sabato 16 marzo 2013

Il demonio, un tema ricorrente per gli ultimi pontefici


Perché il diavolo ritorna nel linguaggio di Francesco


Paolo Conti

"Corriere della Sera",  16 marzo 2013

Due volte in due giorni. In quarantotto ore appena di pontificato, papa Francesco ha citato in due riprese lui, il grande nemico, il simbolo ancestrale del Male: il diavolo, il Maligno. La prima volta risale a giovedì 14 marzo, nella Messa alla cappella Sistina, durante l'omelia a braccio: «Chi non prega il Signore prega il diavolo, quando non si confessa Gesù si confessa la mondanità del Demonio», e il riferimento diretto era a «vescovi, preti, cardinali». La seconda risale a ieri, durante il discorso rivolto ai «fratelli cardinali» nella sala Clementina: «Non cediamo mai al pessimismo, all'amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno, e allo scoraggiamento». Per Jorge Bergoglio il richiamo a Satana non è certo una novità. In Argentina si parlò a lungo della sua invettiva contro la legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso: «Segno dell'invidia del diavolo che cerca di distruggere l'immagine di Dio». Dunque per papa Francesco il Maligno è una cupa presenza costante vista esattamente come suggerisce l'etimologia greca («diaballo») cioè di colui che crea divisione, calunnia, fa inciampare e cadere.
Spiega il teologo laico Brunetto Salvarani, critico letterario, docente di Teologia della Missione alla Facoltà teologica dell'Emilia Romagna, direttore di Cem-Mondialità, rivista e movimento dei Padri Saveriani di Brescia, autore di numerosi saggi sul dialogo interreligioso: «Il diavolo è una presenza neotestamentaria molto frequente. E una spiritualità impregnata di Vangelo come quella del nuovo pontefice non può non fare i conti con una costante che però va interpretata». In che senso, Salvarani? «C'è chi vede nel diavolo la personificazione stessa del Male. E chi ne parla come di un'entità simbolica che rappresenta la nostra incapacità di produrre il Bene». Quest'ultima ipotesi calzerebbe alla perfezione rileggendo le parole di papa Francesco.
Il neoeletto papa non è l'unico Pontefice moderno ad aver parlato del Maligno. Disse Benedetto XVI riflettendo sul tempo di Quaresima il 10 febbraio 2008: «Occorre guardare il Male in faccia e lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è Satana senza scaricare il problema sugli altri, sulla società o su Dio, ma riconoscere le proprie responsabilità». E anche qui l'interpretazione proposta da Salvarani, il diavolo come proiezione della nostra incapacità di produrre il bene, funzionerebbe benissimo. Giovanni Paolo II, in un'udienza del 28 aprile 2004, a pochi mesi dalla sua morte disse: «C'è, dunque, nel mondo un Male aggressivo, che ha in Satana la guida e l'ispiratore, come ricorda San Pietro: il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare». La citazione apparteneva alla prima lettera di San Pietro Apostolo.
Ma la frase papale riferita a Satana più famosa dei tempi moderni appartiene a Paolo VI. Ed è facilissimo collegarla alla preoccupazione di papa Francesco sulla Chiesa cattolica. Era il 29 giugno 1972, giorno dei Santi Pietro e Paolo: «C'è la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio... Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza». Una angosciata profezia di tempo oscuri, drammatici. Forse l'invito di papa Francesco a «non cedere al pessimismo» suggerito dal diavolo si riferisce anche quel modo di pensare un futuro senza sole. Quel sole, il monogramma dei gesuiti, che invece campeggia nello stemma cardinalizio di Jorge Bergoglio.


Il demonio, un tema ricorrente per gli ultimi pontefici. 
Molto più che per quelli del Medioevo
Da Paolo VI agli esorcismi di Wojtyla quando i papi evocano il “fumo di Satana”
I precedenti delle omelie di Bergoglio sul diavolo

Agostino Paravicini Bagliani

"La Repubblica", 16 marzo 2013

IL SUO predecessore, Benedetto XVI, nel ricevere all’inizio del suo pontificato gli esorcisti di tutta Europa li aveva incoraggiati a proseguire nel loro ministero. E ancora recentemente, il 10 giugno 2012, tenne un discorso sulla «cultura dove non conta la verità», soffermandosi sull’origine del termine «pompa del diavolo», sinonimo di «grandi spettacoli cruenti, dove le crudeltà diventano divertimento, uccidere gli uomini diventava una cosa spettacolare», in cui il diavolo si presentava «con apparente bellezza», ma «con tutta la sua crudeltà». Dieci anni prima, il 17 febbraio 2002, Giovanni Paolo II, lui stesso esorcista, all’Angelus disse: «Il demonio, principe di questo mondo, continua anche oggi la sua subdola azione. Ogni uomo, oltre che dalla propria concupiscenza e dal cattivo esempio degli altri, è tentato anche dal demonio e lo è ancor più quando meno se ne avvede».
Il demonio fu ritenuto responsabile dei mali della Chiesa da Paolo VI in un discorso del 15 novembre 1972: «Uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male, che si chiama Demonio». Il demonio, continuava il Papa, è «un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore ». È una «realtà terribile, misteriosa e paurosa». E poi: «È il nemico occulto che semina errori e sventure nella storia umana». Il Papa lamentava anche il fatto che l’influsso del demonio «è un capitolo molto importante della dottrina cattolica, da ristudiare, mentre oggi lo è poco». Qualche anno prima, però, il Concilio Vaticano II presieduto da Giovanni XXIII aveva abolito la preghiera a San Michele Arcangelo formulata da Leone XIII (1878-1903), chiamato a difenderci «in questa ardente battaglia contro tutte le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia». Anche Pio XI (1929-1939) si riferì all’opera del diavolo, citando Sant’Agostino «che non di rado ricorda con parole mordaci, talvolta con frasi sdegnose tutto ciò che di lussurioso si era infiltrato per opera dei demoni nei costumi degli uomini mediante il falso culto degli dei».
Insomma, i pronunciamenti dei papi di questo ultimo secolo sull’esistenza del demonio e la sua caparbia azione nella società costituiscono una serie quasi continua. E sono forse più numerosi che in qualsiasi altro secolo. Nemmeno nel Medioevo possiamo trovare una serie così frequente di pronunciamenti papali sull’argomento. Certo, il demonio irruppe con forza nella lotta contro gli eretici. Il 13 giugno 1233, Gregorio IX promulgò una decretale, Vox in Roma, in cui si descrivevano per la prima volta conventicole notturne di eretici alle quali avrebbero partecipato, apparendo, uomini misteriosi, rospi e gatti di dimensioni insolite. Ossia démoni. Ritroveremo una descrizione straordinariamente analoga due secoli dopo, quando, intorno al 1427-1428, nascerà la caccia alle streghe, a partire dalla credenza all’esistenza di una setta (che sarà poi definita sabba) con a capo il demonio omaggiato da streghe o stregoni.
Ovviamente creduti tali. Sono concetti e credenze che diventeranno celebri grazie al Martello delle streghe che due domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Institor, dedicheranno a papa Innocenzo VIII (1484-1492).
In questa storia secolare non sono però mancate voci più prudenti se non contrarie all’esistenza al demonio. Proprio in seno alla cultura cattolica. Anche nel Medioevo. Ce lo ricorda un canonico di Bratislava, celebre nella storia della scienza medievale, perché autore di un grande trattato sull’ottica che terminò proprio alla corte papale negli anni 1270. Witelo — questo è il suo nome — scrisse che molte delle apparizioni di démoni sono o creazioni della fantasia di malato o frutto di un’interpretazione erronea di illusioni ottiche da parte di persone sane. Ma anche nel Novecento, uno dei massimi storici di Sant’Agostino, il cattolico francese Henri Marrou (morto nel 1977) sostenne con chiara fermezza che «persino tra quelli che dicono di volere essere fedeli all’insegnamento della Chiesa numerosi sono coloro che, senza alcuna esitazione, ammettono di non credere all’esistenza di Satana».

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