CHIARA FRUGONI
"Il Manifesto", 9 febbraio 2013
La Cappella e la cripta degli Scrovegni sono in pericolo. Non solo la stabilità può essere compromessa dall'Auditorium in costruzione, ma anche da due enormi torri, per le quali sono stati già ultimati gli scassi profondi ventisette metri
Nel 1971, a soli otto anni dal precedente restauro, i danni già visibili sugli affreschi di Giotto nella Cappella Scrovegni spinsero l'allora soprintendente Francesco Valcanover a lanciare l'allarme. Purtroppo, l'inquinamento atmosferico aveva prodotto un degrado sorprendentemente accelerato, tenendo conto che il restauro di Leonetto Tintori era avvenuto sessant'anni prima!
Come si legge in internet, nel portale ufficiale del Ministero per i Beni e le attività culturali e dell'Istituto centrale per il restauro alla voce Cappella Scrovegni restauri del 2002 , «i danni subiti dalla Cappella a seguito del terremoto che nel 1976 sconvolse il Friuli indussero i responsabili della tutela del monumento ad accelerare i tempi e in particolare a chiedere all'Istituto centrale per il restauro di prendersi cura del ciclo giottesco affinché l'intervento di restauro fosse condotto nel modo più corretto e pertanto più duraturo». Quali danni? «Si aggravarono infatti la lesione sulla facciata e quella che interessava la volta; inoltre si procurò un distacco fra questi due elementi dell'edificio. Entro la fine dell'anno fu posto riparo sia ai danni alle strutture murarie che a quelli, conseguenti, ai dipinti e, subito dopo, prese il via un piano mirato di indagini scientifiche ideato e coordinato dall'Istituto centrale per il restauro». Dovette essere un intervento tampone e non così trionfalisticamente risolutivo. Infatti: «Fu elaborato un progetto che tuttavia non entrò in fase operativa». Perché tale fase fosse, per così dire, rianimata, bisognò aspettare gli anni 1995-96, quando «il monitoraggio ambientale interno per le misure di qualità dell'aria del Monumento diventa operativo e viene avviata una nuova campagna per la 'verifica statica' della Cappella degli Scrovegni e per ' 'la bonifica del Cenobio seminterrato dalle acque meteoriche di riflusso e dai setti murari realizzati nel corso dell'ultima guerra'». Come si vede, progetti su progetti. Il 12 giugno del 2001 prende finalmente l'avvio un grandioso restauro degli affreschi della Cappella con uno stanziamento (i dati sono dell'anno 2000) di tre miliardi e mezzo di lire, conclusosi l'anno dopo. Passiamo all'oggi, esaminando i tre problemi di cui si dovevano fare carico, così avevano dichiarato, gli organi ufficiali nel 1995-96: 1) la statica della Cappella rispetto al terremoto, la bonifica ambientale della cripta 2) dalle acque meteoriche di riflusso, 3) dai setti murari realizzati nell'ultima guerra. Misteriose fondamenta Punto uno. Il recente terremoto del 29 maggio 2012 a Padova ha prodotto, per fare un esempio, vistosi distacchi di intonaco affrescato dalla volta della Basilica del Santo, distacchi che hanno allertato i frati e li hanno indotti a prendere una serie di provvedimenti. Per quanto riguarda la Cappella invece, come non fosse a Padova, non è successo nulla. Della Cappella, che è a tutt'oggi del tutto priva di protezione antisismica, manca una relazione scientifica che ne verifichi l'assetto statico. La Cappella poggia, per quanto riguarda la navata sulla sottostante cripta; per quanto riguarda l'abside, costruita in un secondo tempo, su un terrapieno, da qui le crepe della chiesa. Nessuno sa però quali siano le fondamenta della Cappella nella sua interezza (Cappella e cripta): poggia su pali, sui blocchi residui dell'Arena romana? Mistero. Punti due e tre. Il grandioso restauro del 2002 che ha restituito ai loro colori smaglianti gli affreschi della cappella Scrovegni, ha semplicemente dimenticato la cripta, accettando lo stato sconfortante in cui si trovava e si trova. La cripta, alta e spaziosa, oggi può essere visitata solo facendo domanda in comune. È ingombra di cassette e oggetti celati da ampie coperture in plastica; impossibile il colpo d'occhio della volta dove sono dipinte le stelle di Giotto, perché, contrariamente alle intenzioni manifestate nel 1995-96, sono rimaste in situ le poderose costruzioni in mattoni ad intervalli ravvicinati che dovevano, durante l'ultima guerra, evitare che l'effetto d'urto delle bombe facesse crollare la Cappella. Tali costruzioni non avevano alcun effetto statico e nel 2002 sarebbero dovute essere tolte, così come già allora doveva essere affrontato il problema del compromesso assetto idrogeologico della Cappella. Il pavimento infatti è una gettata di cemento sconnesso dove costantemente scorre acqua che emerge dalla falda sottostante. I rivoli che scorrono sul pavimento in leggera pendenza conducono, fra pozzanghere e fango, alla parete finale della cripta contro la quale è appoggiato un rozzo vascone - sembra un abbeveratoio per il bestiame - dentro al quale è collocata un'ulteriore vaschetta con due pompe che ad intervalli regolari succhiano l'acqua in eccesso del pavimento e, attraverso un condotto, la riversano in una cisterna esterna che la rimette nella falda, in un giro senza sosta. L'occasione perduta Può la cripta della Cappella Scrovegni sopportare un rimedio così ruvido ed antiestetico, per cercare di controllare il continuo afflusso dell'acqua di risalita dalla falda sottostante? È proprio così sicuro che l'acqua del pavimento della cripta, che giunge fino ad inumidire la base dei muri perimetrali, non intacchi a lungo andare l'assetto strutturale della Cappella? Chi, avendo la cantina della propria casa sempre allagata, starebbe tranquillo? Certo non lo sarebbe stato lo Scrovegni. Sottolineo che non si tratta di una cantina, come propendono a considerare la cripta gli organi ufficiali, ma di una componente architettonica essenziale del monumento voluto da Enrico Scrovegni. Dunque il restauro del 2002 è stata una incomprensibile occasione perduta. Due anni fa, la stampa padovana annunciò che, a circa duecento metri dalla Cappella, sarebbe presto entrata in fase operativa la costruzione di un grandioso Auditorium con una parte sotterranea che avrebbe comportato uno scavo di diciannove metri. Tale costruzione, come aveva evidenziato la comissione dei professori D'Alpaos, Salandin e Simonini, nominata dal Comune, in mancanza di particolari cautele, avrebbe potuto avere ripercussioni sul delicato equilibrio idrogeologico della Cappella, poiché la falda su cui insiste è in comunicazione con quella dell'erigendo Auditorium. La questione, oltre alla preoccupazione per il destino degli affreschi, portò, come corollario, alla generale attenzione l'abbandono in cui giaceva (e giace) la cripta, chiusa, come si è detto, al pubblico. Da qui l'allarme della stampa estera e italiana e dell'appello, Save Giotto promosso da Alessandro Nova, direttore del Kunsthistorisches Institut di Firenze e dalla professoressa Steffi Roetgen (sollecitati in ordine cronologico dai padovani professor Giuliano Pisani e dagli Amissi del Piovego), appello che ebbe una vastissima eco, nazionale e internazionale, firmato da circa cinquemila persone, con l'appoggio di Italia Nostra e del Fai, tanto per citare alcuni Enti. La crisi finanziaria ha fatto rimandare la costruzione dell'Auditorium, di committenza comunale - ma è difficile immaginare l'abbandono totale della cubatura prevista: la tentazione di costruire case, scavando i relativi garages mi pare plausibile, garages che intaccheranno il delicato equilibrio del sottosuolo. Accontonata per ora la messa in opera dell'Auditorium, è nel frattempo iniziata la realizzazione di due gigantesche torri, alte più di cento metri, di committenza privata, anch'esse poco distanti dalla Cappella, per le quali sono stati già ultimati gli scassi profondi ventisette metri. Va ricordata la dichiarazione del professor d'Alpaos in seduta pubblica consiliare: «Quelli che lavorano dentro al PP1 (la zona delle due torri) dovrebbero operare rispettando le prescrizioni date per l'area Boschetti (Auditorium). Diversamente, potrebbero esserci influenze nell'area della Cappella degli Scrovegni». Ma chi ha titolo di controllare? Si è aggiunto, a questi timori, il recente terremoto. Un gruppo di studiosi, che hanno trovato generosa ospitalità presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze, ha ritenuto utile dedicare una giornata, l'11 febbraio, ad un esame il più possibile approfondito dei problemi riguardanti la Cappella e la cripta, in modo da potere formulare con chiarezza una serie di quesiti a cui una commissione super partes (non soltanto veneto-padovana) si speri possa dare risposta. (È evidente poi che lo studio del sottosuolo dovrebbe estendersi anche all'area delle due torri, che è la stessa del progettato Auditorium e della Cappella Scrovegni). Ulteriore speranza è che in anni non troppo lontani gli organi competenti mettano finalmente in piena sicurezza gli affreschi di Giotto e l'edificio, intendendo la Cappella e la cripta, restituendo a quest'ultima la sua dignità.
IL CICLO DI AFFRESCHI
Fra i massimi capolavori esistenti, la Cappella intitolata a Santa Maria della Carità venne affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto (alcuni studiosi ritardano la fine dei lavori), su incarico di Enrico degli Scrovegni, ricco banchiere padovano. La narrazione ricopre interamente le pareti con le storie della Vergine e di Cristo, mentre nella controfacciata è dipinto il Giudizio Universale, con il quale si conclude la vicenda della salvazione umana. L'edificio era originariamente collegato al palazzo di famiglia, fatto erigere dopo il 1300, seguendo il tracciato ellittico dei resti dell'arena romana. Nel 1305, quando i lavori alla cappella stavano per concludersi, gli Eremitani, che vivevano in un convento vicino, protestarono perché la costruzione della cappella, andando oltre gli accordi presi, si stava trasformando da oratorio in una vera e propria chiesa con campanile e forme ritenute, all'epoca, eccessivamente visibili. Non risulta noto come la vicenda si sia conclusa. Forse, in seguito alle rimostranze, la chiesa fu ridotta in dimensioni.
CONVEGNO
La messa in sicurezza in un simposio a Firenze
Le problematiche relative alla salvaguardia e alla messa in sicurezza della preziosa cappella e della cripta saranno il tema di un convegno internazionale che si terrà lunedì 11 febbraio a Firenze per iniziativa del Kunsthistorisches Institut del Max-Planck-Institut. Tra i relatori al seminario figurano Alessandro Nova, Chiara Frugoni, Salvatore Settis, Bruno Zanardi e Tomaso Montanari.
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