domenica 2 giugno 2013


Arte romantica e nazismo. La mostra della discordia

Paolo Lepri

"Corriere della Sera", 1 giugno 2013

BERLINO — Alla cancelliera sembra che sia piaciuta. Il presidente francese l'ha definita «molto bella». Ma per il Museo del Louvre la mostra De l'Allemagne, 1800-1939. De Friedrich à Beckmann è in realtà un grosso problema. Ben maggiore dello sciopero dei dipendenti, proclamato qualche settimana fa, per protestare contro le bande di scippatori minorenni che si mischiano indisturbati tra la folla. I tedeschi non l'hanno mandata giù. Molti giornali, come ha fatto Die Zeit, hanno parlato di «scandalo politico-culturale», perché la storia dell'arte in Germania verrebbe interpretata, nella Hall Napoléon, come un percorso obbligato dal romanticismo al nazismo.
François Hollande e Angela Merkel hanno fatto probabilmente finta di non sapere, giovedì scorso, che questa grande iniziativa pensata nel quadro delle celebrazioni per il cinquantenario del Trattato dell'Eliseo era stata preceduta da scambi di accuse inusuali. «Cultori di stereotipi assurdi» da una parte, «francofobi» dall'altra. Anzi, le immagini li ritraggono mentre si soffermano con grande interesse davanti a molte delle oltre duecento opere esposte. In particolare, la donna più potente del mondo allunga una mano divertita, quasi toccando «L'albero dei corvi», l'inquietante quadro dipinto nel 1822 da Caspar David Friedrich. Ma nonostante gli sforzi e tanta buona volontà, la visita dei due avversari europei ha riportato d'attualità le polemiche.
Che cosa è stato rimproverato ai curatori della mostra? In sintesi, di aver presentato in modo ideologico il romanticismo, la nostalgia del classico, la ricerca di un'identità nazionale nella produzione artistica in Germania. Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung al visitatore viene fatto credere che «dopo un breve periodo di fascinazione per l'antichità, i tedeschi sono tornati nelle loro foreste per poi diventare matti nel Novecento e ritornare alla luce con il nazionalsocialismo». La sottovalutazione degli espressionisti, l'assenza del Bauhaus e quella del movimento dadaista hanno ricevuto altre critiche. È stato definito «problematico» che l'esposizione si chiuda con immagini tratte da Olympia, il film girato nel 1936 da Leni Riefensthal, la regista e fotografa vicina ad Hitler e all'estetica del regime nazista.
«Una mostra sulla Germania non significa voler dire tutto sulla Germania», ha replicato alle accuse Danièle Cohn, docente alla Sorbona e una delle curatici della mostra. «Volevamo — ha aggiunto — che il pubblico si facesse domande su un'arte che è tanto vicina ma ancora lontana da noi». In una lettera aperta a Die Zeit, il direttore uscente del Louvre, Henry Loyrette, si è detto «ferito» e «sorpreso» per le reazioni: è «totalmente infondato», ha sostenuto, che il lavoro degli esperti sia stato ispirato da una visione «sinistra» dell'arte tedesca. Ancora Danièle Cohn ha messo in rilievo che il termine fissato, il 1939, è una data importante per tutta l'Europa. Altro sarebbe stato, ha osservato, fermarsi al 1933, l'anno in cui Hitler prese il potere. L'ambasciatore tedesco a Parigi, Suzanne Wasum-Rainer, ha cercato di chiudere le ostilità dicendo che lo scandalo non ha ragione di essere ed elogiando l'impegno di chi è stato coinvolto nel progetto. Parole sagge. Perché Germania e Francia non dovrebbero litigare così spesso.

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