sabato 25 maggio 2013

Così vicini così lontani. Il flusso delle idee in giro per il mondo


I modelli culturali si muovono a velocità sempre più accelerata
Producono sia l’omologazione, sia gli ostacoli ad essa
La riflessione di un grande antropologo

Arjun Appadurai

"La Repubblica",  24 maggio 2013

Viviamo in un mondo in cui siamo al tempo stesso troppo vicini e troppo lontani gli uni dagli altri. Siamo troppo vicini perché le forze della globalizzazione, della guerra, della spartizione e dei media producono quegli “effetti-farfalla” grazie ai quali anche le cose più lontane ce le ritroviamo ogni giorno davanti agli occhi e davanti alla porta di casa. Al tempo stesso siamo anche troppo lontani gli uni dagli altri, perché in gran parte delle regioni urbane, delle regioni di confine e dei luoghi di passaggio del mondo odierno abbiamo perso il senso della familiarità sociale.
Oggigiorno gli oggetti culturali (che comprendono le immagini, i linguaggi, i valori, ma anche le acconciature), viaggiano sempre più rapidamente, superando i confini fra nazioni e fra regioni. Quest’accelerazione è conseguenza della velocità e della diffusione di internet e della concomitante espansione dei viaggi, dei media interculturali e della pubblicità globale. Ora che i grandi gruppi industriali globali possono esternalizzare vari aspetti delle loro attività, dalla manifattura e dalla distribuzione fino alla pubblicità e alla finanza, la potenza del capitale globale viene moltiplicata da un’opportunistica commistione di idiomi culturali, simboli, gruppi di lavoro e atteggiamenti verso il profitto e verso il rischio. Infine, a questo traffico di merci, stili e informazioni, così instabile e in esplosivo aumento, si abbina la crescita di forme globalizzate di politica culturale.
Per giunta, la complessità dei flussi culturali globali ha avuto effetti profondi sulla produzione di località (Appadurai 1996) e di soggettività locale (Das 2007). Questi flussi e queste reti non si manifestano più soltanto nella rapida diffusione e adozione di elementi culturali provenienti da mondi culturali “altri”, che in passato erano più o meno separati. Oggi sconvolgono addirittura i vecchi modelli di acculturazione, di contatto culturale e di commistione culturale, in quanto forniscono anche nuovi materiali per costruire soggettività. Per esempio, il traffico di immagini di sofferenza globale crea nuove comunità affettive tenute insieme da un’empatia, un’immedesimazione e una rabbia che superano grandi distanze culturali. Lo dimostra la vicenda del velo islamico in Europa: questo accessorio di abbigliamento, in se stesso assai differenziato a seconda delle varie regioni del mondo islamico, è divenuto un terreno di scontro per la scuola pubblica, la moda e le autorità dello Stato in paesi che in passato, come la Francia, non avevano proprio niente contro certi simboli esteriori di identità religiosa.
In breve, i flussi culturali globali hanno perso le caratteristiche selettive e ingombranti che hanno conservato tanto a lungo nella storia del genere umano, durante la quale molte società hanno trovato vari modi per accogliere sistemi di senso esterni entro le proprie cornici cosmologiche, e ciò facendo hanno prodotto cambiamenti per incidente dialettico e per accomodamento strutturale (Sahlins 1985). Oggi questi flussi culturali globali, siano essi religiosi, politici o di mercato, sono addirittura entrati nella produzione di soggettività locali, cambiando così sia i macchinari per la fabbricazione di senso locale, sia i materiali lavorati da quei macchinari.
Analogamente, questo periodo è caratterizzato dal flusso non soltanto di sostanze culturali, ma anche di forme culturali, quali il romanzo, il balletto, le costituzioni in senso politico e il divorzio. Il flusso di queste forme ha influenzato grandi processi storici mondiali come il nazionalismo (Anderson 1993), ma oggi che intere discipline, tecniche e modi di pensare si spostano e subiscono trasformazioni, esso influenza anche la natura stessa della conoscenza. Alcuni esempi dei flussi globali di queste forme di conoscenza sono la diffusione dei giochi online in Cina o l’espansione del day-trading di prodotti finanziari nelle economie emergenti. Ciò che qui importa è il rapporto fra forme di circolazione e circolazione delle forme. Così, forme quali il romanzo, il film e il giornale cartaceo possono fluire lungo circuiti ormai consolidati perché prodotti da circuiti preesistenti, come la religione, le migrazioni e il commercio. Invece altre forme culturali, quali il balletto, l’animazione, la fotografia di moda e l’attivismo politico di base danno vita a forme e circuiti circolatori nuovi, che prima non esistevano. Nel XXI secolo assistiamo quindi a nuove tensioni fra le forme culturali effettivamente in circolazione e i circuiti o reti emergenti – in parte culturalmente determinati – che plasmano e governano i molteplici circuiti di circolazione.
Questa duplice struttura dei flussi culturali globali crea anche dei “dossi”, cioè degli ostacoli. Ad esempio, in Cina lo Stato fa di tutto per ostacolare la diffusione di internet, rivendicando il diritto di regolamentare l’informazione e di far rispettare una certa morale sociale; allo stesso modo il movimento Falun Gong utilizza tecniche di protesta e di comunicazione per contestare la legittimità dello Stato. E ancora: chi si oppone alla demolizione delle bidonville si avvale appieno della forza di alleati e circuiti globali per ostacolare lo sgombero degli abitanti delle bidonville da parte di amministrazioni locali e municipali. Infine, i paladini dei diritti delle donne conducono quotidianamente la loro battaglia contro chi utilizza circuiti culturali globali per sostenere e legittimare vedute opposte in nome del valore noto come differenza culturale (Keck e Sikkink 1998).
Insomma, gli odierni flussi culturali globali sono caratterizzati da una curiosa contraddizione interna: creano essi stessi alcuni degli ostacoli che intralciano la loro completa libertà di movimento, e così facendo sono essi stessi a regolare la facilità con cui varcano i confini culturali. In una prospettiva storica di lungo periodo, e tenendo conto che nella storia umana vi sono sempre stati flussi, scambi e commistioni che varcano le frontiere culturali, nell’era della globalizzazione la novità più interessante è che la stessa dinamica produce sia i flussi culturali, sia gli ostacoli – i dossi e le cunette – che ne minacciano la libertà di movimento. Questa constatazione di fatto non mancherà di rassicurare quanti temono che questi flussi globali possano dar luogo a un regime culturale unico e omogeneo che finirebbe per ricoprire l’intera superficie del pianeta.
Traduzione di Marina Astrologo

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