domenica 9 giugno 2013

Da Breton a Ernst, artisti degenerati in fuga dal nazismo

Jacqueline Breton, André Masson, André Breton e Varian Fry.
Photograph Musée Cantini, Marseilles. Photo credit: Ylla and ©Pryor Dodge
Giuseppe Dierna

"La Repubblica", 3 giugno, 2013

Nell’estate del 1940 Marsiglia è un gigantesco centro raccolta profughi, una stazione di transito per transfughi ad alto grado di genialità. I tedeschi hanno occupato più di metà della Francia, lasciando libero solo il Sud del Paese in mano al governo di Vichy, e in città affluiscono pittori, scrittori, intellettuali in fuga dalla Germania, tutti in attesa di un documento per raggiungere Lisbona, da dove prendere il volo. Ma un solo documento non basta, ne servono cinque: un passaporto, il visto di un paese ospitante, un visto d’uscita, uno portoghese e uno spagnolo di transito. E tutti validi assieme.
A metà agosto arriva a Marsiglia Varian Fry, giovanottone americano con occhiali tondi e modi eleganti. Deve aiutare intellettuali e artisti a fuggire dalla Francia. Per farlo dovrà barcamenarsi con una burocrazia proteiforme, francese come americana, dalla spiccata tendenza a mutare le regole in corso d’opera e mettergli i bastoni tra le ruote. Fino alle pressioni congiunte del Consolato americano e della Prefettura per espellerlo l’estate successiva. Tornato negli Usa, Fry narrerà le sue vicende in un accorato volumetto dal ritmo incalzante: Consegna su richiesta. Marsiglia 1940-1941.
Nei suoi uffici sfilerà il meglio della cultura europea: il poeta Walter Mehring, lo scrittore Lion Feuchtwanger, Konrad Heiden, autore di una feroce biografia di Hitler. Oppure sarà lui stesso ad andarseli a cercare nei loro nascondigli, per suggerire rocambolesche vie di fuga, magari concordate con l’esule Emilio Lussu. Come avverrà con Franz Werfel e la moglie Alma, a cui si uniranno Heinrich Mann e Golo, figlio di Thomas Mann. Sarà lo stesso Fry a scortarli, ma la mancanza di visti d’uscita impedisce al gruppo l’espatrio in treno: attraverseranno i Pirenei a piedi (Heinrich ha settant’anni, Werfel qualche chilo di troppo), mentre Fry porterà con sé in treno i diciassette colli dell’inverosimile bagaglio (nella valigia di Alma anche gli spartiti di Mahler). Si rivedono al di là del confine spagnolo, a Portbou, dove due settimane più tardi si sarebbe suicidato Walter Benjamin, bloccato anche lui in frontiera senza visto d’uscita. Preoccupato di dare troppo nell’occhio a Marsiglia, Fry decide di trasferirsi a Villa Air-Bel, un passo fuori città: specchi macchiati e rubinetti a forma di cigno. E qui la storia diventa leggenda, ben ricostruita da Rosemary Sullivan in un avvincente volume uscito alcuni anni fa (Villa Air-Bel, Edizioni dell’Altana). Come in un poliziesco vecchia maniera, nelle diciotto stanze della villa, di proprietà di un inquietante collezionista di sbiaditi uccelli impagliati che si mangiava la carne dei volatili che impagliava, s’incroceranno destini spaiati: un rivoluzionario di professione come Victor Serge, reduce dalle galere sovietiche e un rivoluzionario della parola come André Breton, lì con l’affascinante Jacqueline («bella e selvaggia, con pezzetti di specchi tra i capelli») e la figlia Aube. E poi Miriam Davenport, anima del Comitato di Soccorso, Danny Bénédite (ex impiegato alla Prefettura di Parigi e gran mistificatore nel ramo documenti d’identità), la contessa Consuelo de Saint-Exupéry in attesa di riunirsi al marito, un giovane medico rumeno e la miliardaria americana Mary Jayne Gold, generosa sostenitrice dell’impresa Fry. Per non parlare poi dei comprimari.
Incuranti delle restrizioni, Breton e Serge lavorano imperterriti nella biblioteca dalle pareti affrescate. E’ Breton a stabilire il tono delle giornate. Già la prima sera piazza a centro tavola una bottiglia piena di mantidi religiose, organizza giochi surrealisti, tira fuori vecchie riviste, forbici e colla e coinvolge tutti a fare collages. E la domenica arrivano gli ospiti dai dintorni: Max Ernst con Leonora Carrington, Péret, Victor Brauner, André Masson, quasi a voler ricostruire la regolarità dell’infranta atmosfera parigina. Si organizza anche un’asta (fallimentare), con quadri surrealisti appesi agli alberi attorno alla villa e monete sotterrate nel parco per eludere le perquisizioni.
E poi l’idea: perché non ridisegnare le carte da gioco? Ci si mettono i Breton, Wilfredo Lam, Ernst, Oscar Dominguez, Brauner, Jacques Hérold. I semi tradizionali sono sostituiti da Amore, Sogno, Rivoluzione e Conoscenza, mentre al posto delle figure ci sono ora il Genio, la Sirena e il Mago. Le figure del Sogno saranno Lautréamont, Alice, Freud; quelle dell’Amore: Baudelaire, la Religiosa Portoghese, Novalis. L’asso di Rivoluzione è una ruota insanguinata, quello di Conoscenza (opera di Breton) è un buco della serratura in cui s’intravede una fiammella. Il jolly è Ubu Roi come l’aveva disegnato Jarry. Sarà il Mazzo di carte di Marsiglia.
Lo stallo persiste. Le autorità americane rifiutano a Serge anche solo un visto di transito. A fine marzo s’imbarcherà con Breton su un cargo diretto in Martinica: a bordo anche Anna Seghers e Claude Lévi-Strauss, che ricorderà il poeta «muoversi su e giù come un malinconico orso da circo nella sua giacchetta di velluto». Per gli altri è solo questione di mesi. Senza Breton la villa è triste. Ci passerà ancora Peggy Guggenheim, persa dietro Ernst ma ben attenta ai suoi quadri, che compra in abbondanza. Il 1° maggio il pittore taglia il confine spagnolo diretto negli Usa. Quattro giorni dopo, Peggy organizza tra i platani una mostra di Ernst e della Carrington, entrati ormai nella sua già ricca collezione: con i tedeschi alle porte, l’arte degenerata occupa di nuovo il parco di Villa Air-Bel.

Consegna su richiesta di Varian Fry (Sellerio, trad. di V. Parlato e R. Sferzi, pagg. 312)

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Il trailer del film Varian's war. 

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