"La Stampa", 21 febbraio 2013
Amedeo Modigliani con 15 opere e Chaim Soutine con 19 sono presenti assieme a André Derain, Maurice de Vlamink, Maurice Utrillo, Suzanne Valadon nella collezione Netter, esposta da oggi all’8 settembre a Palazzo Reale di Milano. Sono presentate complessivamente 122 opere, anche di numerosi altri artisti di diverse nazionalità, che nei primi decenni del Novecento lavorarono a Parigi affrontando molte difficoltà. La loro pittura era osteggiata dalla critica ufficiale dell’epoca, che non digeriva i nudi di Modigliani, o le pennellate folli di Soutine. Furono in pochi a interessarsi di questi artisti e fra loro Jonas Netter, che ne collezionò i quadri con continuità. Netter, ebreo di origine alsaziana, era rappresentante di alcune ditte e non aveva molte possibilità economiche, ma i prezzi irrisori di opere che nessuno voleva gli permettevano continui acquisti. Gli artisti sapevano che nei momenti di bisogno potevano sempre rivolgersi a lui. Netter si impegnava anche a farli conoscere, come avvenne quando inviò sette tele di Modigliani in Argentina, per esporle a Buenos Aires e in altri città sudamericane.
S. Biolchini , "Il Sole 24 Ore", 21 febbraio 2013
Galleria fotografica: CLICCA QUI.
Le amanti di Modigliani
Le due pittrici: la prima si suicidò dopo la morte del pittore,
la seconda cavalcò la cerchia di Montmartre con spregiudicatezza
Jeanne la silenziosa, Suzanne la leonessa
Hébuterne e Valadon, nelle donne di Modì due modelli femminili agli antipodi
Francesca Bonazzoli
"Corriere della Sera", 21 febbraio 2013
Nel secolo intercorso fra Ottocento e Novecento, oltre alle guerre ci sono state anche le lotte per i diritti civili e il femminismo. Tuttavia, nell'epoca degli svenimenti tanto quanto oggi le donne potevano scegliere se giocare il ruolo della vittima immolata all'uomo o della combattente che decide del proprio destino. La mostra di Modigliani ci offre proprio questi due modelli femminili agli antipodi: da una parte Jeanne Hébuterne, l'amante di Modì, pittrice morta suicida e misconosciuta; dall'altra Suzanne Valadon, l'analfabeta che riuscì a imporre nel mercato la sua pittura e a crescere da sola un figlio pittore, Utrillo.
Entrambe, per entrare nel maschilissimo mondo dell'arte visiva, partirono dal ruolo di modelle-amanti ma la Hébuterne lì si fermò. Aveva conosciuto Modì all'Accadémie Colarossi quando ancora era determinata a fare l'artista. Lui era appena uscito da una storia d'amore con la poetessa Beatrice Hastings, ricca milady, poetessa e scrittrice indipendente, incline all'alcol e alle manifestazioni violente di gelosia. La diafana Hébuterne era tutto il contrario: timida, silenziosa, si teneva sempre in disparte, sotto lo sguardo di mal celato disprezzo degli amici di Modì che non vedevano in lei alcuna delle eccentricità delle femmine del loro giro di Montparnasse. Sopportava le notti che Modì passava ubriaco sulla panchina di fronte al Café de la Rotonde; i tradimenti e le persecuzioni delle ex amanti di lui, come Simone che insisteva per il riconoscimento del figlio partorito poco prima che nascesse anche la figlia di Jeanne. Poverissimi, Modì e Jeanne dipingevano uno di fronte all'altra e lei, poco per volta, cominciò ad assorbire lo stile di lui. Era una creatura tanto mite quanto passiva: quando Modì si ammalò, non riuscì a far altro che vegliarlo e mandare a chiamare l'amico Zborowski, che non poteva muoversi perché a sua volta malato. Alla fine lui morì e lei, prostrata, il giorno dopo si buttò dalla finestra all'ottavo mese della seconda gravidanza. La famiglia rifiutò il cadavere per la vergogna, il funerale fu celebrato di nascosto e solo dopo otto anni i suoi resti furono trasferiti accanto a quelli di Modigliani nel cimitero di Père Lachaise. Ma anche l'epitaffio della tomba la consegna per sempre alla parte della vedova: «Devota compagna fino all'estremo sacrificio».
Il funerale di Suzanne Valadon, invece, racconta tutta un'altra storia. Nata 33 anni prima di Jeanne, ma morta 18 anni dopo, Suzanne riuscì a radunare alle sue esequie tutta Montmartre, compresi Picasso, Max Jacob, Derain, Francis Carco, André Salmon. L'elogio funebre fu letto dall'amico Edouard Herriot, due volte ministro di Francia. Niente male per la figlia bastarda di una governante di Bessines, sedotta da un mugnaio. Ignorata dalla madre, troppo occupata a bere di sera e di giorno a guadagnare da vivere per entrambe fra i miasmi della Butte dove si era dovuta trasferire, Suzanne tentò la strada del circo, ma quella carriera fu stroncata a 15 anni con la caduta da un trapezio. Sapeva, però, che Dio l'aveva dotata di uno splendido corpicino e che a Montmartre era pieno di giovani pittori che ne cercavano uno come il suo. Così cominciò ad andare alla fontana di place Pigalle dove gli artisti sceglievano i loro modelli. Iniziò da allora una vita meravigliosa, fra brasserie, cabaret, passeggiate nei boulevard e visite ai caffè per «l'ora verde». Nelle mattinate libere, però, riprese a disegnare come faceva da bambina, mettendoci una serietà assoluta e dicendosi che doveva essere dura, severa, senza indulgenze. Intanto posava per Puvis de Chavannes: lui aveva 58 anni e lei 16. Ne diventò l'amante, così come di Renoir e di Toulouse-Lautrec che la mandò da Degas, il quale ne riconobbe subito il talento. A diciott'anni partorì l'adorato Maurice, cui non rivelò mai chi fosse il padre, come lei stessa non aveva mai conosciuto il nome del suo.
Molti anni dopo, un altro amante, il giornalista spagnolo Miguel Utrillo, gli diede il suo nome, nonostante all'epoca in cui era rimasta incinta Suzanne avesse avuto una liaison anche con il musicista Eric Satie, propostosi invano come marito. Si lasciò invece sedurre da Paul Mousis, un ricco uomo d'affari che le costruì una casa a Montmagny e la convinse a condurre un'agiata vita borghese finché un giorno, a riaccendere la fiamma, arrivò André, un ragazzo bellissimo, di 21 anni più giovane, forte, sicuro di sé, solare: era un amico di Utrillo, anche lui compagno di sbronze di Modigliani. Suzanne lasciò tutti gli agi e di nuovo l'amore si dimostrò la sua risorsa vitale e creativa. Si sposò e intanto sia lei che Utrillo cominciarono ad avere molti, moltissimi soldi. Ma attorno a lei Montmartre iniziava a morire: Degas, Toulouse, Van Gogh, Puvis de Chavannes, Gauguin, Seurat. E in Costa Azzurra dove si era trasferito, Renoir dipingeva con i pennelli legati alle mani rinsecchite dall'artrite. Utrillo veniva ricoverato sempre più spesso per l'alcol e André la tradiva. Anche per Suzanne stava arrivando il tramonto, ma convinta che «non bisognerebbe mai mettere la sofferenza nei disegni», si accomiatò con questo motto da leonessa: «Dare, amare, dipingere».
Nessun commento:
Posta un commento