domenica 2 novembre 2014

Il mondo nella rete “Da Seul a New York tre miliardi di persone connesse a Internet”


È una delle innovazioni con il più alto tasso di crescita: 
vent’anni fa solo l’1% della popolazione era online, oggi è il 40%
Al top Corea del Sud e Canada dove navigano nove abitanti su dieci

Riccardo Luna

"La Repubblica", 1 novembre 2014

SIAMO tre miliardi. Tre miliardi di persone connesse a Internet.
Il record è stato toccato in qualche istante ieri. Ed è un record pesante. Se si pensa che il primo miliardo è stato raggiunto nel 2005, il secondo nel 2010. E adesso siamo tre. Tanti? Pochi in fondo. Appena il 40 per cento degli abitanti della Terra ma è un dato che nasconde differenze sostanziali: nove su dieci in Corea del Sud e in Canada, seguono Stati Uniti e Regno Unito mentre in Africa le percentuali sono infinitamente più basse se si fa eccezione per il Sud Africa (46 per cento) e la Nigeria (37). Ma sono tanti, se si considera che solo vent’anni fa meno dell’1 per cento della popolazione mondiale era in rete. Internet si sta rivelando una delle innovazioni tecnologiche con un tasso di diffusione più rapido della storia: più dell’automobile e del telefono, la crescita ha un andamento simile a quello che ebbe la radio.
Eppure quando è nato nessuno o quasi se ne è accorto. Anche perché non c’è stato un vero momento eureka , un attimo in cui il mondo è rimasto con il fiato sospeso e poi ha esultato. Anche perché non c’è stato nessun attimo: si può anzi dire che l’invenzione di Internet è iniziata negli anni ‘60 e dura ancora oggi con una task force mondiale di ingegneri informatici che ragiona su come sviluppare una rete che ha tre miliardi di umani ma alcuni triliardi di oggetti connessi. Internet insomma non è stato come mandare il primo uomo sulla luna. È stato l’esperimento finanziato con soldi pubblici del governo americano ma nei fatti clandestino, perché condotto nel disinteresse dell’opinione pubblica, di un gruppo di pionieri che sognava un mondo connesso. Ma rileggendo i documenti dell’epoca appare chiaro che nemmeno loro avevano idea di quello che davvero stavano facendo. Ha scritto per esempio uno dei padri della rete, Vint Cerf, in occasione di uno dei tanti compleanni (non essendoci un vero momento di nascita, il compleanno di Internet viene festeggiato praticamente ogni anno): «Non ci fu nessun festeggiamento, non c’era nemmeno un fotografo. L’unica cosa che ricordo era la spilletta che indossavamo con la scritta Sono sopravvissuto al trasferimento della rete ».
E lo stesso è accaduto una decina di anni dopo, con la nascita del world wide web che è stato il vero motore della diffusione, a quel punto sì, rapidissima della rete. In questo caso la scena si sposta in Europa al Cern di Ginevra, ai tempi guidato dal Nobel Carlo Rubbia, ma non si deve a lui l’intuizione di un linguaggio che rendesse Internet comprensibile e usabile a tutti. Si deve a uno studente di fisica inglese che era lì per fare altro e che si mise a lavorare ad uno strumento che consentisse alle persone di collaborare attraverso Internet, per condividere lavori e conoscenza. Si chiamava Tim Berners Lee e assieme all’informatico belga Robert Caillau ha fatto una delle cose più rilevanti per la storia della innovazione quasi senza accorgersene: «Non avevamo capito la portata di quello che avevamo creato». In verità all’inizio non lo aveva capito quasi nessuno: persino Bill Gates, il fondatore di Microsoft, nel suo curriculum ha anche una profezia totalmente sballata su quello che sarebbe stato l’impatto della rete. Questo per dire che era difficile immaginare quel che sarebbe accaduto perché in fondo tutti si sono fatti ingannare dall’apparenza, ovvero il fatto che Internet sia (soltanto) una rete di computer, di cavi sotterranei, di dati che viaggiano alla velocità della luce. Ma Internet è soprattutto una rete di persone che in questo modo hanno trovato una strada diversa per informarsi, apprendere, condividere, partecipare, creare, inventare, consumare e persino curarsi. E per questo ha cambiato e sta cambiando così profondamente la società in cui viviamo. Certo, un lato oscuro esiste e non è soltanto il fatto di non essere connessi come disse una volta il profeta digitale Nicholas Negroponte: è l’uso spregiudicato che alcuni governi e molte agenzie pubblicitarie fanno dei nostri dati personali. Ma in definitiva resta valido quello che una grande neuroscienziata, Rita Levi Montalcini, disse nel 2009 quando compì 100 anni: «La più grande invenzione del ‘900? E me lo chiede? Internet!».

Nessun commento:

Posta un commento