Così conquisteremo il nanomondo
Massimo Inguscio
"Corriere - La Lettura", 7 luglio 2013
Gli atomi sono i mattoni con cui è costruita la materia di cui siamo fatti e che dà forma al mondo che ci circonda, dalle molecole dell'aria ai codici genetici che governano la vita. Intuire l'esistenza degli atomi e comprenderne la struttura è stata una bella avventura del sapere, e lo è ancora. Capire il moto degli elettroni intorno a un nucleo, il tutto su dimensioni nanometriche, miliardesimi di metro, significa comprendere molte leggi fondamentali che regolano l'universo.
Un passo fondamentale veniva compiuto cento anni fa dal fisico danese Niels Bohr che, con un modello rivoluzionario, assumeva che gli elettroni non seguissero le leggi del moto sino ad allora conosciute, quelle delle orbite dei pianeti intorno al Sole. Nell'atomo di Bohr non sono possibili tutte le orbite e il moto avviene per «quanti»: l'energia dell'elettrone non può cambiare a piacere, come quella di un satellite che possiamo mettere in orbita a una qualsiasi distanza dalla Terra, ma sono possibili solo alcuni valori. Anzi, con l'affermazione della meccanica quantistica, sviluppatasi in gran parte a seguito delle intuizioni di Bohr, si perde anche il concetto di orbita: l'elettrone diventa un'onda delocalizzata e si può parlare solo di una probabilità che si trovi in una certa posizione. Se il corpuscolo elettrone diventa un'onda di materia, così le impalpabili onde di luce si descrivono come una successione di speciali corpuscoli, che chiamiamo fotoni.
Strana sembra la meccanica quantistica, regolata da leggi che vanno contro il nostro intuito, influenzato dalla visione macroscopica del mondo classico. Ad esempio, se una montagnola separa due buche nella sabbia, una biglia di vetro può passare dall'una all'altra solo se le diamo una spinta sufficiente a scavalcare la montagnola. Invece nel mondo microscopico la meccanica quantistica prevede che la «pallina», diventata onda, abbia probabilità di trovarsi contemporaneamente sia nell'una che nell'altra buca: è in uno stato di sovrapposizione, come se un «tunnel» permettesse il passaggio istantaneo da una parte all'altra. Sono leggi astratte per un mondo microscopico, che da studenti quasi imparavamo ad «accettare», poiché con quel nuovo formalismo si riusciva comunque a prevedere il comportamento di «oggetti» macroscopici. Il laser che, insieme al transistor, ha rivoluzionato la tecnologia del secolo scorso, deriva proprio dall'aver capito come i fotoni emessi o assorbiti dalla materia siano legati ai salti di energia nel mondo microscopico: l'atomo «quantistico» di Bohr, pur invisibile e un po' astratto, ha consentito di capire il visibile.
Oggi, cento anni dopo, riusciamo a vedere i singoli fotoni e a osservare direttamente l'atomo con cui hanno interagito: l'invisibile è diventato visibile. Ma la realtà resa visibile è quella stessa che era invisibile? La realtà quantistica è in uno stato di sovrapposizione che viene distrutto dalla misura: se proviamo a vederla, troviamo la pallina come se fosse precipitata in una soltanto delle due buche. Questa «distruzione» dello stato quantistico ha avuto conseguenze di tipo pratico, rallentando lo sviluppo di una totalmente nuova tecnologia quantistica per questo secolo. Il calcolatore elettronico ad esempio: nei nostri pc immagazziniamo informazione in bit di memoria, due possibili stati — zero o uno — assunti da minuscoli aghetti magnetici, un po' come gli stati della pallina nelle due buche.
Si era partiti, in Italia alla fine degli anni Cinquanta su suggerimento di Enrico Fermi, con valvole e calcolatori che occupavano stanze intere. Dalle valvole ai transistor un impressionante aumento della potenza di calcolo ha accompagnato l'inesorabile riduzione delle dimensioni dei circuiti integrati. Siamo ora alle dimensioni di pochi atomi per transistor e presto si dovranno fare i conti con le leggi della meccanica quantistica che regolano il nanomondo. Meglio, si potranno fare i conti con la meccanica quantistica. Sulla sovrapposizione si realizzano primi embrioni di nuove unità di calcolo, non più bit ma «quantum» bit. Se a Roma si usano fotoni, al Lens di Firenze si usano singoli atomi, mattoni per la realizzazione di calcolatori quantistici, che si confronterebbero con quelli odierni come questi si confrontano con gli antichi abachi. Il sogno sembra più vicino da quando si riesce a evitare che la misura, distruggendo la «sovrapposizione» di stati, demolisca la realtà quantistica e impedisca di sfruttarne le fantastiche potenzialità. Pioniere dell'osservazione e della manipolazione di singole particelle nel vivo della loro realtà quantistica — e non post mortem — è stato il francese Serge Haroche (Nobel 2012 con David Wineland), che sarà a Roma per una conferenza martedì 9 luglio.
Altra stranezza del mondo quantistico è l'entanglement («intreccio» in italiano): due atomi, anche lontanissimi, possono essere così legati tra di loro che una misura fatta su uno dei due può definire istantaneamente lo stato dell'altro. Una sorta di azione a distanza che viene impiegata con fotoni per comunicare informazione in modo estremamente sicuro (la cosiddetta crittografia quantistica) o per «teletrasportare» lo stato di una particella su un'altra.
L'atomo di Bohr, cento anni fa solo un modello, ora si vede e si manipola: forse un giorno i nostri nipoti, familiarizzando col nanomondo, potranno giocarci e certo i futuri studenti lo accetteranno più consapevoli. Le rivoluzioni scientifiche, dapprima controintuitive, diventano poi mezzi quasi ovvi della vita quotidiana. Ai primi del secolo scorso, dalle ricerche di Marconi, poi presidente del Cnr, nasceva il telegrafo senza fili e il poeta siciliano Nino Martoglio si domandava: «Piove... come è che la parola del messaggio arriva bella e asciutta come un osso?».
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