Da Anassagora
alle suggestioni
di «A come Andromeda»
Tullio Avoledo
"Corriere della Sera",
30 agosto 2013
Prima di Darwin, la spiegazione dell'origine della vita sul nostro pianeta era piuttosto semplice. Genesi, 1, 20: Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi». Poi è arrivata la scienza e sono cominciati i problemi: ridde di teorie, dispute spesso incandescenti e valanghe di ipotesi.
L'ultima è stata presentata ieri a Firenze, alla conferenza Goldschmidt — il più importante congresso mondiale di Geochimica — dallo scienziato americano Steven A. Benner, primo ricercatore ad aver creato un gene in laboratorio, nel lontano 1984. Il gruppo di ricerca da lui diretto lavora con la Nasa per la progettazione delle nuove sonde marziane. Non è quindi un caso se l'ipotesi che ha enunciato a Firenze è che la vita sia nata su Marte, per essere poi portata sulla Terra da un meteorite. L'idea, per quanto possa sembrare strampalata, lo è meno di tante altre proposte nel corso dei secoli, tra cui l'antica e longeva teoria della «generazione spontanea», secondo la quale Dio avrebbe creato solo gli esseri viventi «superiori», come l'uomo e i grandi animali, mentre quelli «inferiori», tipo vermi e insetti, avrebbero potuto nascere spontaneamente dal fango o da carcasse in putrefazione. Gli scienziati Francesco Redi, Lazzaro Spallanzani e Louis Pasteur si ritrovarono uniti, attraverso i secoli, nell'impresa di abbattere questa ingombrante teoria, alla quale Pasteur assestò il colpo di grazia con un famoso esperimento nel 1864, dimostrando che la vita non può nascere dal nulla.
Ma allora, da dove viene? Dall'esperimento cruciale di Pasteur si sono susseguite svariate spiegazioni per la nascita della vita, dai nomi evocativi come «teoria del brodo primordiale, «ipotesi di Wächtershäuser», «teoria delle bolle», «ipotesi cometaria», «teoria dell'argilla». Tutte caratterizzate, purtroppo, dall'impossibilità di essere provate in modo definitivo e inconfutabile.
Secondo l'illustre ultimo arrivato, il professor Benner, all'origine della vita, tre miliardi di anni fa, vi sarebbe stata una forma minerale molto ossidata dell'elemento chiamato molibdeno. All'epoca il nostro pianeta era coperto dalle acque, mentre su Marte vi sarebbero stati non solo molibdeno e ossigeno, ma anche boro, altro elemento cruciale nella formazione delle molecole organiche. «Le analisi di un meteorite marziano hanno dimostrato di recente che vi era boro su Marte — sostiene Benner — e crediamo vi fosse anche la forma ossidata di molibdeno». Stando allo scienziato americano, l'abbondanza d'acqua sarebbe stata un fattore ostile per la formazione autonoma della vita sulla Terra, visto che l'acqua risulta corrosiva per l'Rna, la prima molecola genetica a essersi formata. La vita, secondo Benner, sarebbe quindi nata su Marte, dove l'acqua copriva solo piccole aree, e sarebbe arrivata sulla Terra con un meteorite marziano, come quello i cui frammenti vengono venduti anche in questo momento su eBay (a 16,03 sterline per un pezzettino del diametro di due millimetri e del peso di 10 milligrammi).
La sua ipotesi è figlia, a ben vedere, della teoria sull'origine della vita che ha prodotto maggiore impatto a livello di immaginario collettivo: quella della panspermia, secondo la quale la vita si trasmetterebbe da un pianeta all'altro attraverso semi, o spore. I seguaci di questa ipotesi la fanno risalire addirittura al filosofo greco Anassagora (V° secolo a.C.). Fra i suoi più recenti propugnatori ci fu, negli anni 70 del secolo scorso, lo scienziato inglese Fred Hoyle, autore del romanzo «A come Andromeda» da cui fu tratto nel 1972 un indimenticabile sceneggiato Rai in cinque puntate con Luigi Vannucchi e Paola Pitagora. Da allora, sull'onda di quella teoria, vi sono stati «2001: Odissea nello spazio», romanzo di Arthur C. Clarke che ispirò a Stanley Kubrick un altrettanto straordinario film, e poi (curiosa coincidenza di titoli) «Andromeda» di Michael Crichton, dove un organismo venuto dallo spazio minaccia la vita umana, e più di recente «Mission to Mars» di Brian De Palma (curiosamente vicino a un episodio del fumetto Jeff Hawke in cui Marte morente, 4 miliardi di anni fa, lanciava alcune astronavi verso la Terra, dando origine alla vita sul nostro pianeta) fino a «Prometheus» di Ridley Scott, che evoca, con il nome di Ingegneri, l'idea di una «panspermia guidata» da una razza aliena la cui missione è fecondare pianeti sterili spargendovi il seme della vita. Idea peraltro già sviluppata dalla fantascienza, con grandi autori come Theodore Sturgeon, Larry Niven e Kurt Vonnegut che si erano cimentati sul tema. Inutile dire che il più dissacrante è stato Vonnegut, il cui racconto «The Big Space Fuck» descrive il lancio di un'astronave carica di sperma umano verso Andromeda, dando una prospettiva completamente nuova alla parola panspermia.
Chissà che l'ipotesi di Benner, in attesa di essere dimostrata, non produca nuova linfa vitale in un sottogenere letterario, per forza di cose, estremamente fertile...
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