Edoardo Boncinelli
"Corriere della Sera", 13 luglio 2013
Cento anni fa Niels Bohr proponeva il suo modello della struttura dell'atomo. Nel numero del 6 giugno la rivista «Nature» celebra l'evento e ospita un interessantissimo articolo di Frank Wilczek, premio Nobel del 2004, sull'enigmatica natura di una delle particelle più semplici, l'elettrone. L'articolo termina così: «Quindi, che cos'è un elettrone? Un elettrone è una particella e un'onda; è eccezionalmente semplice e tremendamente complesso; è compreso in dettaglio e terribilmente misterioso; è rigido e soggetto a una disintegrazione creativa. Nessuna delle risposte rende da sola giustizia alla realtà delle cose».
Questa è scienza, la vera scienza che io ho conosciuto e praticato, una delle più esaltanti avventure dell'animo umano. Nello stesso numero della rivista c'è anche uno studio comparativo del modo con cui articolano i primi suoni due tipi diversi di fringuelli e i nostri bambini; e sempre sullo stesso numero viene riportata una ricerca sulla crescita della crosta terrestre continentale nei primi tempi della solidificazione del nostro pianeta. Tre fulgidi esempi, questi, di scienza ai massimi livelli: eppure della scienza si parla spesso male, a volte in termini decisamente offensivi, soprattutto nel nostro paese. Perché?
Come e perché ce lo spiega con grande pazienza Gilberto Corbellini in Scienza, l'ultimo uscito della fortunata serie di volumetti editi da Bollati Boringhieri e chiamati «sanpietrini». Ovviamente l'autore è tutto dalla parte della scienza e avrebbe potuto scrivere un testo che esponesse i pregi e i difetti teorici e sociali della scienza d'oggi, ma ha preferito proporre dodici obiezioni correnti al valore e all'utilità della scienza alle quali risponde punto per punto. Tale impostazione veramente innovativa permette a Corbellini di toccare praticamente tutti gli argomenti della valutazione pubblica della scienza e di sviscerarli.
Il primo argomento per esempio è: «La scienza è fallibile e gli scienziati possono sbagliare: la scienza non spiega tutto». Questa è, in fondo, la critica principale e le riassume un po' tutte. La conclusione che spesso se ne trae è: «Se la scienza non spiega tutto, perché celebrarne i trionfi e perderci tanto tempo?» Chi trae tale conclusione conosce qualche altra funzione dello spirito umano che spiega tutto? Se la conosce, si faccia avanti e potremo così chiudere istituti di ricerca e laboratori risparmiando un sacco di soldi. (Con il verbo «spiegare» intendo ovviamente «spiegare», non raccontare storie). Il punto fondamentale è che la scienza è fallibile perché ci spiega qualcosa della realtà che ci circonda. E può sbagliare, anche se non così spesso come qualcuno immagina. Se non ci spiegasse qualcosa del mondo, non potrebbe sbagliare perché non affermerebbe niente che possa essere nemmeno smentito.
Il secondo argomento: «La scienza tradizionale è riduzionista, quindi inadeguata per spiegare la complessità». Personalmente dopo tanto tempo ancora non ho capito che cosa sia effettivamente la complessità, se non la constatazione che capire il mondo e noi stessi non è così semplice. D'altra parte, se fosse semplice, che merito ci sarebbe a indagare tutto ciò? Il mondo è complesso, certo, ma fino a oggi siamo riusciti a capire tantissime cose, spesso proprio grazie al fatto che la scienza moderna è spesso riduzionista, termine che ha l'unico difetto dell'assonanza con l'aggettivo «riduttivo». Il riduzionismo non è riduttivo e quindi impoverente, ma semmai terribilmente arricchente rispetto alla realtà quotidiana, come dimostra tutta la scienza degli ultimi cento anni.
Potrei andare avanti così, ma sarebbe inopportuno oltre che noioso; voglio solo segnalare che Corbellini fa osservazioni da maestro soprattutto alla sesta e all'ottava argomentazione, cioè: «Oggi la scienza è una forma organizzata di potere ed è manipolata dal mercato» e «La scienza e gli scienziati minacciano la democrazia, la libertà e la dignità umana». Qua rifulge la sua vasta conoscenza dell'argomento e la sua ponderata considerazione delle diverse posizioni. Un libro fondamentale direi, essenziale e deciso ma non fondamentalista, risolutivo e didattico quanto basta per informare e illuminare. O almeno così dovrebbe essere: non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.
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