lunedì 8 dicembre 2014

Fisica teorica. Sembra folle? Ma è la realtà


La teoria dell'inflazione eterna dell'universo dice che lo spazio è infinito, 
popolato da una infinità di galassie e che il Big Bang non è stato l'inizio di tutto

Umberto Bottazzini

"Il Sole 24 Ore", 7 dicembre 2014

Che cosa è la realtà? si chiede Max Tegmark in apertura di questo libro. È uno dei grandi interrogativi che si sono posti pensatori di ogni epoca, e lo spettro delle risposte è quanto mai ampio e affascinante. Tegmark non sta a discuterle, si limita ad una sommaria lista. È un fisico teorico che, dopo un periodo trascorso al Max-Planck-Institut di Monaco e all'Institute for Advanced Study di Princeton, dal 2004 insegna al Mit, e la sua è la risposta di un fisico: «la fisica moderna ha chiarito fin troppo bene che la natura fondamentale della realtà non è quella che sembra». Da qui discende un grappolo di domande sempre più impegnative: se la realtà non è quella che credevamo, cos'è allora? Quali i costituenti ultimi di ogni cosa? Come funziona il tutto e perché? Quale ne è il senso, ammesso che ve ne sia uno? Prima di rispondere, Tegmark ci anticipa la sua convinzione, che non esita a definire «a prima vista folle» e cioè che «il mondo fisico non sia solamente descritto dalla matematica, ma che sia matematica». Insomma, «un gigantesco oggetto matematico di cui noi siamo elementi consapevoli». E per motivare questa convinzione, che porta ad ipotizzare una nuova famiglia di universi paralleli al nostro, ci invita a seguirlo in un lungo percorso intellettuale che coniuga i tratti dell'autobiografia con la storia delle recenti conquiste della cosmologia e l'astrofisica in pagine di agevole lettura e grande fascino. «Mi ritengo molto fortunato a poter passare gran parte del mio tempo a riflettere su domande interessanti», dice Tegmark del suo lavoro. 
Domande come quella che gli ha posto un compagno di asilo di suo figlio: Lo spazio non finisce mai? «Questo ragazzino di cinque anni – confessa Tegmark – mi ha chiesto qualcosa cui non so rispondere!». E in verità, egli continua, nessuno conosce la risposta. È una domanda che a sua volta ne genera numerose altre, attorno alle quali gravita tutta la prima parte del libro. Per cominciare: quanto è grande lo spazio? Nel corso del tempo l'espansione del nostro orizzonte conoscitivo è cresciuta in maniera spettacolare: oggi sappiamo che lo spazio è almeno un miliardo di trilioni (ossia 1021) volte più grande di quello che immaginavano i cacciatori-raccoglitori della preistoria. Nel 1925 l'astronomo americano Edwin Hubble in una conferenza lasciò il pubblico a bocca aperta con l'affermazione che la galassia di Andromeda distava circa un milione di anni luce: ma come nel passato Aristarco e Copernico anch'egli si sbagliava per difetto, e in seguito altri astronomi hanno espanso i nostri orizzonti fino a miliardi di anni luce e oltre. Dal punto di vista matematico, la geometria di Euclide consente di descrivere rigorosamente uno spazio infinito. Ma, dopo la scoperta di geometrie non euclidee, per sapere in quale spazio viviamo la pura logica non basta. «Una delle idee più belle della teoria einsteiniana della gravitazione – sostiene Tegmark – è che la geometria non è solo matematica: è anche fisica». Infatti, le equazioni di Einstein spiegano la gravità come "una manifestazione della geometria". Nella teoria di Einstein lo spazio può essere finito in quanto curvo: in uno spazio del genere, dice Tegmark, «procedendo con una certa velocità e per un tempo sufficiente, finireste per tornare a casa dalla direzione opposta a quella di partenza». Lo stesso Einstein si rese conto che un universo infinito, statico e con una distribuzione uniforme di massa non obbediva alle sue equazioni della gravità e, con quello che definì il suo più grande errore, vi aggiunse un termine supplementare per fare in modo che l'universo fosse statico ed eterno (e invece oggi invece sembra necessario per descrivere l'energia oscura.
Fu il fisico russo Alexander Friedman nel 1922 a rendersi conto che la gran parte delle soluzioni delle equazioni di Einstein non erano statiche, e che la situazione più naturale era quella di un universo in espansione o in contrazione: Friedmann mostrò che per un universo in espansione c'era un istante in cui tutto era concentrato in un punto di densità infinita: «era nato il Big Bang» dice Tegmark ma, per ironia, la risposta della comunità dei cosmologi fu «un silenzio assordante». Lo stesso che accolse cinque anni dopo il lavoro di Georges Lemaître che riottenne i risultati di Friedmann. Dalla teoria del Big Bang di Gamow del 1946, alla scoperta della radiazione cosmica di fondo da parte di Arno Penzias e Robert Wilson, ai più recenti risultati sperimentali collegati ad essa, Tegmark ripercorre le tappe che hanno portato la frontiera delle nostre conoscenze all'indietro nel tempo da 13,8 miliardi (l'età dell'Universo) fino a circa 400.000 anni dopo il Big Bang. Restano numerosi misteri, dei quali forse il più clamoroso da spiegare è che la materia conosciuta dell'Universo occupa solo il 4% e la restante si divide tra energia oscura (il 70%) e materia oscura. "Oscura" nel senso che non si sa cosa sia. Un altro mistero è legato alla teoria del Big Bang: misure estremamente precise dicono che lo spazio è piatto, ma nel modello di Friedmann si tratta di una situazione estremamente instabile e appare misterioso come abbia potuto l'Universo durare così a lungo senza incurvarsi verso un Big Crunch (un Big Bang al contrario) o espandersi verso un Grande Freddo. Una risposta è venuta dalla teoria dell'inflazione eterna, secondo cui il Big Bang non è stato l'inizio di tutto, ma solo «la fine dell'inflazione nella nostra parte di spazio». La teoria dell'inflazione eterna risponde anche alla domanda del bambino: lo spazio è infinito, popolato da un'infinità di galassie e «si è sviluppato a partire da condizioni iniziali generate a caso dalle fluttuazioni quantistiche». Da questo punto si entra nel «regno del controverso», ammette Tegmark, quello dei multiversi paralleli, frutto della previsione di una teoria come quella dell'inflazione. Avventurarsi in quegli universi significa esplorare multiversi in una gerarchia di livelli di crescente diversità: il livello I (le regioni di spazio distanti e non osservabili), il livello II (le regioni post-inflazionarie), il livello III («altrove nello spazio di Hilbert quantistico») e infine il livello IV, un multiverso in cui «tutte le strutture che esistono in senso matematico esistono anche in senso fisico». E quest'ultima è la convinzione profonda di Tegmark, e in 300 pagine prova a convincerci che non è "folle" come sembra a prima vista.


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