domenica 15 settembre 2013

PAROLE e OMISSIONI: CHE COSA DICONO I GRANDI ROMANZI QUANDO TACCIONO



NICOLA GARDINI
"La Repubblica", 29 agosto 2013 

In un celebre racconto di Kleist la bella marchesa von O viene assalita da una masnada di soldatacci russi e rischia di venire ammazzata. Ma, richiamato dalle grida, un ufficiale russo disperde prontamente gli assalitori. La marchesa perde i sensi; ma si riprende poco dopo e il medico, alla presenza del salvatore, assicura che si ristabilirà presto. Passato un certo periodo, la marchesa si ritrova incinta, e non sa di chi. Sappiamo che è vedova e che vive castamente, tutta dedita all' educazione dei due figli. La misteriosa gravidanza quasi le toglie la ragione. Ebbene, a metterla incinta è stato proprio quel gentiluomo che l' ha salvata e che a lei "parve un angelo del cielo". Nello spazio di uno svenimento si è compiuto il fattaccio. 
Kleist omette non per semplice amore del decoro. La lacuna scatena un faticoso processo di autoanalisi nel personaggio della marchesa e nella società di cui è parte. Riempire la lacuna porterà al ristabilimento dell' ordine, dando una nuova coscienza e dignità sia nello stupratore che nella stuprata. 
Un altro esempio, dal Rosso e il nero. Julien, scesa la notte (siamo nel capitolo quindicesimo), si infila nella camera da letto di madame de Rênal. Lei reagisce all'impertinenza con duri rimproveri. Il ragazzo si getta ai suoi piedi e le abbraccia le ginocchia, piangente. Il paragrafo termina appunto sulla parola «lacrime». Si va a capo e il paragrafo successivo comincia con una notazione temporale: «Qualche ora più tardi...». Una lacuna. Che cosa è successo nel frattempo? Non è difficile immaginarlo. Il narratore, d'altronde, con elegante ironia, si preoccupa di non lasciare i suoi lettori nel dubbio: «Quando Giuliano uscì dalla camera di madame de Rênal, si potrebbe dire, in stile romanzesco, che non aveva più nulla da desiderare». 
La lacuna espande il senso, portando la significazione oltre i limiti fisici delle parole scritte. Il lettore interprete fa agire il testo oltre i limiti della scrittura e, a sua volta, è attraversato dalla voce nascosta del testo. Cicerone, nel De oratore, utilizza una bella metafora per spiegare il ruolo del lettore interprete: costui è un cercatore d' oro che va a scavare dove il testo gli indica. Bastano alcuni segni sul terreno, diligenza e riflessione e il prezioso metallo verrà estratto. 
La lacuna mira non alla diminuzione, ma allo sviluppo. La sottrazione chiama di necessità il completamento, il danno, il restauro. Non c' è sistema - le narrazioni sono, appunto, sistemi - che sia in grado di tollerare privazioni irrimediabili. Quel che si perde si deve recuperare, in letteratura come in fisica o in neurologia. 
Le nostre stesse conoscenze sociali sono basate non su un' effettiva completezza, ma sulla proiezione delle nostre aspettative: quel che crediamo di sapere è riempimento. Proust ha spiegato benissimo, proprio all'inizio della Ricerca del tempo perduto, che le persone non esistono se non come risultato di un nostro modo di intenderle: «Noi riempiamo l' apparenza fisica dell' essere che vediamo di tutte le nozioni che abbiamo di lui e nell'aspetto totale che noi ci rappresentiamo queste nozioni hanno certamente il peso maggiore». Le persone sono buchi. Il viso di Swann, per i genitori del narratore, è «vacante e spazioso», il suo corpo «un involucro», capace di includere qualunque pregiudizio e fantasia altrui. Modi di integrazione, se si guarda alla formalizzazione simbolica, sono le nostre stesse sinapsi, senza le quali gli impulsi nervosi non potrebbero viaggiare e al posto della conoscenza si avrebbe solo un inerte paesaggio di vuoti. 
Il mito della completezza si ritrova in autorevoli ipotesi psicoanalitiche. Secondo Jacques Lacan, l' io infantile comincia a delinearsi, cioè ad acquisire una sua pur illusoria "completezza", quando il bambino, che ancora non sa reggersi nella posizione eretta e ancora dipende dal corpo materno per il nutrimento, si scopre "forma" allo specchio: l'immagine riflessa compone in totalità il corpo diviso; comincia, allora, anche un'altra storia nello sviluppo mentale dell' individuo, la fase sociale. 
In questa stessa mitologia del corpo integro rientrano i discorsi di Freud sulla castrazione. Nel narrare agiscono modelli antropologici (e biologici) che sono profondamente radicati nella vita privata e pubblica degli individui e hanno manifestazioni emblematiche, oltre che nella "rappresentazione" del sistema nervoso umano o della struttura psichica, in interi ordinamenti culturali e pedagogici, come il cosiddetto Rinascimento, cultura del recupero per eccellenza. Lo stesso culto del frammento che ha cominciato a dominare le estetiche dalla fine del Settecento è sotto sotto un' esalta il ritratto di una donna menomata. Se davvero così fosse, la si manderebbe subito in cantina. Infatti, quel che piace non è il corpo frammentario, ma l' immagine frammentaria del corpo. E questo è stato intero e sempre lo resterà nel rimpianto dell' osservatore. Ugualmente funziona il culto delle reliquie: i resti del santo rappresentano la totalità del santo; valgono da sineddozione dell' integrità, un' integrità perduta, certo, ma reale, non immaginaria o mancata; e poiché perduta, ideale (rovesciamento che distingue di netto il romanticismo - fin nelle sue derive così dette decadenti e postmoderne - dal classicismo). Come ha scritto J. M. Coetzee nel romanzo Slow Man, la Venere di Milo non sarebbe un' icona della bellezza femminile se fosse che: per tale ragione possono operare miracoli, come un corpo intero. La letteratura si è costruita nel corso dei secoli sulla religione del corpo integro.I libri hanno membra; e non deve mancare niente. Siccome, però, il lettore non può sempre sapere con certezza che cosa sia andato perduto, la compensazione non sarà per forza rappresentata dall'effettivo ritrovamento dell' oggetto perduto. Il lettore, subentrando al reticente narratore, procederà per approssimazione, per immaginazione, rimediando al danno con mezzi perfino improvvisati o di ripiego, come gli dèi della mitologia classica che rimpiazzarono la spalla del ricomposto Pelope, divorata da Demetra, con un pezzo d' avorio. Rimarrà inevitabilmente nell'aria il sogno dell' originale, una malinconia grave benché dolce, che l' illusione della riconquistata pienezza non risolverà mai del tutto. Fantasma succederà a fantasma, e nessuno prevarrà. Il vuoto si riempirà di tutte le immagini che più gratificano il lettore, senza tuttavia che nessuna gli offra il colmo dell' appagamento e la perfezione della conoscenza. L'integrazione sarà solo e sempre temporanea; sarà uno spazio di interpretazioni concorrenti; tutte valide, nessuna giusta. Quanto soffre Swann, nel solito imprescindibile primo volume della Ricerca del tempo perduto, quando, preso dal sospetto che Odette possa essersi macchiata di amori lesbici, riesce a ottenere da lei solo risposte parziali, neanche un nome... Sul vuoto che gli si spalanca davanti, infatti, il poverino potrebbe scrivere tutti i nomi della città. 
Viene in mente - ma con ben altra valenza - un aneddoto di Plinio il Vecchio, la celeberrima gara di Apelle e Protogene (Storia naturale). I due grandi pittori si sfidano sulla medesima tavola; e non raffigurano nulla. Apelle traccia una prima linea su una tavola di Protogene, mentre Protogene è fuori casa; questi torna e traccia una linea più sottile all' interno di quella tracciata dallo sfidante; Apelle torna e ne traccia una ancora più sottile, togliendo a Protogene ogni possibilità di replica. Insomma, la tavola resta praticamente vuota. Ma quella loro creazione, capolavoro di lacunosità, risulta più potente e ammirevole di qualunque immagine compiuta. La lacuna, infatti, può avere maggior forza della pienezza, perché allude e, alludendo, non esaurisce la rappresentazione; anzi, la costringe a rinnovarsi ad infinitum, e a offrirsi sempre nuova all'occhio del pensiero, immettendo l'opera nell'inarrestabile movimento della vita. 
Tristram Shandy, il personaggio di Sterne, quando deve illustrare l' irresistibile fascino di una certa signora, inserisce al posto di una descrizione una pagina bianca: su questa la fantasia del lettore disegni con l' inchiostro come meglio può il suo ideale di bellezza femminile. Il bianco, tra l'altro, impedirà che l' invidia del lettore imbratti la scrittura e che la sua ignoranza raffiguri immagini imperfette. Certo, bisogna presupporre che il lettore abbia non comuni capacità artistiche. Ma questi sono, appunto, fatti del lettore.

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