mercoledì 13 novembre 2013

Incontro con Fritjof Capra. Fisica più poesia: il modello è Leonardo


Intervista di M. Antonietta Calabrò


“Corriere della Sera - La Lettura“, 10 novembre 2013

John Brockman, scrittore e saggista, durante l’ultimo Festival delle Scienze di Roma, l’ha definita la «Terza Cultura», cioè la cultura che nasce dallo sviluppo di un sapere scientifico sempre più interconnesso e complesso, miscela e sintesi di scienza e di umanesimo, una nuova frontiera interdisciplinare. E che ci si stia avvicinando a «una svolta cognitiva» nei più avanzati centri del sapere mondiali lo annuncia adesso Fritjof Capra, fisico e teorico dei sistemi, saggista di fama internazionale (suo il longseller Il Tao della fisica), fondatore e direttore del Centro di Ecoliteracy a Berkeley, California (insegna anche allo Schumacher College, nel Devon, in Inghilterra). Pochi giorni fa, a Sarteano (Siena) ha tenuto una lectio magistralis su Leonardo, nel teatro settecentesco degli Arrischianti (sponsor Le Terre e il Cielo dell’Abbazia di Spineto e Aboca) indicando il Genio da Vinci come modello di questo nuovo umanesimo. 

Ci spieghi: perché siamo alle soglie di una svolta? 
«Le università più avanzate sono vicine a una svolta cognitiva: sono consapevoli che con discipline sempre più specialistiche c’è bisogno di sintesi interdisciplinari proprio per spiegare la realtà e far ulteriormente progredire la scienza. A gennaio Cambridge University Press pubblicherà un mio testo universitario di 600 pagine, dopo che cattedratici di molte discipline scientifiche ne hanno raccomandato la stampa come base comune di scienze interconnesse e di pensiero sistemico».
Di che cosa si tratta? 
«Già lo spiega il titolo: The Systems View of Life, “La concezione sistemica della vita ”. Nella prima parte analizzo la “visione meccanicistica del mondo”, in particolare la macchina del mondo newtoniana, la visione della vita e il pensiero sociale meccanicistici. Nella seconda parte metto in evidenza il sorgere del pensiero sistemico: le teorie sistemiche classiche e la teoria della complessità. Nella terza e quarta parte spiego perché è importante connettere i vari punti. Sulle conclusioni mi lasci però la sorpresa tra due mesi, per quando il testo sarà pubblicato». 
Le scienze oggi hanno bisogno di umanesimo? 
«Senza dubbio: c’è bisogno di scienza sistemica, di relazioni, di connessioni. E io l’ho scoperto con Leonardo da Vinci. Dopo anni e anni di studio posso dire che Leonardo è quello di cui abbiamo bisogno attualmente: un pensiero sistemico, una scienza gentile e non aggressiva (cioè non baconiana), le varie scienze interconnesse tra loro e non separate. Per orientare anche l’economia verso una crescita qualitativa e non più solo quantitativa. A mio avviso è questa la risposta alla crisi globale che accomuna ormai Oriente e Occidente». 
Perché dobbiamo ricominciare da lui? 
«Leonardo è una grande ispirazione per due ragioni. La prima: in tutta la sua scienza ha cercato la natura. La vita era al centro della sua scienza, la Terra come un essere vivente, il mondo non è una macchina. E il secondo motivo è perché è un pensatore sistemico, un pensatore di relazioni. Oltre a essere il vero fondatore del metodo scientifico. Alcuni anni prima di scrivere il Tao della fisica, nel 1975, ho trovato una citazione in cui Leonardo descriveva in modo preciso il metodo scientifico. Metodo poi attribuito a Galileo Galilei, solo perché nessuno aveva mai potuto leggere i Codici di Leonardo fino all’800: semplicemente Galileo quei Codici non li conosceva. Newton non li conosceva, solo nel XIX secolo li abbiamo ritrovati e letti. E ci hanno dimostrato che Leonardo era avanti a tutti di cinquecento anni, aveva persino scoperto la seconda legge della termodinamica. In più aveva la concezione che la Terra fosse un essere vivente, era un eco designer. È per tutti questi motivi che oggi ci serve moltissimo». 
Era anche un genio artistico. 
«La sua arte era l’altra faccia della sua scienza: la bellezza della scienza gentile. Aveva la cura dell’artista, ed enorme rispetto della vita, con una sensibilità straordinaria. Il suo intento non era dominare la Natura, secondo la concezione che nel Seicento avrebbe sostenuto Francesco Bacone. Per cui era ingegnere e studioso del corpo umano e animale, ma i suoi disegni anatomici erano anche bellissimi. La sua scienza era scienza della vita, ecco perché ha studiato negli ultimi anni gli embrioni. La Gioconda era forse una giovane sposa incinta, allegoria della vita: ecco perché lavorò al quadro per dieci anni in contemporanea agli studi sull’embrione. E la Gioconda non venne mai consegnata al committente. Quello di Leonardo era un approccio altamente spirituale alla realtà. Il sorriso della Gioconda esprime l’ineffabile, perché il senso della vita rimane un mistero». 
È necessaria l’alba di un nuovo Rinascimento? 
«Certamente sì, e questo ci è richiesto proprio dal progresso scientifico. Oggi l’Universo non è più concepito come una macchina ma una rete di modelli relazionali inseparabili. La visione del corpo umano come una macchina e della mente come un’unità separata sta cedendo il passo a una visione che interpreta non solo il cervello, ma anche il sistema immunitario, i tessuti corporei e persino ciascuna cellula come un sistema cognitivo vivente. E la stessa evoluzione non è più concepita come una lotta competitiva per l’esistenza, ma semmai una coreografia collettiva in cui le forze trainanti sono la creatività e la costante introduzione di innovazione». 


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