L’avventura di uno scrittore
tra le parole in tempesta
Enrico Franceschini
"La Repubblica", 7 luglio 2013
Cancellature. Riscritture. Aggiunte. Interi paragrafi rimossi. Parole sostituite una, due, tre volte. I mano-scritti di Joseph Conrad sono un campo di battaglia. L’ex capitano di Marina, nato in Polonia e arrivato all’inglese solo come terza lingua dopo il francese, diventato rapidamente lo scrittore più popolare del suo tempo, dopo aver dato l’addio al mare a trentasei anni d’età, è un editor severo di se stesso. “Scrivere per il piacere di scrivere è una fantasia pericolosa”, annota nella dedica in calce alla copia di Lo specchio dei mari, inviata a Henry James, augurandosi che il “caro maestro”, facendogli “l’onore della sua amicizia”, non sorrida troppo dei suoi semplici “bozzetti”. È il 1906. Ha già pubblicato i suoi capolavori. Eppure sembra dubitare delle proprie capacità, pare non prendersi totalmente sul serio. Ma è proprio così?
Le pagine fitte di scarabocchi e la dedica a James fanno parte della più grande collezione privata di mano-scritti, lettere, documenti personali e prime edizioni di Conrad, l’ultimo degli scrittori romantici e il primo dei moderni. Provengono dalla biblioteca di Stanley Seeger, un compositore, bibliofilo e appassionato d’arte americano trapiantato nel Regno Unito e scomparso nel 2011, uomo stravagante, ossessionato dall’aspirazione di possedere il meglio: nel ’93 fece notizia per la vendita di ottantotto magnifici quadri di Picasso. La sua “Joseph Conrad Collection” sarà messa all’asta da Sotheby’s a Londra a partire da mercoledì 10 luglio, in due puntate. Tanto è ricco il materiale offerto. I prezzi sono alti: migliaia di sterline per una lettera, centinaia di migliaia per un manoscritto. Il totale potrebbe superare il milione di sterline.
«A memoria d’uomo non ricordo un’altra collezione privata di questo genere tanto importante», osserva Peter Selley, direttore del dipartimento libri e manoscritti di Sotheby’s e curatore dell’asta. «Il signor Seeger, con il quale ho avuto modo di lavorare per aiutarlo a mettere insieme un tesoro simile, ha impiegato decenni a raccogliere queste carte e questi volumi. Vederli ora tutti insieme è un’emozione rara. Conrad è stato tradotto in oltre quaranta lingue e non è esagerato dire che abbia avuto un’enorme influenza sulla letteratura moderna, sugli scrittori, poeti, intellettuali e cineasti venuti dopo di lui, da Hemingway a Camus, da Garcia Marquez a Borges, da Graham Greene a Francis Ford Coppola, che com’è noto si ispirò a Cuore di tenebra per Apocalypse now. Il magistrale uso della narrazione di Conrad ha dato a Scott Fitzgerald l’idea di usare Nick Carraway come protagonista narrante del Grande Gatsby. È solo un esempio. Perché Conrad è probabilmente il più grande romanziere politico inglese e il primo ad avere affrontato temi profondamente moderni, con storie di grande complessità morale e temi quali la vanità dell’amore romantico, la cecità del pregiudizio razziale, la consapevolezza che restare fedeli a un ideale significa quasi sempre tradirne un altro».
Il pezzo più pregiato della collezione è il manoscritto autografo di Tifone, pieno di prove tangibili dell’immaginazione di Conrad all’opera: modifiche praticamente in ogni pagina testimoniano il suo sforzo di trovare le espressioni adeguate per la lotta tra l’uomo e la ferocia spietata del mare, che è al centro del romanzo. Un editing altrettanto intenso appare nel dattiloscritto di Falk, il racconto di un capitano di rimorchiatore che confessa di “avere mangiato uomini”, di essere stato un cannibale per sopravvivere: «Sono rimasto sorpreso io per primo da quanto lavoro abbia messo in questa storia», osserva l’autore in una lettera scritta anni dopo, ritrovando le sessanta pagine battute a macchina dalla moglie. Un’altra perla della collezione è la lettera inedita (che qui pubblichiamo) scritta a Elsie Hueffer, intellettuale, scrittrice e moglie di Ford Madox Ford, alla quale Conrad aveva chiesto un’opinione su Cuore di tenebra non ricevendo la risposta che si augurava: “Ciò che ammetto senza esitazione — le replica lo scrittore — è la mia colpa di avere reso Kurtz (il personaggio interpretato da Marlon Brando in Apocalypse now, ndr) troppo simbolico o meglio il simbolo assoluto della vicenda”. E poi, accanto alla lettera più riconoscente che indirizza a Violet Paget, la scrittrice conosciuta con lo pseudonimo di Vernon Lee, (qui a destra), c’è una copia di Almayer’s Folly dedicata a W. H. Cope, il suo “ultimo capitano”, dalla cui nave, la Torrens, sarebbe disceso per abbandonare la vita di mare e iniziare quella di scrittore, “dopo averle gettato un ultimo sguardo” da una banchina del porto di Londra, e a bordo della quale fece il suo “primo tentativo di scrittura”, mostrandolo a un passeggero, un giovane laureato di Cambridge, per averne un parere, che ottenne positivo ma tipicamente conciso. “Vale la di finirlo?”, domandò il primo ufficiale Conrad. “Decisamente”, rispose il primo di una serie infinita di suoi lettori.
Nato nel 1857 con il nome di Józef Teodor Naleçz Konrad Korzeniowski, a Berdicev, allora Polonia, poi parte dell’impero russo e dell’Urss, oggi Ucraina, rimasto orfano di padre (un aristocratico ribelle che gli passò la passione della letteratura) e madre a dodici anni, espatriato a diciassette per imbarcarsi sulle navi della marina mercantile, francese prima, britannica poi, sulle quali girò tutto il mondo, visse ogni tipo di avventura e costruì il bagaglio di esperienze e personaggi che avrebbe poi trasportato nei suoi libri, Conrad si imbarcò, scendendo per sempre dalla Torrens, in un’odissea letteraria ancora più lunga, misteriosa e affascinante dei viaggi che aveva fatto per mare. Nella solitudine della sua cabina, senza toccare terra per mesi, aveva imparato l’inglese, letto voracemente e cominciato a scrivere, con l’intento iniziale di seguire la tradizionale letteratura marinara, un classico dell’epoca in cui con le sue navi la Gran Bretagna aveva conquistato il più grande impero della storia: determinato a celebrare “il mare imperituro, i velieri che più non esistono e i semplici uomini coraggiosi che li conducevano”. Ma poi era diventato il pioniere della narrativa moderna, il primo a confrontarsi con i dilemmi del colonialismo, dell’imperialismo, dell’esistenzialismo. Il rapporto con Henry James, evocato dalla dedica in cui si augura che non sorrida dei suoi schizzi, rivela secondo il suo biografo Frederick Karl “non la deferenza dell’apprendista davanti al maestro, bensì il suo modo di dissociarsi dai praticanti della novella purchessia per collegarsi al più serio degli scrittori del tempo, in effetti l’unico concorrente alla sua altezza nella narrativa pre-prima guerra mondiale”. Joseph Conrad, lo scrittore sbocciato in una stiva e che scriveva nella sua terza lingua, il severo redattore di se stesso che trasformava i manoscritti in tempeste, non dubitava della propria arte. “Scrivere per il piacere di scrivere è una fantasia pericolosa”, mandava a dire a Henry James, quasi sfidandolo ad affrontare lo stesso rischio, che solo i veri grandi possono correre.
Nessun commento:
Posta un commento