sabato 16 febbraio 2013

Fenoglio. La mia questione privata


Cinquant’anni fa moriva lo scrittore. 
Parla Benedetta Ferrero, la Fulvia raffigurata nel più struggente fra i suoi romanzi 

MASSIMO NOVELLI

"La Repubblica", 15 febbraio 2013 



 «Lo scrittore Beppe Fenoglio è morto nella notte fra domenica e lunedì, all’età di 41 anni, sull’ambulanza che lo trasferiva dalle Molinette di Torino nella sua casa di Alba. Era stato ricoverato in ospedale l’11 febbraio per un grave male, e le sue condizioni erano andate via via peggiorando. È spirato con coraggio, lucido, sereno. Lascia la moglie e una bimba di due anni». Era un martedì, il 19 febbraio del 1963, cinquant’anni fa.
La Stampa diede la notizia in terza pagina, in basso, seguita da un breve profilo letterario siglato fr. ant., cioè Franco Antonicelli. Poco tempo dopo, alla fine di aprile, la casa editrice Garzanti pubblicò i racconti di Un giorno di fuoco e soprattutto Una questione privata.
La protagonista del romanzo, una storia struggente di amore e di morte ambientata nelle Langhe durante la Resistenza, si chiamava Fulvia. Ma nella città di Alba, quando il libro uscì e venne letto, chi aveva conosciuto bene Fenoglio non ebbe dubbi su chi fosse davvero quella Fulvia: si trattava di Benedetta Ferrero, da tutti chiamata Mimma, che dopo la guerra si era sposata ed era andata a vivere a Roma con il marito, morto nel 1968.
Oggi Mimma è una signora che non nasconde, ridendo, la sua età: «Sono nata nel 1927, mentre Fenoglio era del 1922». Vive ancora a Roma e non ha mai dimenticato l’amicizia di gioventù con quel vecchio ragazzo introverso e solitario, che si era innamorato perdutamente di lei tanto da farne una sorta di mito, la figura femminile certamente più memorabile e seducente dei suoi libri. Una figura centrale in Una questione privata, ma presente anche, proprio con il nome di Mimma, nella prima stesura de Il partigiano Johnny.
Dopo la morte dello scrittore, per diversi anni Mimma Ferrero, o se si vuole Fulvia, parlò del suo rapporto con Fenoglio soltanto con il marito, con le figlie e con il cognato Giuseppe Petronio, il grande critico e storico della letteratura che aveva sposato una sua sorella. Anche in seguito, le sue testimonianze sono state pochissime.
Una delle donne più disperatamente amate nella letteratura italiana, almeno nel Novecento, vuole precisare subito la natura del rapporto avuto con Fenoglio: «Era un’amicizia, solo un’amicizia e non un amore, da parte mia. Ci siamo incontrati nel periodo della guerra, io avevo quindici anni. Alba era una piccola città, d’altronde, e ci si conosceva un po’ tutti. Beppe mi corteggiava, anche se non era l’unico a farlo. Mi piaceva passeggiare e chiacchierare con lui; mi piaceva sentirlo parlare, aveva una grande cultura. Ma non mi sentivo attratta fisicamente da lui, glielo dicevo sempre».
In Una questione privata, sotto le spoglie davvero non mentite del partigiano Milton, Fenoglio si descrive in questo modo: «Milton era un brutto: alto, scarno, curvo di spalle. Aveva la pelle spessa e pallidissima, ma capace di infoscarsi al minimo cambiamento di luce o di umore ». Fulvia, invece, era «bella, molto bella». E «la bellezza di Fulvia l’aveva sempre, più che altro, addolorato». Dice Mimma: «Sono tanti anni che non rileggo Una questione privata: ce l’ho in biblioteca, così come ho conservato il disco di Over the Rainbow, la canzone lanciata da Judy Garland nel film (del 1939) Il mago di Oz». Nel libro Milton, che è ritornato da partigiano nella villa sulla collina di Alba, teatro dei pomeriggi trascorsi con Fulvia, a un certo punto ricorda: «Ora il cuore gli batteva, le labbra gli si erano di colpo inaridite. Sentiva filtrare attraverso la porta la musica di Over the Rainbow.
Quel disco era stato il suo primo regalo a Fulvia. Dopo l’acquisto era stato tre giorni senza fumare». Mimma ride di nuovo, poi racconta: «Bisogna dire che Beppe era molto furbo. È vero che mi regalò Over the Rainbow, però all’inizio l’aveva portato da me, nella villa sopra Alba, a Boschi, perché era lui che voleva ascoltarlo dato che non aveva un fonografo».
Fenoglio le aveva regalato altre cose: libri, poesie scritte per lei, traduzioni di sonetti di William Shakespeare; e le aveva inviato molte lettere. «Sì: mi mandava tante lettere, bellissime. Mi scrisse anche quando dovette andare a fare il militare, al corso per gli allievi ufficiali, e lo mandarono a Ceva e quindi a Roma. Ma le lettere non le ho più. Un giorno Beppe mi disse: «Se è vero che non t’importa nulla di me, allora ridammi le lettere e giurami di non ricopiarle ». Gli risposi: «Ti assicuro che non le copierò». Le presi e le diedi a don Natale Bussi, insegnate nel nostro liceo classico Govone e molto amico di Beppe. Onestamente non le ho copiate e non mi sono pentita di non averlo fatto, visto che non avevo nessuna intenzione di essere nominata nella sua biografia ». E le poesie, le traduzioni? Qualcuno pensa che lei le abbia strappate all’epoca del suo matrimonio. È così? «Ma non mi sembra, non credo», risponde Mimma. «Può essere che qualcuna sia rimasta tra i libri che avevo ad Alba, prima di sposarmi e di trasferirmi a Roma».
Per i lettori di Fenoglio, per chi ama in particolare le pagine di Una questione privata, c’è un altro mistero che Mimma (o Fulvia) può risolvere: chi era Giorgio Clerici? Nel romanzo è il partigiano catturato dai fascisti che Milton vorrebbe scambiare con un prigioniero della Repubblica di Salò, spinto dall’ossessione di sapere se il giovane, il suo più grande amico, abbia avuto una relazione con Fulvia. Risponde Mimma: «Sinceramente non lo so. C’erano tanti Giorgio Clerici, d’altronde: avevo tanti corteggiatori. Ero una bella ragazza, i Clerici non si contavano. Magari Fenoglio ha voluto ritrarre mio cugino Carletto, che era uno dei capi dei partigiani badogliani. Io stessa sono andata a trovare i partigiani dalle parti di Cossano, nelle Langhe. Carletto, del resto, stava nascosto all’Aia, a Mango, nella casa dei miei zii materni, i Gallina. Quella casa era un punto di riferimento per la Resistenza ».
Dopo la fine della guerra, Beppe e Mimma continuarono a frequentarsi. Rammenta lei: «Restammo amici, molto amici. Tuttavia era soltanto un sentimento di amicizia, non si trattava di altro. Ricordo che un giorno lo incontrai ad Alba: ero venuta da Roma nella casa di Boschi, per trascorrere l’estate. Quel giorno ero scesa in città. Mi vide mentre stavo spingendo la carrozzina con dentro Luisa, la mia prima figlia. Ci venne incontro. Guardò la bambina e le disse: «Tu sei Luisa. Io sono Beppe. Ciao Luisa»».
È uno degli ultimi ricordi che Mimma-Fulvia ha di Fenoglio, forse l’ultimo illuminato da un sorriso: quello che Beppe rivolse alla piccola. Diventata grande, Luisa si è laureata e l’ha fatto con una tesi su I ventitré giorni della città di Alba, il libro d’esordio dell’uomo che da un passeggino aveva visto sorriderle.

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