domenica 26 maggio 2013

La professoressa vuol essere giraffa


Nell'ex Germania Est la fede nella ragione genera folli desideri darwiniani

Cinzia Fiori

"Corriere - La Lettura",  26 maggio 2013

Rischiare la caricatura perché un personaggio estremo possa dire la sua verità e centrare in primo luogo l'obiettivo di una voce riconoscibile, che resta con il lettore anche quando ha terminato il libro. La voce sarcastica e scorretta appartiene a Inge Lohmark, professoressa di biologia in un liceo dell'ex Germania Est. Da sempre convinta che la selezione naturale sia l'unica legge del mondo, non incoraggia gli studenti meno portati né si preoccupa dei più emotivamente deboli. Ciò che insegna è per lei scuola di vita, e se quella fuori dalle finestre è dura, Lohmark prepara i suoi allievi con verifiche a sorpresa, come sorprendenti sono gli eventi che si abbattono in successione sull'esistenza. Incurante di «parassiti» e «perdenti» in aula, nonché dei mutamenti socioculturali fuori, da trent'anni procede con le lezioni. Intorno, la cittadina si spopola, malerbe e arbusti fagocitano quel che rimane dell'edilizia socialista e il liceo Darwin, dove insegna, è in via d'estinzione causa denatalità. Lo splendore casuale delle meduse di Judith Schalansky, tedesca alla seconda prova, avanza al seguito del monologo interiore della protagonista, intervallato dalle voci di studenti e colleghi, puntualmente commentate con ironia. Lohmark è caustica, giudica tutto e tutti, è una fustigatrice di costumi, ma il suo sguardo sugli adolescenti e su ciò che accade o la circonda è divertente perché, per quanto spietato, contiene elementi di verità. Ogni evento, nel suo mondo psichico, ha un paragone e una risposta nella natura, e questa maniera di rappresentarsi la vita è il tratto peculiare del romanzo. L'uomo è un animale imperfetto e problematico, un episodio a base di proteine che come molti altri finirà. Sarebbe bello secondo Lohmark avere i cloroplasti e sintetizzare da sé le energie per vivere; meglio ancora essere una giraffa, con la testa, e tutti i problemi che dà, a due metri dal cuore. Lei stessa, a ben guardare, pensa molto. Non è stupida Lohmark, ha fede nella ragione, e se da simili convinzioni discendono i guai della sua vita, conduce comunque il lettore a una riflessione su se stesso come membro della specie umana. Così come il suo disprezzo per la docente d'arte (troppo accondiscendente) impone, per estremi, una meditazione più che mai attuale sulla trasmissione del sapere e sul ruolo dell' insegnante. Schalansky usa una prosa ossessionata dai punti, che sostituiscono le virgole nell'elencazione. L'effetto telegramma è in agguato, ma ottiene frasi icastiche a comporre uno stile che ben s'adatta alla protagonista e alla sua fabbricazione di certezze. Anche quando qualcosa dentro di lei s'incrinerà, e le emozioni che suo malgrado accompagnano i pensieri cominceranno a prenderla di sorpresa.

Schalansky, gli studenti vampiri nel socialismo imperfetto

LUIGI FORTE

"TUTTOLIBRI", 23 maggio 2013 

Non manca di suggestioni il romanzo di Judith Schalansky, Lo splendore casuale delle meduse, tradotto ottimamente da Flavia Panzanella per Nottetempo. Sembra di aggirarsi per un museo di storia naturale, fra specie estinte, il dodo e l’alca impenne, o di vivere in una favola sulle origini del mondo ricoperto da foreste vergini piene di felci, licopodi altissimi e libellule giganti. A coinvolgere il lettore nell’avventura della filogenesi ci pensa la protagonista Inge Lohmark, insegnante di biologia nel liceo di una cittadina della Pomerania. Lei osserva e interpreta la realtà con gli occhi della scienza e i suoi dodici studenti fanno fatica a seguirla. Non cerca consenso né simpatia; anzi, è severa, scontrosa, indifferente. Agli alunni dà del lei e li considera sanguisughe che si nutrono del corpo dell’insegnante e del suo sapere, una razza affetta da puro vampirismo. Come seguace della teoria evoluzionistica di Darwin crede fermamente al meccanismo della selezione naturale e ritiene inutile incoraggiare i più lenti e i più deboli. 
Dietro le sue ferree convinzioni e la freddezza verso allievi e colleghi si cela una solitudine profonda incapace di infrangere i propri silenzi. Ma il libro va oltre e scava in un ampio disagio sociale nel mondo dei giovani e in quella lontana, spopolata provincia dell’ex Rdt, da dove proviene la stessa Schalansky nata a Greifswald sul Mar Baltico nel 1980. 
La storia di Inge Lohmark è il capovolgimento, la parodia di ogni romanzo di formazione: non c’è futuro in quella scuola destinata a chiudere per mancanza di allievi, non c’è ripresa e sviluppo in quel paese un po’ irreale dove la vegetazione selvatica s’insedia in vecchi edifici abbandonati, in crepe e interstizi minacciando di ricoprire ogni cosa. E’ una metafora che vale anche per Inge il cui cuore si è inaridito dentro la corazza della scienza. Anche la famiglia le è ormai estranea. Wolfgang, il marito, pensa solo al suo allevamento di struzzi; con la figlia Claudia, da anni in America, non ha di fatto più rapporti. 
«Tutto è imperfetto – confessa la docente – ma non senza speranza». Infatti qualcosa in lei riprende a vivere, si muove in profondità e la induce a cercare l’attenzione, la vicinanza della sua allieva Erika. Su di lei trasferisce forse la nostalgia, il rapporto mancato con la propria figlia. Eppure non ha il coraggio di guardare in se stessa, di oltrepassa- re la soglia del desiderio, di accettare quella tensione che riconosce in natura. Stanca di adattarsi alle circostanze, di allungare il collo come le giraffe nel corso dei millenni per raggiungere i frutti sui rami più alti. 
Con una scrittura dinamica, incalzante, arricchita da splendidi disegni di animali e vegetali, Judith Schalansky, affrancata da schemi ideologici, riflette sulle contraddizioni di un mondo alla ricerca di senso e prospettive, sulla problematica riunificazione del proprio paese, sui limiti di un sapere chiuso in se stesso. Oltre il quale Inge Lohmark sembra spingersi per un attimo, alla fine, osservando la natura con la felicità delle immagini negli occhi e forse la libertà nel cuore.

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