Camilla Tagliabue
"Il Sole 24 Ore", 3 marzo 2013
Invitato da Isaac Newton a cena, William Stukeley si presentò all'appuntamento puntuale e affamato: si sedette a tavola, già imbandita, e aspettò l'amico scienziato. Le ore passavano e lo stomaco brontolava: dopo un po' Stukeley scoperchiò il piatto da portata e si sbafò l'intero pollo. Infine, sopraggiunse Newton e, incredulo, notò che in tavola erano rimaste solo le ossa. Serafico, commentò: «Come siamo distratti noi filosofi. Ero proprio convinto di non aver ancora mangiato». Questo è solo uno dei tanti, succulenti aneddoti raccontati da Massimiano Bucchi in Il pollo di Newton. La scienza in cucina: un pamphlet divulgativo su intersezioni e ingerenze tra pratiche di laboratorio e «fritturisti incerti», scoperte scientifiche e gastronomia d'avanguardia.
Un'altra sapida storiella sul padre della gravità ricorda come il successore di Newton alla presidenza della Royal Society, Hans Sloane, fu altresì l'inventore della cioccolata al latte, così come oggi la si cucina e gusta: eppure questo libro non è solo un ricettacolo di chincaglierie storiografiche, ma un saggio articolato, proprio come un menu, che interroga la scienza sul bancone della cucina e tratta la culinaria come una branca della chimica, spaziando dalle motivazioni razionali per cui la maionese «monta o impazzisce» alla composizione rigorosa dell'estratto di carne del chimico von Liebig, e «illustrando i principi che governano le operazioni della cucina con la stessa certezza con cui la legge di gravità governa i pianeti».
Il piatto è ricco e gli ingredienti sfiziosi: si va dai maestri del gusto Anthelme Brillat-Savarin e Pellegrino Artusi alla dieta di Bouvard e Pécuchet nell'omonimo romanzo di Flaubert, dall'«Aeropranzo» futurista, assolutamente privo della molliccia pastasciutta, alla gastronomia molecolare di Adrià e compagni, dalla fusione fredda scoperta nella cucina di casa al pollastro congelato di Bacone, fino ai polli «metaforici ed epistemologici». Non a caso, «Massimo Montanari fa notare come la pratica della preparazione del cibo e quella della preparazione di farmaci condividano il termine "ricetta"», ed è davvero sorprendente scoprire come il confine tra scienza e cucina sia spesso labilissimo.
Non manca neppure un capitolo dedicato alle bevande: Bacone, ad esempio, combatteva l'insonnia con «un buon bicchiere di birra forte», bevuto prima di coricarsi «per addormentare la propria attivissima fantasia»; Pasteur, invece, dispensava suggerimenti vinicoli, tentando di «dimostrare agli scienziati quello che le massaie sapevano da tempo». Sempiterne sono le dispute sul caffè, tanto che nel 1674 un gruppo di donne londinesi firmò una petizione contro quel «fluido essiccante e debilitante», che «comprometteva le capacità sessuali dei rispettivi mariti, rendendoli "aridi come i deserti". In risposta giunse un anonimo documento di alcuni uomini che argomentavano la capacità del caffè di promuovere "vigorose erezioni e piene eiaculazioni"». Esiste pure l'inventore dell'acqua calda, se è vero che la «scienza dell'acqua calda nacque in Cina durante la dinastia Tang (618-906)».
«Nel corso dell'Ottocento, l'attenzione alla cucina come scienza diviene un vero e proprio fenomeno»; Bucchi individua meticolosamente 5 possibili modalità di relazione: in primis, la scienza è vicina alla vita quotidiana, quindi anche alla preparazione di cibi; poi la scienza è possibile modello per la cucina e suo slancio innovatore; inoltre, la cucina è «opportunità di divulgazione seduttiva» o «fonte di legittimazione e visibilità mediatica». Alla fine del libro si è sazi. Occorre dar retta al saggio Brillat-Savarin: «Lavorate, eccellenze, lavorate per il bene della scienza, ma digerite per il vostro particolare interesse!»
Massimiano Bucchi, Il pollo di Newton, La scienza in cucina, Guanda, pagg. 184
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