Il filosofo arabo che scrisse la «bibbia dei medici»
Armando Torno
"Corriere della Sera", 25 novembre 2012
La vicenda inizia a Bukhara, oggi Uzbekistan, in un anno poco prima del Mille. Un giovane abita qui, si chiama Ibn Sîna. Studia il Corano, anzi a dieci anni lo conosce a memoria, eccelle in letteratura, geometria, calcolo indiano e ben presto avrà anche una formazione filosofico-scientifica. A sedici anni divora opere di medicina, metafisica, diritto. A diciassette è chiamato come medico alla corte del sovrano Nûh ibn Mansur e lo guarisce da un male che lo tormentava. Per tale motivo gli vengono aperte le porte della ricca biblioteca reale, dove potrà studiare ulteriormente e approfondire quanto desidera, tanto che a diciotto anni — si mormora — conosceva ogni scienza. Ma il giovane non è mai sazio di sapere. Dalla sua autobiografia, conservataci dal discepolo Giûzgiânî, sappiamo che legge per quaranta volte la Metafisica di Aristotele: si tormenta su questo testo perché non ne comprende il senso ultimo, o almeno crede che gli sfugga. Non ne descriveremo tutta la vita, ci accontentiamo dopo queste premesse di ricordare che nella lingua arabo-spagnola il nome diventerà «Abensîna». Il medioevo latino lo conoscerà come Avicenna.
Perché occuparsi di lui? Per un semplice motivo: Olga Lizzini, che con Pasquale Porro aveva tradotto dieci anni fa la sua Metafisica, ora ha pubblicato una monografia su questo filosofo e medico. Nella collana «Pensatori» dell'editore Carocci è uscito, appunto, Avicenna. Un ritratto che spazia dalla logica all'antropologia, dalle definizioni della natura ai percorsi metafisici. La Lizzini, che insegna Filosofia dell'Islam medievale ad Amsterdam, ci offre un saggio basandosi sulle opere. Noi dell'immenso lascito di Avicenna ricordiamo in questa occasione il suo Canone della medicina, tradotto da Gherardo Cremonese a Toledo in latino nella seconda metà del secolo XII e migliorato dal medico bellunese Andrea Alpago (morto a Padova nel 1521), opera che diventerà il testo di riferimento nelle università. Venne considerata «la bibbia dei medici».
Il Canone era diviso in cinque trattati: comincia con la medicina teorica e pratica in generale, inclusa l'anatomia del corpo umano; prosegue con i medicamenti semplici, mentre la terza parte fu dedicata alle malattie di una determinata parte del corpo; si trovano poi le sezioni sulle patologie non particolari e si conclude con la composizione e applicazione dei medicamenti. Avicenna ha intuizioni avanzate. Per esempio, raccomanda al chirurgo di trattare il cancro nelle sue fasi iniziali, invitandolo ad accertarsi della rimozione completa del tessuto malato. Ricorda l'importanza della dieta, l'influenza del clima e dell'ambiente sulla salute; inoltre parla degli anestetici orali e del valore medico della musica, la quale ha un effetto particolare sullo stato fisico e psicologico dei pazienti.
Una bolla di papa Clemente del 1309 cita il nome dell'arabo accanto a quello di Galeno. Lo si valorizza particolarmente a Bologna e a Montpellier, anzi nella città francese è addirittura ritenuto superiore ai testi della medicina greca onorati dalla tradizione (in verità è anche accostato alle opere del clinico Abu Bakr Razi). Sarà adottato sino al XVII secolo; il programma di una scuola medica che lo esclude reca la data 1557, anche se in quel tempo è continuamente stampato, come prova la superba edizione in folio che esce a Roma nel 1593. Si può affermare che per secoli nessun medico avrebbe potuto ignorare il suo insegnamento teorico, come d'altra parte ricorda Chaucer nel prologo dei Racconti di Canterbury. L'influenza esercitata in Europa cominciò nella prima metà del Duecento, allorché se ne segnala la presenza negli scritti del medico danese Henrik Harpaestraeng. D'altra parte, del Canone si contano poco meno di 90 traduzioni.
E questo anche se un sommo conoscitore dei corpi umani quale Leonardo da Vinci rifiutava le concezioni anatomiche del maestro arabo e il medico alchimista Paracelso, morto nel 1541, nel giorno di San Giovanni del 1527 — così vuole la tradizione — con esuberanza e tra gli applausi degli studenti ne bruciò pubblicamente le opere a Basilea. Al di là dei critici, tuttavia, Avicenna penetra profondamente nel sapere europeo. Alberto Magno era ricorso alle sue opere per gli scritti scientifici e, inoltre, lo consegnò al pensiero di Tommaso d'Aquino; la scolastica latina non è pensabile senza la sua filosofia e gli influssi giungono sino alla Scuola di Oxford e fanno eco le lodi che gli dedica Ruggero Bacone, il quale non esita a porlo accanto ad Aristotele e a Salomone. E questo senza contare le tracce che si ritrovano nei testi dei filosofi francescani. Dante, inoltre, lo situa tra i sommi uomini di scienza. I teologi dell'età di mezzo consultano senza requie il Libro della guarigione, o come avrebbe lui detto il Kitâb al-Sifâ, che nelle biblioteche dei monasteri era noto con il titolo Liber sufficientiae: si tratta di una enciclopedia filosofica, la cui parte riguardante «la scienza delle cose divine», è la ricordata Metafisica.
Non sono che esempi. E quando si svilupperà, sotto lo sguardo vigile della Compagnia di Gesù, la Seconda Scolastica, Avicenna è ancora presente nelle immense chiose offerte all'opera di Tommaso. Soltanto nel periodo illuminista, in quel Settecento permeato di scienza che con il medico militare La Mettrie intenderà il corpo umano come una macchina, il maestro arabo cederà definitivamente il passo. Si ritirava nella storia. Dopo aver avvisato l'umanità che un «dottore ignorante è l'aiutante di campo della morte».
Nel Medioevo e nel Rinascimento in Italia fondamentali anche i «dottori rabbini»
Accanto alla medicina (e alla filosofia) degli arabi, non vanno dimenticate quelle degli ebrei. Medioevo e Rinascimento vedono in innumerevoli città italiane, a cominciare dalla Roma dei Papi, la presenza di medici rabbini, ovvero di eminenti figure che oltre ad essere guide spirituali delle loro comunità praticano l'arte di Ippocrate utilizzando il vasto sapere della tradizione ebraica. Ora un volume, curato da Myriam Silvera, in cui sono raccolti gli atti di un convegno tenutosi nel settembre 2008 presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, dal titolo Medici rabbini. Momenti di storia della medicina ebraica (Carocci, pp. 168, 19), consente di conoscere protagonisti e riflessi di una storia che merita attenzione. Ecco allora riapparire figure quali Nathan ha-Meati da Cento, traduttore dall'arabo del Canone di Avicenna e dal greco degli aforismi di Ippocrate; oppure Calonimos ben Calonimos, che ci lascia una traslazione di alcuni testi di Galeno. Si giunge anche in periodi più vicini, per esempio con personaggi quali Isacco Lampronti, al quale, nel volume di Carocci, David Gianfranco Di Segni dedica un saggio. Attivo a Ferrara, dove morì nel 1756, fu autore di una celebre enciclopedia talmudica, Pahad Izchak, che espone in ordine alfabetico questioni di natura rituale, religiosa, medica e scientifica (in Israele, nel 1942, è stata pubblicata una nuova edizione). Una lapide in via Vignatagliata 33 lo ricorda: ma, come riferisce Di Segni, fu affissa nel 1872, «dopo la fine del potere temporale della Chiesa, perché il clero, poco prima che Lampronti morisse, aveva vietato le lapidi alle tombe ebraiche»; anzi, quelle presenti nel cimitero della comunità furono «utilizzate per altri scopi, come per esempio lastricare strade». Ma il ricordo di questa figura resta soprattutto legato alla sua idea di «missione»: esercitò la professione sia tra gli ebrei che i non-ebrei, tanto che questi ultimi lo chiamavano «il famoso medico». Il libro di Carocci non si limita comunque ai personaggi. Si trovano, per esempio, notizie sulle biblioteche dei medici ebrei negli anni che seguono l'espulsione dalla Spagna o questioni di etica, come il saggio di Giuseppe Veltri, sulla medicina nella riflessione talmudica.
Una imponente bibliografia di riferimento di Avicenna è disponibile in italiano, presso Bompiani, Metafisica, con testo arabo e latino a fronte; dall'editore Zamorani si trova Il poema della medicina. Fra i ricordati traduttori vale la pena di segnalare il saggio di Francesca Lucchetta Il medico e filosofo bellunese Andrea Alpago (1522) traduttore di Avicenna del 1964, ancora segnalato nel catalogo di Antenore. Il saggio di Olga Lizzini, ricordato in questa pagina ed edito da Carocci, ha una accurata bibliografia alle pagine 307-334 che può rispondere alle numerose esigenze. Per i medici rabbini è sempre possibile partire dalla Jewish Encyclopedia (del 1906, ma è disponibile online).
Resta importante il saggio di Cecil Roth The Jews in the Renaissance, uscito a Philadelphia nel 1959, ristampato nel 1977. Inoltre, per il mondo rinascimentale e per i molteplici aspetti che influiscono ancora sul nostro sapere, sono importanti i due volumi, curati da Germana Ernst e Guido Giglioni, intitolati I vincoli della natura e Il linguaggio dei cieli (entrambi pubblicati da Carocci, rispettivamente di pp. 320, 25 e di pp. 344, 29).
In essi si possono trovare saggi come quello di Hiro Hirai, Medicina e astrologia. Aspetti della medicina astrale platonica o altri dedicati a superstizioni, credenze popolari, segreti di natura.
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