domenica 3 febbraio 2013

Buon compleanno Archimede


Un genio molto amato che realizzò la prima rivoluzione scientifica

Pietro Greco

"L’Unità",  3 febbraio 2013


Fondatore della meccanica, inventore di una miriade di strumenti, teorico superbo e grandissimo matematico Una mente illuminata che dagli specchi ustori al calcolo dei numeri ha cambiato anche la nostra vita. Eureka!

NE HANNO CANTATO LA FIGURA I PIÙ GRANDI POETI LATINI: CATULLO, ORAZIO, VIRGILIO. NE HANNO RACCONTATO LA STORIA ALCUNI TRA I PIÙ GRANDI STORICI E LETTERATI DELL’ANTICHITÀ: Plutarco, Polibio, Cicerone. Ne ha sfogliato avidamente i libri Federico II, lo stupor mundi, re nel Mezzogiorno d’Italia e Imperatore del Sacro Romano Impero. Più tardi e più lontano, l’americano Walt Disney lo ha eletto, forzando un po’ la storia e anche l’epistemologia, a eroe dei fumetti e a genio dell’invenzione.
Alcune frasi a lui attribuite – Eureka! Ho trovato!; datemi una leva e solleverò il mondo – sono conosciute e ripetute ancora oggi ai quattro angoli del mondo.
E i bambini di tutto il pianeta, ancora oggi, conoscono le sue gesta (vere o presunte) e lo vedono, nelle immagini dei libri di testo, mentre con uno specchio ustorio difende la sua città incendiando le navi romane che la tengono d’assedio; mentre immerge una corona d’oro in una bacinella; mentre con un dito e un ingegnoso marchingegno vara una grossa nave; mentre esce nudo dalla vasca da bagno esclamando, appunto: «Eureka!».
Il mito di pochi personaggi, come Archimede da Siracusa, ha sfidato e vinto l’usura del tempo. Anche se il rischio, come rileva Lucio Russo nel libro dedicato alla scienza ellenistica, La rivoluzione dimenticata, è «di ricordarlo sì, ma come un personaggio leggendario, al di fuori della storia». E della scienza.
Invece Archimede è stato un personaggio storico. Un grande scienziato. Uno dei più grandi di ogni tempo. Ed è nato – se la ricostruzione di Giovanni Tzetzes, filologo bizantino del XII secolo è corretta – in un giorno e in un mese sconosciuti del 287 avanti Cristo. Dunque quest’anno, 2013, ne celebriamo il duemilatrecentesimo anniversario.

UNA STORIA MISTERIOSA
Della sua storia personale sappiamo poco. E quel poco che sappiamo non sempre ha solida fondamenta. Molti dicono che sia figlio di Fidia, un astronomo da cui avrebbe ereditato la passione per la scienza. Altri dicono che sia stato un parente di Gerone II, il tiranno di Siracusa. Di certo era suo amico e ne frequentava la corte. Di certo al figlio di Gerone, Gelone II, Archimede ha dedicato uno dei suoi libri.
Pare che abbia studiato ad Alessandria d’Egitto, la capitale di quella comunità di dotti ellenisti che sotto Tolomeo I, proprio negli anni in cui Archimede veniva alla luce, realizzò la prima, grande rivoluzione scientifica della storia.
Una rivoluzione di cui sentiamo gli effetti ancora oggi. E non solo indirettamente, perché la nostra scienza affonda le sue radici, anche se sono radici piuttosto contorte, nella scienza ellenistica. Ma anche direttamente: non sono forse gli Elementi di Euclide uno dei libri tuttora più letti al mondo? Già Euclide. È nato in Grecia, non si sa esattamente dove, ma è morto ad Alessandria, in Egitto, nel 286 avanti Cristo, un anno dopo la nascita di Archimede. Ha animato, insieme ad altri, il Museo e la Biblioteca voluti ad Alessandria da Tolomeo. Ed è considerato, a giusta ragione, il più grande geometra dell’antichità e di tutti i tempi. Ebbene Archimede andò a studiare, da giovane, proprio presso la Biblioteca di Alessandria, prima di ritornare nella sua Siracusa. Nella città africana frequenta e lavora probabilmente con gli allievi di prima generazione di Euclide. E forse vi ritorna più volte in età adulta.
Ebbene, se Euclide è il più grande geometra dell’antichità e di ogni tempo, Archimede è il più grande matematico e il primo fisico matematico dell’antichità e uno dei più grandi di ogni tempo. Intanto può essere considerato, a giusta ragione, il fondatore della meccanica. Non perché sia il primo a parlare dei fenomeni della meccanica. Ma perché è il primo a parlarne in termini scientifici, matematizzati, formalmente ben impostati. E, infatti, nel famoso libro Sull’equilibrio dei piani in cui tratta – eh, sì – anche, delle leve, affronta i temi della fisica proprio come Euclide aveva affrontato i temi della geometria: con una logica ipotetico-deduttiva. Da due insiemi di semplici postulati, infatti, Archimede deduce una serie di proposizioni fisiche: «stabilendo così quella stretta relazione tra la matematica e la meccanica che – scrive lo storico Carl Boyer – doveva diventare così importante sia per la fisica sia per la matematica».
Col medesimo metodo fonda l’idrostatica. Parte da un postulato e ottiene una serie di considerazioni, sempre quantitative, che vanno dal famoso principio di galleggiamento dei corpi alla densità specifica dei materiali. Il libro di riferimento, in questo caso, è Sul galleggiamento dei corpi. Cosicché tanto l’episodio della vasca, quanto quello dell’immersione della corona d’oro in acqua sono, se non veri, del tutto verosimili.
Ma Archimede non è solo il più grande fisico teorico del mondo antico. È anche, come abbiamo detto, un grande matematico. Anzi, il più grande matematico di epoca ellenistica e, quindi, uno dei maggiori di ogni tempo. Nell’Arenario propone un sistema per l’uso facile e il calcolo dei grandi numeri, con un metodo posizionale ed equivalente alla nostra notazione esponenziale. Archimede utilizza questo metodo, tra l’altro, per esprimere il risultato dei suoi calcoli sul numero di granelli di sabbia necessari a riempire l’universo. Nel suo trattato Sulla misurazione del cerchio propone, con il metodo dell’esaustione, il tema della «quadratura del cerchio» e, di fatto, introduce quell’idea di limite che oggi è alla base dell’analisi matematica. Con lo stesso metodo di esaustione propone la Quadratura della parabola.
Nel libro Della sfera e del cilindro dimostra, tra l’altro, che il volume di una sfera è pari ai 2/3 del volume di un cilindro in cui è inscritta. Risultato notevole, di cui, pare, vada particolarmente fiero, tanto da volerlo raffigurato a mo’ di epitaffio sulla sua tomba. Ad Archimede si deve, inoltre, una misura particolarmente precisa di p. Nel trattato sulle Spirali, la sua opera forse più difficile, non solo calcola l’area del giro di una spirale, ma anticipa un metodo che sarà poi alla base, un paio di millenni dopo, della geometria differenziale.

DAL CILINDRO ALLE SPIRALI
A proposito di metodologia, solo nel 1906 è stato riscoperto il Metodo, una lunga lettera indirizzata a Eratostene, in cui Archimede spiega in dettaglio i due metodi principali, appunto, per giungere ai risultati esposti nei suoi libri. Archimede è dunque un grande teorico. Un vero e proprio filosofo della scienza. A lui, forse più che a ogni altro, dobbiamo l’idea che la conoscenza dell’universo fisico può diventare molto profonda attraverso l’uso della matematica. Ma anche attraverso l’uso della tecnologia. La conoscenza fisica, infatti, produce nuova tecnologia. E nessuno più di Archimede lo dimostra praticamente: con l’invenzione e l’uso degli specchi ustori (specchio di Archimede), con l’invenzione della coclea, la vite per il sollevamento dell’acqua (vite di Archimede), con l’invenzione della carrucola mobile e del sistema esteso delle leve per il sollevamento di carichi pesanti, con l’invenzione della vite senza fine (usata nel già citato varo della grande nave voluta da Gerone). Ma il rapporto tra scienza e tecnologia è biunivoco. La messa a punto di nuovi strumenti tecnologici consente di ottenere nuove conoscenze sul mondo, aumentando la possibilità di «interrogare la natura».
È infatti con Archimede, ma anche con una miriade di altri scienziati ellenistici, che la scienza diventa «madre di sua madre», generando nuova tecnologia. Ma non per questo la tecnologia cessa di essere madre della scienza. Nel senso che l’innovazione tecnologica genera nuova conoscenza. Ne sono una plastica prova proprio i planetari meccanici, come quello di Archimede, il cui sviluppo culmina, per quanto ne sappiamo, nel «meccanismo di Anticitera» realizzato, da un autore che ci è ignoto, nella seconda metà del secondo secolo a.C.: si tratta di un vero e proprio calcolatore astronomico, con innumerevoli ingranaggi a ruote dentate come quelle inventate da Archimede, capace di calcolare con esattezza il moto di tutti pianeti. Il meccanismo consente non solo di creare un calendario cosmologico preciso, ma offre la possibilità di studiare i movimenti astronomici. Di fare astronomia.
Come si sa, Archimede partecipa in maniera attiva alla difesa di Siracusa posta sotto assedio dai Romani durante la seconda guerra punica. Malgrado le sue macchine belliche (catapulte e forse specchi ustori), la città siciliana è sconfitta e nell’anno 212 a.C. il più grande scienziato dell’antichità viene ucciso da un soldato romano che non lo ha riconosciuto. La leggenda vuole che Archimede inutilmente lo preghi di fargli ultimare una dimostrazione matematica, prima di essere giustiziato. Quel soldato è un po’ l’emblema di Roma, che non sa riconosce il valore della scienza ellenistica e, di fatto, l’uccide.
Pare che Cicerone, un secolo e mezzo anni dopo la caduta di Siracusa, trovi la tomba di Archimede e la faccia restaurare. Carl Boyer nota, con marcata ironia, che questo può essere considerato il massimo contributo dato da Roma alla matematica. Dopo Archimede, infatti, nessuno scienziato creativo nascerà in Italia e nell’intera Europa occidentale per oltre un millennio e mezzo. Per ritrovarne un altro occorre attendere Leonardo Fibonacci e il XIII secolo.
Le opere di Archimede saranno riscoperte nel Vecchio Continente e tradotte tra Toledo e Palermo solo a partire dal XII secolo. Ma con loro si misureranno tutti i grandi del Rinascimento (da Piero Della Francesca a Luca Pacioli, da Niccolò Tartaglia, a Commandino a Leonardo da Vinci) e tutti i pionieri della nuova scienza: da Galileo Galilei a Johannes Kepler a Isaac Newton.

Per approfondire vedi anche:

Mario Geymonat, Il grande ArchimedePresentazione di Carlo Rovelli


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