domenica 15 settembre 2013

Due donne a confronto. Affinità e divergenze tra Karenina ed Emma Bovary


Lo sguardo differente degli autori rispetto alle loro eroine tragiche: 
da una parte la solidarietà espressa da Flaubert, 
dall’altra il distacco e quasi la condanna di Tolstoj

Renato Barilli

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l’Unità
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 12 settembre 2013

TRA I CAPOLAVORI DELLA NARRATIVA DELL’OTTOCENTO SPICCANO DUE ROMANZI DEDICATI AD ALTRETTANTI SUICIDI compiuti da donne ree di aver infranto la fedeltà coniugale, uscendo allo scoperto in quella loro condotta giudicata inaccettabile, e quindi costrette a trarne le conseguenze fino a darsi una fine tragica. Sono le notissime Madame Bovary di Gustave Flaubert, del 1857, e Anna Karenina di Leone Tolstoj, uscita circa un ventennio dopo, quasi rispettando la distanza cronologica all’atto della nascita dei due romanzieri (1821 e 1828).
Sono documenti tragici della misera sorte che allora colpiva la condizione femminile, con netto discrimine rispetto a quella del sesso forte. I mariti potevano tradire il menage coniugale, anzi, di regola lo facevano, ma bastava che salvassero le forme e subito veniva-
no perdonati, le mogli dovevano tacere e sopportare, mentre per loro non c’era pietà, se almeno il peccato usciva allo scoperto. Al giorno d’oggi si sono fatti passi da gigante, verso un equilibrio delle rispettive sorti, ma senza dubbio molta strada è ancora da compiere.
Esaminando i due romanzi in questione, forse non si è notato a fondo che l’atteggiamento dei rispettivi autori fu assai diverso. Pieno di rispetto e di solidarietà, verso la sua eroina sciagurata, da parte di Flaubert, fino a pronunciare la frase famosa di quasi-identificazione, «Madame Bovary c’est moi»,, e invece improntato a riserbo, a distanza e a una condanna finale verso la Karenina, da parte di Tolstoj.

COME L’ALBATRO DI BAUDELAIRE
Il rapporto di segreta complicità, nel caso dell’autore francese, veniva dalla posizione globale da lui assunta verso la società del suo tempo, improntata a un cupo e implacabile realismo, che vedeva ovunque il predominio degli interessi, della lotta per il potere, per la conquista dei beni, soprattutto materiali. I protagonisti flaubertiani sono tutti in rivolta contro questo sistema dominante, ma sanno bene che al momento la loro partita è disperata, e dunque si limitano a reagire, per così dire, di contropiede, sapendo di essere sconfitti già in partenza. Questa è la situazione di Madame Bovary, coi suoi sogni di una vita diversa, se si vuole improntati a un romanticismo da strapazzo, oggi lo si direbbe alimentato dalla stampa rosa, ma in ogni caso è una rivolta istintiva contro la mediocrità di chi la circonda, un marito meschino, pago dei piaceri della carne e del cibo che lei gli prodiga, avendo attorno solo dei cinici profittatori della sua ansia di vivere, di soddisfare i suoi bisogni erotici, salvo poi a ritrarsi e a lasciarla nelle peste. Tra tutti, spicca lo pseudo-farmacista Homais, pronto a sparlare di chiunque, mettendosi sempre dalla parte di chi ha successo. In questo mondo di vili, di corrotti, di persone che volano basso Emma si dibatte, simile all’albatro di cui stava per parlare il grande Baudelaire. Essa vorrebbe librarsi nell’alto dei cieli, libera di amare, di vedere in grande, ma è costretta invece ad annaspare sulla tolda di una misera imbarcazione quotidiana, tanto che alla fine non le resta che darsi la morte, e nel modo più orrido, proprio per denunciare l’enorme divario tra il suo impeto libertario e invece la cappa pesante dei fatti.
Nessuno la compiange, se non proprio l’autore. E se l’uscita del romanzo fu accompagnata da un pubblico processo, forse lo si dovette non tanto alla cruda esposizione del tradimento coniugale nei suoi dettagli, ma perché la pubblica opinione annusava quel tanto di insopportabile complicità che legava il narratore alla sua creatura.
Diverse sono le circostanze in cui si pone il dramma e il suicidio dell’eroina russa, Anna Karenina. Non che Tolstoj neghi una commossa partecipazione alla morte cui la nobildonna si vede costretta, e le riconosce anche tante circostanze attenuanti. Senza dubbio è stata mal maritata, a un essere cinico quale l’alto funzionario Karenin, freddo come un automa, interessato solo alla sua carriera e alla posizione che detiene nella società pietroburghese. Si potrebbe dire, in sostanza, che il caso della Karenina non risulti molto diverso dalla sua compagna di pena e di martirio, la Bovary. Ma il guaio è che attorno a lei non imperversa solo un mondo di persone di segno contrario, tuffate nei calcoli più meschini, e prigioniere entro un congelato codice di onore.

IL GIUDIZIO
Qui sta il punto, in realtà il narratore russo circonda il caso della fedifraga con una serie di esempi nobili, di donne che portano pazienza e sanno tollerare i tradimenti dei loro maschi, a cominciare dalla cognata detta Dolly, offesa dalle infedeltà cui la sottopone il marito Stepen Oblonskij, che sarebbe poi il fratello della Karenina. La trama ci dice che Anna viene chiamata proprio al capezzale della coppia sofferente per portare rimedio, ma ahimé, alla stazione di Mosca avviene il colpo di fulmine col bellissimo principe Alekseij Vronskij, da cui parte la relazione fatale che condurrà la misera Anna a fuggire dal tetto coniugale, e a trascinare da quel momento una vita in esilio, condannata dai circoli aristocratici che fin lì l’avevano considerata come una sacra icona.
L’autore, certo, si inchina al cospetto di questo dramma, ne compiange l’esito finale, quando Anna si butta sotto un treno. Ma pesa, sullo sfondo, la condotta in definitiva più accettabile, secondo i canoni del tempo, accettati dallo scrittore, della brava cognata che perdona il marito trasgressore e tira avanti. E c’è pure il caso altrettanto positivo di un bravo coltivatore diretto, diremmo oggi, tale Sergeij Levin, che attende paziente nell’ombra finché una giovane, anche lei inizialmente ribelle, Kitty, non si sia scapricciata abbastanza in relazioni fugaci, riportandola poi all’ovile di un saggio e giusto matrimonio.
Questi sono gli esempi positivi che tacitamente l’autore contrappone alla colpa della Karenina, schierandosi dalla loro parte, senza accedere a una dichiarazione di correità, di partecipazione ai torti che la sua protagonista ha inflitto contro certi valori sociali in cui al momento egli crede fermamente.

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