Sei secoli d'immaginazione e scoperte, tra scienza e arte militare
Sergio Romano
"Corriere della Sera", 27 dicembre 2012
Razzi e missili sono da più di settant'anni l'inevitabile ingrediente di tutte le maggiori crisi politiche e militari del pianeta. Le V2 di Wernher von Braun, lanciate su Londra da basi tedesche, dettero alla Germania, per alcune settimane del 1944, l'illusione della vittoria. La peggiore crisi della Guerra fredda scoppiò quando l'Unione sovietica installò basi missilistiche nell'isola di Cuba, a 90 miglia dalle coste della Florida. Il momento di maggiore tensione nei rapporti fra i due blocchi è quello del giorno in cui i satelliti spia degli Stati Uniti, alla fine degli anni Settanta, scoprirono che i sovietici stavano installando missili di media gittata con testate nucleari nei territori occidentali dell'Urss. Le più folte e turbolente manifestazioni pacifiste in Europa occidentale furono quelle provocate dall'installazione di missili Cruise e Pershing in alcuni Paesi della Nato durante gli anni 80. Il primo segnale di distensione fra l'Urss di Michail Gorbaciov e l'America di Ronald Reagan fu l'accordo che i due uomini di Stato raggiunsero nel 1987 per l'eliminazione dei missili intermedi dal teatro strategico europeo. I trattati più difficili, prima e dopo il crollo dell'Urss, furono quelli che dovevano regolare gli arsenali missilistici delle due potenze mondiali. Su scala più modesta non vi è stata crisi israelo-palestinese, negli ultimi anni, che non sia cominciata con il lancio di razzi Fajir fabbricati in Iran contro il territorio dello Stato ebraico. Più recentemente abbiamo assistito al primo impiego di missili in una guerra civile: gli Scud di fabbricazione sovietica con cui Bashar al Assad cerca di stroncare le forze dell'insurrezione siriana.
Eppure queste micidiali armi belliche hanno antenati «giocosi» (i fuochi d'artificio) e hanno aperto la strada ad applicazioni scientifiche che hanno considerevolmente allargato, soprattutto negli scorsi decenni, le frontiere del sapere. Gioco, guerra e scienza appartengono quindi a una stessa storia di feste, battaglie e audaci sperimentazioni. In questa lunga vicenda esiste un capitolo italiano raccontato da uno dei migliori giornalisti scientifici, Giovanni Caprara, in Storia italiana dello spazio (Bompiani).
I razzi nascono in Cina, madre dei fuochi d'artificio, ma arrivano rapidamente in Italia dove vengono presto utilizzati per rallegrare il popolo nei giorni di festa e colpire il nemico nei giorni di guerra. Fra Settecento e Ottocento non vi è potenza militare, piccola o grande (anche il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie), che non abbia un corpo di «razzieri» o non studi l'uso di piccoli missili sul campo di battaglia. Ma i progressi dell'astronomia, nel frattempo, accendono sogni e speranze. Molti poeti avevano indirizzato i loro versi alla luna e Cyrano de Bergerac aveva scritto un viaggio in prima persona dans la lune et dans le soleil, apparso postumo nel 1657. Ma non appena Giovanni Virginio Schiaparelli, astronomo dell'Osservatorio di Brera, scoprì i canali di Marte, la scena, come ricorda Caprara, si riempì rapidamente di scienziati dilettanti, visionari, studiosi incompresi e autori di teorie ardite sempre a caccia di fantasiosi brevetti. La letteratura, nel frattempo, da Verne a H.G. Wells, precedeva gli scienziati mentre il cinema, non appena inventato, permetteva a George Meliès di raccontare sullo schermo un «Voyage dans la lune» che fu proiettato per la prima volta a Parigi nel 1902. Agli inizi del Novecento il pianeta terra era molto più vicino alla luna, scientificamente e psicologicamente, di quanto fosse mai stato nel corso della storia umana.
La Grande guerra, lo sviluppo dell'industria e i progressi della chimica nel fondamentale settore dei carburanti ebbero l'effetto di aguzzare gli ingegni e stimolare le ricerche. Molti dei personaggi evocati da Caprara sono industriali geniali come Enrico Forlanini ed Ettore Ricci, o scienziati in uniforme come Giulio Costanzi, Giorgio Cicogna e soprattutto Gaetano Arturo Crocco, fondatore dell'Istituto centrale aeronautico e autore del piano per la costruzione di Guidonia, la «città del volo». Ma vi furono anche ingegneri come Luigi Gussalli, chimici come Francesco Giordani, astronomi, piloti. La sconfitta nella Seconda guerra mondiale non ha chiuso il capitolo spaziale della storia italiana. Anzi, per almeno una generazione, come appare dalle pagine di Caprara, sembrò che l'Italia e la classe dirigente avessero nel campo delle grandi ricerche scientifiche (l'atomo, lo spazio, la chimica, l'aeronautica) le ambizioni dei decenni precedenti. L'opera di Crocco, in particolare, fu continuata dal figlio Luigi e da uno dei suoi allievi più dotati, Antonio Ferri. Ma l'astronautica, nel frattempo, stava diventando, soprattutto dopo il lancio dello Sputnik sovietico, una costosa questione di potere, una partita che richiedeva colossali investimenti e in cui la posta in gioco era l'egemonia mondiale. Gli spazi, per le potenze minori, si sarebbero considerevolmente ristretti. L'Europa reagì creando istituzioni unitarie a cui l'Italia partecipò con quote inferiori a quelle degli altri maggiori Paesi europei, ma finanziariamente consistenti. Si formò così una galassia di sigle: l'Eldo (European Launcher Development Organisation), l'Esro (European Space Research Organisation), l'Estec (European Space Research and Technology Centre), l'Eslar (European Space Laboratory for Advanced Research Institute) e infine l'Esa (European Space Agency), inaugurata nel 1975.
Il lettore troverà nel libro di Caprara una cronaca molto documentata delle imprese scientifiche realizzate da queste istituzioni e in particolare dall'Italia. Ma la scienza e l'industria italiane, pur partecipando alle iniziative europee, non hanno mai smesso di coltivare nel frattempo i rapporti con gli Stati Uniti e la Nasa. Luigi Broglio, creatore del progetto San Marco per il lancio di satelliti da una piattaforma costruita nel Kenya, ha tratto grandi soddisfazioni, per sé e l'Italia, dalla collaborazione con l'America. Il primo astronauta italiano, Franco Malerba, è partito da Cape Canaveral il 13 luglio 1992 a bordo della navetta Atlantis. Il satellite a filo Tethered è stato realizzato con strumenti costruiti da Alena Spazio e dalle Officine Galileo. È accaduto per le ricerche spaziali ciò che accadeva contemporaneamente per l'aeronautica. Costretta a scegliere fra progetti europei e collaborazione americana, l'Italia, in parecchie circostanze, ha scelto l'America. La scelta rispondeva probabilmente agli interessi economici del Paese, ma non era necessariamente conforme all'europeismo professato dai suoi governi.
Il libro di Caprara si conclude con una promettente pagina europea e italiana. Mentre la presidenza Obama ha considerevolmente ridimensionato i suoi programmi, l'Agenzia spaziale europea ha lanciato dalla base di Kourou, nella Guiana francese, il 23 marzo 2012, un Automated Transfer Vehicle. Si chiama Edoardo Amaldi, dal nome del grande fisico che ha dato un contributo fondamentale alla formulazione di una politica spaziale europea.
Per approfondire:
La storia dello spazio in Italia, a cura dell'Agenzia spaziale Italiana. CLICCA QUI.
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