giovedì 1 novembre 2012

"Quando amor mi spira..."


I magnifici sei ispirati da Amore. 

Un'antologia dei poeti stilnovisti contemporanei di Dante

Cesare Segre
"Corriere della Sera"
 31 ottobre 2012

Della scuola poetica toscana fiorita nella seconda metà del Duecento, era ovvio che Dante diventasse il capofila. Si sa che questi poeti seguivano le orme dei rimatori siciliani dell'età di Federico, soprattutto nella predilezione per la tematica amorosa. Stando anche alle testimonianze manoscritte, andrebbero divisi in due gruppi: quello dei poeti siculo-toscani, meno originali, e quello degli stilnovisti, cui si devono grandi innovazioni di lingua e di tematica. Il nostro istinto classificatorio ci induce a considerare questi due gruppi l'uno successivo all'altro. Invece le date, quando ci sono, attenuano il rigore di questa distinzione: Onesto da Bologna e Bonagiunta, della vecchia scuola, scambiano sonetti e critiche con Guinizzelli e con Cino da Pistoia, Guittone discute con Guinizzelli, e Guido Orlandi con Guido Cavalcanti. Queste tenzoni poetiche ci introducono nel pieno della polemica sulla poesia, dandoci un'idea dei temi affrontati, e anche delle novità in gioco. Sono polemiche anche interne alle scuole, come quella, importantissima, tra Cavalcanti e Dante, che continua anche nella Commedia. Degna di nota la varietà dei toni, dal rispettoso all'ironico, dal severo all'autorevole. E la gara mette subito in vista le qualità di ogni contendente: a differenza dai nostri blog, non si poteva sgarrare.
Si noti poi che Dante, mentre polemizzava con i rimatori contemporanei, stava elaborando un suo mito personale, cui rapportava le proprie idee di poetica e linguistica, in attesa di giudicare il mondo intero, come farà con la Commedia. La Vita nuova è già una storia della sua poesia sino alla maturità. Insomma, non si può parlare di Stilnovo senza mettere al centro Dante. Solo per opportunità di spazio, di solito si separa Dante dai poeti della sua scuola, e così fa Donato Pirovano, nel bel volumetto della collana «I diamanti» sui Poeti del Dolce Stil novo (Salerno Editrice, Roma, pp. XLVIII-798).
Non molte, stranamente, le raccolte di questo genere, come quelle di L. Di Benedetto 1939; M. Marti 1969; M. Berisso 2006; ancora meno quelle ancora in commercio. Uno degli ostacoli è la mancanza di un'edizione attendibile di Cino da Pistoia, il più prolifico della scuola; ma si può lavorare lo stesso. E Pirovano ci offre una raccolta praticamente completa e commentata, aiutando il lettore a orientarsi fra le composizioni dei sei poeti raccolti (Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi, Cino da Pistoia).
Ma è esistito lo Stilnovo? Non si tratta di un'ingegnosa ipotesi dei filologi? Certo, non esiste un atto ufficiale di fondazione. Ma Dante era ben consapevole dell'unità del gruppo, e si direbbe che il suo itinerario oltremondano sia concepito in modo da fargli incontrare i colleghi poeti (sempre in Purgatorio, mai in Paradiso!). Si veda in particolare la lunga conversazione, in Purgatorio XXIV, con il siculo-toscano Bonagiunta, che sconta i suoi peccati di ingordigia (goloso anche lui di «anguille di Bolsena e di vernaccia» come il suo compagno di pena Martino IV?). Dante gli illustra la propria poetica, che consisterebbe, essenzialmente, nel comporre solo sotto l'ispirazione (la «dettatura») d'Amore. E Bonagiunta dichiara che ora finalmente ha capito che cosa è mancato a Guittone e a lui per essere all'altezza del «dolce stil novo ch'io odo». Del sintagma «dolce stil novo» i filologi hanno fatto un manifesto; certo l'espressione è così felice che sembra inventata apposta, da Dante, per diventare un blasone. Si noti che, al tempo della Commedia, quella scuola era finita. Ma appunto per questo, Dante ne ricostruisce, in vari incontri, le caratteristiche. Per esempio, tra i lussuriosi del Purgatorio (XXVI), Dante ritrova Guinizelli, e lo definisce padre di quanti hanno saputo creare «rime d'amor dolci e leggiadre», cioè degli stilnovisti. E già il miniatore Oderisi da Gubbio, nell'XI del Purgatorio, aveva confrontato la crescita della fama di Giotto rispetto al prima famoso Cimabue, col superamento di Guido Guinizelli da parte del Cavalcanti. E «forse», dice Oderisi, «è nato / chi l'uno e l'altro caccerà del nido»: cioè Dante.
Dunque non solo si parla di poeti o di gruppi di poeti, ma dell'affermarsi e del decadere dei canoni: come fa Guinizelli parlando anche di Arnaldo Daniello e di Guittone e del segmento di civiltà letteraria che li aveva uniti. La forte coscienza di sé non cancellava certo nella mente di Dante la consapevolezza che la poesia ha una storia, di cui lui stesso si era fatto guida e garante.

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