Hollande inaugura l'edificio progettato da Fuksas.
«Adesso Parigi è più grande»
Stefano Montefiori
La legge del 7 messidoro anno II (25 giugno 1794) stabilì che qualsiasi cittadino francese avrebbe potuto consultare gli atti dello Stato, sulla base del principio inscritto nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino: «La società ha il diritto di chiedere conto a ogni agente pubblico della sua amministrazione». Tutti i documenti della Repubblica francese, compreso l'originale della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, sono ora contenuti nel grande scrigno costruito fuori Parigi dall'architetto italiano Massimiliano Fuksas.
Oggi il presidente François Hollande inaugura ufficialmente la nuova sede degli archivi nazionali a Pierrefitte, e nella sua casa parigina Fuksas spiega perché ne è così orgoglioso. «Prima di tutto, si tratta delle carte della République: il periodo dell'ancien régime resta all'hôtel de Soubise, nel Marais. Mi piace l'idea di cittadinanza, di uno Stato che si apre a coloro che un tempo erano considerati sudditi e non lo sono più».
Nell'edificio di cemento, cristallo e alluminio realizzato in periferia sono stati trasferiti — con un via vai di camion durato mesi — migliaia di documenti: dal testamento di Napoleone alle bozze, piene di correzioni, del discorso con il quale nel 1981 Valéry Giscard d'Estaing salutò i francesi lasciando l'Eliseo a François Mitterrand.
«Questo progetto ha un'importanza storica perché finalmente si esce dal périphérique», dice Fuksas, cioè dalla circonvallazione che racchiude i 20 arrondissement del comune di Parigi: il più grande cantiere francese degli ultimi anni è stato aperto lontano dal centro, «rompendo dunque con l'ipocrisia di una piccola capitale di due milioni di abitanti. Viene riconosciuto che la grande Parigi è un'area più vasta, periferie incluse, una megalopoli popolata da otto milioni di persone: scegliere Pierrefitte è una scelta politica e urbanistica». Poco lontano, a Saint-Denis, c'è la basilica dove sono sepolti i re di Francia, «che con l'abside dell'abate Suger rappresenta uno dei primi esempi al mondo dello stile gotico. La periferia fa parte della storia, è giusto tornare a produrre urbanità, riappropriarsene».
Il progetto di Grand Paris lanciato da Nicolas Sarkozy è stato frenato dalla crisi economica, ma la costruzione degli archivi nazionali a Pierrefitte è andata avanti. «Questa è una storia molto bella, purtroppo non una storia italiana — dice Fuksas —. Pierrefitte è il progetto di tre presidenti: Chirac trova i finanziamenti, Sarkozy realizza l'edificio e Hollande lo inaugura. Da noi ognuno avrebbe contestato le scelte del predecessore, qui lo Stato prosegue, al di là di chi siede all'Eliseo».
Come sono stati i rapporti con Nicolas Sarkozy? «Con lui ho lavorato bene. Mi invitava spesso a colazione all'Eliseo, era sua abitudine chiedere pareri su molti argomenti. Ho avuto la sensazione che qualche volta facesse le domande e volesse dare anche le risposte, ma insomma... Quel suo lato un po' così, i tacchi per sembrare più alto, i modi diretti, me lo rendevano simpatico. E comunque, in poco più di tre anni l'edificio è pronto».
Oltre due secoli di documenti storici della Repubblica francese racchiusi nelle losanghe dell'architetto romano, che a Roma fatica a terminare la «nuvola» del Centro congressi all'Eur. «Da noi tutto è più complicato, manca l'organizzazione dello Stato e mancano anche i manager all'altezza. A Roma non c'è un problema di amministrazione politica, il sindaco Alemanno mi sostiene; semplicemente l'impresa non è in grado di rispettare i tempi, non c'è neanche un cronoprogramma. Inaugureremo la nuvola forse tra otto mesi, chi può dirlo. Ma non voglio fare l'italiano lamentoso. Nonostante tutti gli impicci finirò, come ho finito (quella volta in soli 26 mesi) la Fiera di Milano. Mi sento italiano ed europeo, per questo gli archivi nazionali sono una grande soddisfazione: costruisco a Roma, a Parigi, a Strasburgo dove nacque mia nonna, nelle città che hanno contato per me. Da bambino i miei scappavano da nazisti e sovietici e dopo la guerra provarono a rifugiarsi a Vienna, ma io avevo ancora la cittadinanza lituana e non mi fecero entrare: è finita che, a Vienna, c'ho costruito due torri».
Il rapporto del 69enne Fuksas con la Francia comincia presto, nel 1981, quando François Mitterrand diventa presidente. «Lui e Lang decisero di chiamare a Parigi giovani artisti da tutta Europa, io ero quasi uno sconosciuto perché avevo lasciato presto il mondo universitario: appena laureato mi sono buttato a costruire, ho sempre preferito i cantieri all'accademia, e infatti all'epoca non comparivo nelle riviste. Notarono non gli articoli su di me ma i miei cantieri, e mi chiamarono a Parigi. Da allora la Francia mi ha fatto lavorare moltissimo, qui ho realizzato una cinquantina di progetti». Il velo di Mario Bellini per il dipartimento di arti islamiche del Louvre, il futuro nuovo palazzo di Giustizia di Parigi affidato a Renzo Piano, gli archivi nazionali a Fuksas: la fortuna degli architetti italiani a Parigi continua.
Gli esterni degli archivi nazionali a Pierrefitte sono firmati da Massimiliano, gli interni dalla moglie Doriana Fuksas, «ma abbiano lavorato insieme per entrambi, ormai è difficile distinguere chi fa cosa». Perché avere scelto le losanghe, seimila, che sono il segno distintivo dell'edificio? «A differenza del quadrato o del rettangolo la losanga non è monodirezionale, si sviluppa sulle diagonali, come tutta la mia architettura. È un aspetto che mi ricorda Caravaggio, tutti i suoi quadri si sviluppano lungo le diagonali, per le luci e le figure, e questo porta a una maggiore dinamicità. A Pierrefitte uno scatolone enorme, destinato a contenere 321 chilometri di scaffali, grazie alle losanghe acquista leggerezza».
All'interno dell'edificio c'è una lunga scultura, «una specie di bellissimo serpente geometrico di Antony Gormley, inglese: per ottenerlo ho dovuto accettare anche due artisti francesi», racconta Fuksas, che sorride delle pressioni — difficili da estirpare — legate alla nazionalità. «Quel che conta è che gli abitanti di Pierrefitte sembrano apprezzare la novità: ho cercato di costruire con gentilezza, di inserirmi nel contesto senza prepotenza, con volumi che rispettano le case basse della zona. Chi ci lavora dice di trovarsi bene, gli ambienti sono luminosi». Costo 200 milioni, circa 1.300 euro al metro quadrato. Non molto per conservare la storia della Francia repubblicana.
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