sabato 18 maggio 2013

Francia, la crociata di Hollande “Rilanciamo gli studi umanistici”



Un progetto del governo per riscattare facoltà universitarie considerate 
“fabbriche di disoccupati”

Giampiero Martinotti

"La Repubblica", 16 maggio 2013



PARIGI — Rilanciare le scienze umane e sociali, ridare smalto a una serie di insegnamenti troppo spesso considerati come una fabbrica di disoccupati: è il progetto che dovrebbe annunciare oggi il ministro per l’Università e la ricerca, Geneviève Fioraso. Secondo Le Monde, il governo dovrebbe presentare un piano di sostegno globale, i cui contorni restano ancora da definire.
I problemi da risolvere sono di due tipi. Il primo riguarda il rapporto tra formazione e disoccupazione: troppo spesso, i laureati sfornati dalle facoltà umanistiche finiscono per non trovare un lavoro all’altezza dei loro diplomi. Esiste insomma una sfasatura tra la preparazione e lo sbocco professionale: chi studia storia, per esempio, viene automaticamente indirizzato all’insegnamento, una professione che viene poi scelta da appena l’11 per cento dei laureati. La stessa cosa vale per chi sceglie lettere o storia dell’arte. Non molto diversa la situazione degli psicologi: riescono a trovare un lavoro, ma solo il 10 per cento di loro diventa uno psicologo professionista. In generale, i contratti precari restano troppo alti e gli impieghi sono spesso di livello inferiore al diploma o alla laurea. Si tratta dunque di rivedere la formazione degli studenti per cercare di adattarla alla situazione del mercato del lavoro.
L’altro problema riguarda l’insegnamento delle discipline rare, come certe lingue, ma anche l’urbanismo o l’antropologia. In certi casi, ci sono pochi insegnanti rispetto agli studenti, mentre in altri casi c’è il problema opposto, cioè scarsità di allievi. Secondo il ministero, una disciplina ha bisogno di almeno 400 ricercatori per sopravvivere. Una dozzina sono già state recensite come in pericolo: dalla teologia a certe lingue. Tra le più vulnerabili, ovviamente, quelle morte, come il greco e il latino, che attirano un numero sempre più basso di studenti. Ma anche le lingue germaniche, slave e orientali sono in difficoltà in molte università. E il contesto mondiale influenza moltissimo le scelte dei giovani: lo studio del coreano è in piena ascensione, ma ciò si fa a scapito di altre lingue, come il vietnamita.
Per riuscire a mantenere delle cattedre, alcune università non molto lontane geograficamente hanno sperimentato una messa in comune delle strutture. Il dicastero sta preparando una cartografia delle discipline rare per aiutare le facoltà a raggrupparsi, ma anche per creare un fondo che aiuti finanziariamente l’insegnamento di quelle materie per cui ci sono pochi studenti.
È un progetto che chiederà molto tempo. La scelta dell’università, infatti, arriva spesso prima dell’ingresso effettivo in facoltà: la scelta del liceo è infatti determinante per i ragazzi. E oggigiorno la massa preferisce il ramo scientifico e quello socioeconomico piuttosto che quello letterario-umanistico. Quest’ultimo continua ad avere la reputazione di essere una fabbrica di disoccupati e soprattutto sembra destinare i giovani a un solo mestiere: l’insegnamento. Una professione che suscita sempre minori vocazioni, come dimostrano i concorsi di abilitazione: spesso, i candidati sono meno dei posti offerti. E’ uno dei tanti sintomi della crisi della scuola, comune a tanti paesi europei: l’assenza di sbocchi professionali crea squilibri che si prolungano per anni. Anche per questo il governo giudica urgente ricreare un legame forte fra gli studi umanistici e la formazione professionale.

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