sabato 27 ottobre 2012

"Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre..."


E il potere temporale della Chiesa si basa su un falso

La Donazione di Costantino a papa Silvestro (che Dante condannava) 
in realtà è di epoca carolingia

Armando Torno, "Corriere della Sera", 25 ottobre 2012

Quando si parla di Donazione di Costantino si fa riferimento a una presunta cessione, da parte dell'imperatore romano a papa Silvestro I (eletto il 31 dicembre 314) e ai suoi successori, di Roma, dell'Italia e delle province occidentali. Il documento che la testimonia apparve già dubbio nel X secolo, ma poi fu impugnato sia da Arnaldo da Brescia (morto nel 1155), da Niccolò Cusano (morto nel 1464) e definitivamente sbugiardato con un'operina da Lorenzo Valla - scritta nel 1440, durante i giorni di Eugenio IV, ma pubblicata nel 1517 - La falsa Donazione di Costantino. In essa l'umanista dimostra che la lingua in cui fu redatto il documento è un latino che risente degli influssi barbarici e i riferimenti ivi contenuti rimandano a un tempo nel quale Costantinopoli è già diventata la nuova capitale dell'impero.

Il contenuto della Donazione va diviso in due parti. Nella prima, la cosiddetta confessio, dopo le solite formule protocollari segue la narrazione della miracolosa guarigione dalla lebbra di Costantino e del suo battesimo. Si racconta che i sacerdoti pagani, dopo che le cure mediche si rivelarono inutili, suggerirono all'imperatore di immergersi in una vasca dove si sarebbe dovuto versare il sangue di bimbi innocenti. Ma egli rifiutò, anche perché il pianto delle madri lo commosse. A quel punto gli appaiono in sogno Pietro e Paolo: i santi garantiscono a Costantino la guarigione se avesse chiesto il battesimo al Papa. Il Pontefice glielo amministrò, anzi lo fece seguire anche dalla cresima. La seconda parte del documento, la cosiddetta donatio o dispositio, registra il gesto imperiale. Costantino, d'accordo con i suoi dignitari, il Senato ma anche con lo stesso popolo, decide di concedere alla Chiesa poteri, dignità e onori imperiali


Un dettato non particolarmente chiaro, anzi piuttosto ampolloso, giunto in tre lingue: latino, slavo e greco. La prima di esse è considerata la più completa ed è quella che si utilizza con maggior frequenza per i riferimenti. Il testo di questo celebre falso si legge nella riedizione, a cura di Roberto Cessi e Roberta Sevieri, La Donazione di Costantino, pubblicata da La Vita Felice nel 2010 (costa 11,50 euro): in essa, oltre un ampio saggio introduttivo, si trovano le versioni latina e greca. Insomma, è possibile rileggere le varie scene con cui è di fatto giustificato il potere temporale. Parole come le seguenti dovettero suscitare un certo effetto: «Abbiamo inoltre stabilito anche questo, che lo stesso venerabile padre nostro Silvestro, sommo Pontefice, e tutti i pontefici suoi successori, debbano utilizzare il diadema, ossia la corona d'oro purissimo e gemme preziose, che dal nostro capo a lui abbiamo ceduto, e portarlo sul capo a lode di Dio e gloria del beato Pietro».
Non è facile orientarsi nelle mille storie che nascono o si riflettono in questo documento, ma c'è un saggio di Giovanni Maria Vian, intitolato appunto La donazione di Costantino (Il Mulino 2004), che sa indirizzare il lettore del nostro tempo. Non è inoltre semplice stabilire quando si cominciò a usare ufficialmente tale documento, anche se sembra che Leone IX nel 1053 sia stato il primo; sicuramente esso ebbe una notevole influenza nel Medioevo se si pensa che già nel 1059 Niccolò II concesse l'investitura della contea di Melfi al normanno Roberto il Guiscardo proprio fondandosi sulla Donazione. Del resto basterà aggiungere che Dante nel XIX canto dell'Inferno manifesta il disagio provocato dall'insano atto, anche se da uomo del suo tempo lo crede autentico: «Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,/ non la tua conversion, ma quella dote/ che da te prese il primo ricco patre!».
La discussione su vero e falso continuò sino al secolo del romanticismo, quando la Chiesa perse il suo territorio, giacché mai mancò qualche religioso isolato che si arrampicava sugli specchi per difendere le ragioni di quel broglio antico. Si può poi discutere se c'è un'unità testuale o se la Donazione sia stata una costruzione realizzatasi in tempi diversi; comunque se ne fissa in genere la stesura in un periodo che corre tra il 750 e l'850, vale a dire tra Pipino e Carlo il Calvo. Qualche storico suggerisce l'ipotesi che Stefano II, andando in Francia nel 753, avrebbe portato con sé il documento. Altri, addirittura, sostengono che tale falso avrebbe preparato (e giustificato) l'incoronazione di Carlo Magno. Ma questa è una storia infinita. Per raccontarla in termini esaurienti sarebbe bene approfittare delle opportunità recate dalle celebrazioni costantiniane del prossimo anno. 
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