Philip Roth, uno dei più grandi scrittori viventi al mondo, compie 80 anni. Nato il 19 marzo 1933 in quella Newark che ha descritto in moltissimi dei suoi romanzi, è una delle voci più forti della letteratura contemporanea e nella sua lunga carriera ha ricevuto, con l’ingombrante eccezione del Nobel, tutti i maggiori premi letterari. Eppure, come ha raccontato lui stesso in un’intervista a Benjamin Taylor per il Man Booker Prize, all’inizio Roth aveva più di un dubbio.”Con i miei primi libri - spiegava il romanziere nel 2011 - volevo capire due cose: la prima era come scrivere un romanzo, la seconda era dove stava il mio talento, così ho scritto tre o quattro libri, molti diversi tra loro, per capire dove io potevo essere più forte”.Nonostante l’attuale stima di cui gode, per anni Roth è stato bollato come un dissacratore e spesso anche, per sua stessa divertita ammissione, come un pornografo, soprattutto per il capolavoro giovanile “Lamento di Portnoy”. Ma il collega Jonathan Safran Foer ribalta completamente la prospettiva sul romanzo. “Alcuni dei migliori libri sull’Olocausto - ha detto lo scrittore a Big Think - non trattano dell’Olocausto in nessun modo. E penso per esempio a Lamento di Portnoy”.Altri capolavori di Roth sono stati “La controvita”, “Pastorale americana”, “La macchia umana” e soprattutto il folle e irrefrenabile “Teatro di Sabbath”. Tutti all’insegna di una volontà di liberazione che non è solo dei suoi personaggi. “Non voglio - ha detto ancora Roth - essere incastrato dalla realtà, voglio che la mia immaginazione vada dove vuole, almeno nelle prime stesure”.A fine 2012 Philip Roth annunciò al mondo di avere chiuso con la scrittura. Una decisione che lo scrittore, americanista e traduttore Marco Rossari ha commentato così: “Non mi ha sorpreso per nulla perché mi sembrava un po’ esaurita la vena, prima di ’Nemesi’, soprattutto con ’L’umiliazione’, che è un libro secondo me un po’ goffo. E poi perché dentro l’opera di Roth c’è sempre la crisi della scrittura”.Qualcuno, comunque, dubita che Philip Roth abbia smesso davvero di scrivere ma forse, come ha detto la giornalista Livia Manera, ha chiuso solo con l’obbligo di scrivere.In ogni caso, oggi possiamo solo dire buon compleanno mr. Roth.
"The New Yorker"
Philip Roth, the splendid, New Jersey-born, ostensibly retired American novelist, will be eighty next week, and his home town of Newark is turning out to celebrate. Or, at least, there will be literary presentations, a bus tour of Roth-honored locations (although the site of the burlesque house where the young Alexander Portnoy sat in panicky awe alongside his graying, grim-faced companions seems, for some reason, not to be on the itinerary), an “invitation only” party at the Newark Museum, and a show of Roth-related photographs at the Newark Public Library. Those with shining memories of Roth’s first book, the wonderful story collection “Goodbye, Columbus,” published more than half a century ago, will recall that he already spoke back then of having a “deep knowledge of Newark, an attachment so rooted that it could not help but branch out into affection.” That Newark’s affection for him has become, despite the occasional shocks he has offered its citizens, deep enough to be reciprocated by its library seems like the right kind of homage for a local literary hero. (One recalls as well the insistence of that pitiful pedant and quiz-show loser Alvin Pepler, in “Zuckerman Unbound,” that Nathan Zuckerman, the Roth doppelgänger, should congratulate himself on being Newark’s finest author—alongside, Pepler quickly adds, Stephen Crane, with Mary Mapes Dodge, who wrote “Hans Brinker, or the Silver Skates,” coming in a distant third.) READ MORE...
Goodbye, Newark, the Place Roth Never Left, "The New York Times", 21 marzo 2013
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Il documentario Philiph Roth rivelato, a cura di Livia Manera e William Karel. RaiReplay.
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