"Perché imparare il latino? Nessuno parla questa lingua". A. R. |
Giulio Ferroni, Rimbaud, il genio ribelle ispirato dal latino, “Corriere della Sera”, 11 luglio 2000
Pochi sanno che il grande eversore della poesia moderna, l' angelo-diavolo che ha portato la poesia a uscire fuori da se stessa, il poeta adolescente che ha fatto esplodere in un breve giro di anni nuove impensate possibilità del linguaggio, Arthur Rimbaud, aveva fatto alcune prove poetiche in latino, con cinque componimenti in esametri che furono pubblicati nel Moniteur de l' enseignement secondaire, bollettino ufficiale dell' Académie de Douai tra il 1869 e il 1870, quando quel giovane allievo «externe» del Collège di Charleville aveva solo 15 anni: compiti scolastici, il primo dei quali risale addirittura al 6 novembre 1868 (di anni ne aveva compiuti appena 14). Di questi versi propone ora una ricostruzione critica, accompagnata da un ampio saggio, dalla prima traduzione italiana e da un fittissimo commento, il latinista Giampietro Marconi (Poesie latine di A. Rimbaud, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma-Pisa, 2000): la loro lettura costituisce una vera sorpresa, e non solo perché mostra che la scuola francese di quei tempi faceva del latino un uso ben diverso da quello che ne fa oggi (e che se ne fa da noi). Tra temi originali e traduzioni/rifacimenti da sconosciuti poeti francesi del tempo, questa poesia in erba rivela grande perizia artistica, metrica e retorica, sottile capacità di imitare i grandi classici latini, e nello stesso tempo propone spunti e scatti molto vicini a quelli delle prime poesie in lingua francese dell' enfant prodige di Charleville, comtemporanee o di poco successive. Come mostra Marconi, il primo componimento vede già in atto una nozione di poesia come «sfrenata volontà di libertà» e del poeta come «veggente»: e questi dati «rivoluzionari» si appoggiano su motivi proposti dai classici latini. Il carme L' ange et l' enfant, rifacimento di una poesia di un certo J. Reboul, mostra un' amara e cupa visione della vita sociale (la negatività del mondo rende felice la morte di un bambino, portato via da un angelo). Pare proprio che il vecchio studio del latinorum sia stato uno strumento determinante e scatenante della genialità di quel poeta adolescente, dell' acerba assolutezza della sua poesia: e che forse, senza più latino, senza più confronti, con codici chiusi e con lingue morte, sarà sempre più difficile trovare autentiche eversioni linguistiche. Le trasgressioni che oggi ci vengono proposte, senza più latino alle spalle, sono perlopiù solo di plastica.
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