lunedì 25 novembre 2013

Il bacio, arma di confusione di massa


Gesti Artisti e pubblicitari hanno messo a frutto l’ambiguità dell’azione più intima 
che si possa fare e fotografare in pubblico


Da Giuda a Giulio Andreotti, dalla Russia alla Val di Susa
Storie di atti fraintesi o inventati: con fini mediatici e politici

Guido Vitiello

“Corriere della Sera - La Lettura“, 24 novembre 2013

Peccato che le citazioni false siano false, perché spesso offrono imbeccate a cui è doloroso rinunciare. Come questa, attribuita a Henri Cartier-Bresson: «Una fotografia è un bacio oppure uno sparo». La frase originale è ben diversa (il fotografo disse che la sua Leica era «come un caldo bacio, come un colpo di pistola e come il lettino dello psicoanalista»), ma teniamoci stretta la versione apocrifa: è la didascalia ideale per la foto della manifestante No Tav immortalata mentre bacia sulla visiera un poliziotto in tenuta anti-sommossa, lo scorso 16 novembre in Val di Susa, salvo rivelare di lì a poco che si trattava di un gesto di disprezzo, di una provocazione. La ragazza, una ventenne di nome Nina De Chiffre, ha dissipato l’equivoco in meno di quarantott’ore, a differenza di Caroline de Bendern — la Marianna del maggio parigino fotografata mentre svettava sulla folla sventolando una bandiera vietnamita — che aspettò la bellezza di trent’anni prima di confessare che: primo, era salita sulle spalle di un amico perché non ne poteva più di camminare (ma in cambio le avevano appioppato la bandiera); secondo, aveva messo su quella faccia ispirata e solenne perché, da mannequin qual era, si era accorta di stare sotto l’occhio dei fotografi. 
Lunga è la storia del bacio politico — dal bacio-manifesto al bacio-sparo, passando per il bacio che suggella un’alleanza — lunga almeno quanto la storia dei fraintendimenti a cui si è prestato, dei generosi abbagli che ha suscitato. Cosa di più romantico, per esempio, del marinaio americano che bacia l’infermiera in mezzo a Times Square pochi minuti dopo l’annuncio della resa del Giappone, nell’agosto del 1945? Eppure, a quanto racconta il fotografo Alfred Eisenstaedt, autore del leggendario scatto pubblicato su «Life», quel marinaretto correva per le strade come un satiro impazzito, agguantando qualunque donna capitasse a tiro, «che fosse una nonnetta, tarchiata, magra, vecchia, non faceva differenza». Purché porti la gonnella, voi sapete quel che fa. Si deve ipotizzare che, più che un languido abbandono, quello dell’infermiera fosse un indietreggiamento tattico o una resa all’invasore (in un modo o nell’altro, sempre di guerra si tratta). 
Ma è solo una delle tante versioni: decine di marinai e di infermiere si sono fatti avanti, nel corso dei decenni, per sostenere che erano proprio loro quelli della foto, un guazzabuglio di teorie contraddittorie in cui hanno cercato di mettere ordine Lawrence Verria e George Galdorisi in un libro dal titolo The Kissing Sailor
E che dire della foto del bacio di Vancouver, scattata nel 2011 da Richard Lam in mezzo alla rivolta dei tifosi dopo una partita di hockey? Due ragazzi distesi sull’asfalto, divinamente noncuranti dell’inferno di fumogeni intorno, dietro la sagoma scura di un agente con il manganello. Che magnifica allegoria vivente! Peccato che prima un video su YouTube, poi la stessa giovane coppia, abbiano rimesso tutto in prosa: lei era finita a terra in una carica della polizia e se ne stava lì in preda allo shock, lui era andato a cercare di calmarla. Cosa sempre romantica, beninteso, ma meno Paolo e Francesca di quanto si fosse immaginato. 
Spesso a generare equivoci è l’ambiguità dei codici culturali, che fanno incorrere in errori di traduzione. Leonid Brežnev ed Erich Honecker avvinti nel «bacio alla sovietica» della celebre foto del 1979 sembrano oggi un manifesto dell’orgoglio gay, ed erano promiscui quanto basta — fisicamente e politicamente — da consentire all’artista russo Dmitri Vrubel, che nel 1990 ne fece un murales sul muro di Berlino, di aggiungere la didascalia: «Dio mio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale»; ma quando, in una foto di dieci anni dopo, toccò a Gorbaciov baciare il leader della Ddr, a più di un osservatore venne in mente Giuda. 
Il malinteso russo si è ripresentato l’estate scorsa quando le staffettiste Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova hanno festeggiato con un bel bacio in bocca la medaglia d’oro vinta ai Mondiali di atletica di Mosca: il gesto di esultanza, che fece scalpore ovunque fuorché in Russia, venne scambiato per una sfida alle leggi omofobe di Putin. 
Altre volte ancora l’ambiguità è attizzata ad arte, come nella campagna «Unhate» di Benetton del 2011, che invitava a dis-odiare tramite fotomontaggi che rimettevano in scena il bacio Brežnev-Honecker con protagonisti aggiornati: la Merkel baciava Sarkozy, Obama l’allora presidente cinese Hu Jintao, e soprattutto c’era Ratzinger bocca a bocca con l’imam del Cairo (nessuno dei due gradì la tresca). 
Ma tra tutti i baci travisati, simulati ed enigmatici del mondo, il più bello, si può dire, è cosa nostra: il fantomatico bacio tra Andreotti e Riina, un bacio-trattativa nato dall’estro letterario del pentito Balduccio Di Maggio (si può essere gangster e bravi drammaturghi, ci ha insegnato il Woody Allen di Pallottole su Broadway ). La scena, già così potente, ha oltretutto un magnifico sequel: «Giulio, non ti bacio solo perché so che non ti piace», disse Nicola Mancino il giorno dell’ottantesimo compleanno del senatore. Questo è teatro! 
Resta da capire il perché di questo continuo cortocircuito erotico-politico, e il racconto della militante in Val di Susa alle prese con l’agente offre un buon punto di partenza: «Avevo una scelta: sputargli o baciarlo». Possibile che le due cose, a qualche livello, siano intercambiabili? 
Certo è che l’amore e la guerra parlano due dialetti di una lingua comune, come insegna il Medioevo cavalleresco; anzi, è vero fin dalla preistoria, se non altro la preistoria da fumetto. In una striscia di B.C. di Johnny Hart che apparve nel 1969, tra liberazione sessuale e contestazione della guerra in Vietnam, due cavernicoli si azzuffano sotto gli occhi di una donna primitiva bella e civettuola. Arriva un terzo a dividerli: «Piantatela! Fate l’amore, non la guerra!». E quelli: «E per cosa credi che ci stiamo pestando, stupido?». 

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