in buona parte quella di un’etica della moderazione lontana mille miglia da quella del superuomo. Inoltre, e questa è una caratteristica decisiva, diversamente da Nietzsche (o magari dal Profeta di Gibran), Grayling non assume sistematicamente un tono sentenzioso e sapienziale, ma segue una strategia diversa, quella del collage dei Great Books del canone occidentale. Lo stile narrativo, infatti, è camaleontico, e varia da libro a libro, a seconda del genere praticato.
La saggezza sono i precetti di uno stoico antico che ha letto Montaigne, le Parabole hanno la forma dei racconti edificanti, dalle favole di Esopo in avanti, Concordia è ricalcato sul De Amicitia di Cicerone, I Savi invece, in deroga dal canone, evocano l’orientalismo del Siddharta di Hermann Hesse. Mentre i Canti sono forse l’unico libro che assume direttamente un modello biblico, quello dei Salmi, di cui recupera i trasalimenti erotici ma anche qui ammodernando e straniando con immagini di tramonti inglesi e pomeriggi nei cottage. Proprio questa varietà fornisce la risposta a una domanda cruciale: come riesce a riempire 672 pagine? Esattamente come la Bibbia, attraverso una mescolanza di generi e di argomenti, di stili e di modelli. Qui ovviamente si può scatenare il gioco del riconoscimento delle fonti (un migliaio di autori) e dei modelli stilistici prevalenti, da un libro all’altro: Il Legislatore è una versione ammodernata delle Leggi di Platone, con l’aggiunta di Plutarco, Machiavelli, Hobbes; gli Attisono un Polibio mescolato a Plutarco e a Livio; Le Epistole sono ovviamente modellate su Seneca; Il Bene — mi sembra — su A se stesso di Marco Aurelio.
E per le Storie naturalmente c’è Erodoto, con l’idea che la lotta dei Greci contro i Persiani (dell’Oriente contro l’Occidente) abbia un valore fondativo per l’identità europea, equivalente alle lotte di Israele per la propria sopravvivenza. Era l’idea di Hegel, e Grayling d’altra parte non è affatto un guerrafondaio (ha anche scritto un libro in cui ha duramente contestato la necessità dei bombardamenti alleati sulla Germania durante la seconda guerra mondiale). Casomai ci si potrebbe domandare per quale motivo Il buon libro deve consumare così tante pagine a raccontarci la storia greca e romana, cose che, in apparenza, non hanno niente a che fare con la formazione morale dell’uomo, ma immagino che Grayling potrebbe fornire due risposte pienamente legittime. La prima consisterebbe nel far notare che gli storici antichi concepivano la loro attività come un insegnamento morale e politico prima che come una attività scientifica. La seconda è che anche la Bibbia ha moltissime parti che appaiono incongrue rispetto alla religione e alla morale, e raccontano semplicemente momenti della storia di Israele. La bibbia laica mette così in luce la parentela tra la narrativa biblica e il mélange postmoderno, del tipo di quello di Fuoco Pallido di Nabokov, e non senza richiami all’esotismo di Salammbô di Flaubert. Il che poi non è sbagliato, non solo, appunto, perché la Bibbia è così (mistica, saggezza, storia, poesia, politica, legislazione: non dimentichiamo che il suo nome viene dal greco biblia, che vuol dire libri), ma anche perché la cultura e la morale sono il risultato di queste intersezioni e mescolanze, non c’è una sola fonte né un solo stile. E questo, se vogliamo, è il motivo per cui una bibbia laica suona come un divertissement intellettuale non privo di fascino ma sottilmente contraddittorio. Perché se in effetti la Bibbia è la raccolta di un patrimonio culturale omogeneo, la forza della cultura laica sta nel saper raccogliere tradizioni molteplici (di cui quella espressa nella Bibbia è solo una parte), così che la vera bibbia laica c’è da tempo, ed ha la forma della biblioteca.
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