martedì 27 novembre 2012

Così l’Occidente ha dipinto i sentimenti

F. Kupka, Plans par couleurs. Grand nu, 1909-1919

I colori della passione


Daria Galateria

"La Repubblica",  27 novembre 2012

Michel Pastoureau è uno studioso che si è occupato di come è cambiato l’uso delle tinte 
nella storia della rappresentazione
“Abbiamo perso il blu ed è scomparso il verde, indice degli affetti nascenti“
A metà ’800 si passa ai toni pastello e alle righe, prima riservate solo ai reietti“

Michel Pastoureau, storico e paleografo, studioso degli emblemi medioevali, con Blue La stoffa del diavolo, con cui inaugurava la serie affascinante degli studi sui colori, ha conosciuto la fama mondiale.
I colori dei nostri ricordi (Ponte alle Grazie, traduzione di Laura De Tomasi), l’ultimo suo libro pubblicato in Italia, è il diario cromatico della sua vita: offre, come sempre, una superba lettura erudita, leggera e arguta, a cui qui si aggiunge una nota sentimentale. A Roma per una conferenza al Centre Saint Louis sulla storia degli emblemi dal Medioevo a oggi, gli abbiamo chiesto di parlarci del simbolismo dei colori in amore.
È cambiato dal Medioevo il significato amoroso dei colori?
«Sì. Nel Medioevo c’è un forte simbolismo dei colori dell’amore che si protrae a lungo, fino all’epoca moderna. Ci sono almeno quattro colori da considerare. Il verde è il colore dell’amore allo stadio nascente – il verde era un colore instabile: facile da ottenere con i vegetali, ma difficile da stabilizzare, stingeva facilmente. Il blu è il colore dell’amore ordinario, ragionevole – quello coniugale per esempio. Il rosso è il colore evidentemente dell’amore passionale: dell’erotismo, della lussuria; e si può aggiungere il grigio e il nero, che sono i colori dell’amore infelice. È una tavolozza variegata. L’amore platonico poi era associato al colore bianco; solo il giallo non è associato all’amore, perlomeno in Occidente. Oggi di questo codice restano il rosso per la passione e il grigio e il nero per la pena d’amore. Invece abbiamo perso il blu ed è scomparso il verde – se ne parla solo per l’amore infantile e adolescenziale. Baudelaire dice: “Il verde paradiso degli amori infantili”».
«La nostra civiltà urbana in cerca di clorofilla ne ha fatto un simbolo di salute e di giovinezza» – cito dal Verde del suo Couleurs. Il costo dei colori incide su questi simbolismi amorosi? Il blu, colore molto costoso che si ottiene dal lapislazzulo, diventa il colore dei re: si può immaginare un lato sociologico, un prezzo dei colori amorosi?
«Oggi il costo non incide più perché si riescono a ottenere colori sintetici a basso prezzo in tutta la gamma cromatica. Nel passato non era così. Per esempio fino al XIX secolo era difficile tingere in bianco e in nero; costava molto. È per questo che in Europa fino alla fine del Settecento le spose di origine contadina si sposavano in rosso: perché i tintori nella gamma del rosso riuscivano a ottenere con poca spesa dei bei colori. Questo fino al 1830, quando la chimica dei coloranti ha fatto dei progressi e ottenere il bianco è diventato più economico. Ma quando si parla di simbolismo il lato materiale, la tecnica non hanno una rilevanza assoluta».
L’amore passionale ha cambiato colore? Qual è il ruolo del rosa?
«Il rosa è stato molto recentemente associato all’omosessualità. A lungo considerato sfumatura non satura del rosso, dal Settecento il rosa era simbolo della femminilità (ma a volte con una nota negativa di sdolcinatezza), e poi, solo ai nostri giorni, delle bambine. Ma ora l’emblema dell’omosessualità ha virato sull’arcobaleno».
Uno degli strumenti della seduzione è la biancheria, di cui lei ha scritto. Quali colori erano considerati attraenti? E oggi?
«Per secoli tutto quello che toccava la pelle doveva essere o non tinto o bianco – o meglio, quasi bianco, perché era difficile tingere in bianco; e questo valeva per la camicia, le lenzuola, gli asciugamani. Solo nella seconda metà dell’Ottocento si passa alle tinte pastello: le mezze tinte, il celeste, il verde, il giallo pallido; o perfino le righe per le camicie maschili, il materasso – le righe erano un tempo riservate ai reprobi, ai reietti: carcerati, deportati, ebrei, lebbrosi, prostitute, buffoni; poi da segno di disordine e trasgressione sono diventate emblema di igiene e di ordine (bandiere, segnali stradali). A partire dal 1950 il colore ha finalmente potuto toccare il corpo, non era più scandaloso; la biancheria assume colori vivaci e si propongono nei cataloghi lenzuola nere. Per l’erotismo, di contro al bianco dominante, le professioniste della dissolutezza all’inizio del Novecento si distinguevano per indumenti intimi rossi e neri; ora questo si è attenuato: entrano in gioco considerazioni come la resistenza al lavaggio automatico. La palette si è diversificata; il bianco dell’estrema giovinezza si è dotato di una connotazione erotica che non aveva un tempo; il codice qui si è rovesciato».
I ricordi sentimentali hanno dei colori speciali?
«Il libro I colori dei nostri ricordi ha in epigrafe una frase del poeta Gérard de Nerval, che scrive nel 1848 a un amico pittore, Paul Chenavard: il re di Francia Luigi Filippo gli aveva proposto di fare qualche scena della storia di Francia per il castello di Versailles. Il pittore esitava; e allora Nerval lo incoraggia a dipingere questi quadri “prima che si perdano nell’eternità del silenzio i colori dei nostri ricordi”: una frase magnifica. I ricordi hanno in effetti dei colori – per i sogni sarei più esitante; ma i ricordi sono colorati e spesso fortemente colorati. Più che delle donne amate, ho ricordi colorati insistenti delle mie due bambine: volevo vestirle con colori diversi, e per me una bimba è blu, l’altra rossa. Mia madre era farmacista e le scatole dei medicinali erano un gioco magnifico per un bambino. Anche oggi i calmanti hanno scatole blu, gli eccitanti arancioni, i lassativi marrone; su un armadio c’era scritto in rosso: Veleni. In famiglia poi c’erano molti pittori, e nei loro atelier ero libero di sporcare coi tubi di colori…».
Parliamo di pena d’amore. Il sonetto El desdichado (Il diseredato) di Nerval parla del “sole nero della malinconia” di cui lei ha dato, nella Storia simbolica del Medioevo, una famosa interpretazione.
«Il sonetto è del 1864-65; ma i versi di Nerval mi ricordavano alcune miniature di un famoso codice del 1360 che Nerval ammirava alla Biblioteca nazionale. Nerval ha avuto un’infanzia infelice, poi si è innamorato senza troppa fortuna di un’attrice, Eugénie: nelle opere celebra la malinconia in tutte le sue forme; malinconie blu o grigie, e il sole nero. Il desiderio per lui come per certi troubadours era più importante del piacere: Nerval desidera il desiderio; era innamorato dello stato amoroso».
La Riforma protestante ha diviso i colori in leciti e illeciti. Esistono differenze di questo genere per i colori della passione d’amore?
«Sì e no. L’amore passionale è già in sé qualcosa d’illecito per la maggior parte delle società; per il buon ordine sociale occorre che resti entro certi limiti. È vero che nella riforma protestante si tende a distinguere colori che sono onesti e altri meno, e la controriforma cattolica riprende i colori degni di un buon cristiano – di un buon cittadino semplicemente – che sono il bianco, il nero, il blu, il grigio e il bruno, colori saggi che non si notano; mentre colori disonesti erano il giallo e il verde, troppo vistosi: e il rosso violento, colore, in Europa, dell’amore passionale».
La globalizzazione crea problemi alla nostra simbolizzazione dei colori sentimentali?
«Per noi occidentali non penso; ne creerà nelle altre culture. La mondializzazione va sempre in favore delle pratiche e dei codici dell’occidente, anche in tema di colori».

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