I numeri come strumento di libertà (e amore)
Cosa ci ha lasciato Alan Turing, oltre al computer
Luca Mastrantonio
"Corriere della Sera", 7 gennaio 2015
«Beh, il carattere di Alan Turing viene fuori un po’ troppo romanzato, ma il film mostra bene che la matematica può avere applicazioni pratiche in tempi rapidi». Andrea Malchiodi è appena uscito dalla sala del cinema di Brescia dove ha visto The Imitation Game, dedicato all’invenzione di Turing, una macchina da cui discenderà il computer, che permette agli alleati di decrittare il codice segreto dei nazisti.
Il professore di Analisi Matematica alla Normale di Pisa, parla lentamente. Alterna, staccate da un silenzio spesso, risposte brevi e molto lunghe. Sembra codice morse. Deve essere deformazione professionale. Uno degli ambiti di ricerca di Malchiodi è stato in parte inaugurato da Turing, la morfogenesi , cioè lo studio delle forme geometriche ricorrenti nelle fasi di formazione negli esseri viventi, come embrioni o piante, che prima sono sferici, o simmetrici, e poi diventano più complessi: «Turing era affascinato, ad esempio, dalla forma dell’ananas e dai semi di girasoli, con le loro doppie spirali».
Qual è la scena che le è più piaciuta del film? «Quando la telegrafista che collabora con Turing capisce che il telegrafista nemico ha una fidanzata, perché inserisce sempre una sequenza riconducibile a un nome di donna». Cosa le è piaciuto meno? «Alcuni aspetti caratteriali di Turing che qui sono troppo stressati: non credo fosse così asociale. Sì, aveva delle fissazioni, come molti matematici. Ne ricordo una che nel film non c’è: la catena della bici cadeva dopo un certo numero di pedalate, diciamo trenta. Lui non la riparava. Alla ventinovesima si fermava e assicurava la catena».
La morale del film è che la matematica, grazie a un genio eccentrico (poi perseguitato in patria per la sua omosessualità), ha salvato la libertà dai nazisti. «Churchill dice che con la macchina di Turing la durata della guerra si è accorciata, di almeno due anni. Plausibile».
La matematica ha una missione? «Certo — risponde Malchiodi — la matematica in fondo è trovare ordine, cioè ricorrenze e ripetizioni, dove gli altri vedono caos. Nel film questo c’è. Che dire: sarebbero utili finanziamenti come quelli di Churchill. E oggi in Italia siamo indietro; eppure per le tante ricadute pratiche ci sarebbe bisogno di un cambiamento». In quali settori? «Io sono un teorico. Ma sappiamo che la matematica permette di fornire modelli di lettura dei mercati finanziari o del volo degli uccelli». Qualcosa di più concreto? «Il comportamento dei liquidi, letture ecografiche mediche o della terra, per studiare conformazioni e possibili fenomeni idro-geologici. E poi farebbe sviluppare il settore tecnologico. Noi non siamo in guerra, ma a confronto serrato con Paesi molto più avanti di noi».
Come traduce, un matematico, la parola libertà? «La matematica è libertà. Di espressione. Per risolvere un problema ci si può sbizzarrire con nuovi metodi. Inventarne uno dà più soddisfazione che risolvere il problema, perché può aprire la strada ad altri problemi, altre soluzioni». Qualcosa di simile all’amore? «Sì. A vantaggio degli altri. E pure per sé, per l’ambizione di voler lasciare una traccia. La libertà d’espressione permette di fare delle scelte anche di stile. In questo la matematica è arte». Come la poesia? «Sì». Silenzio.
In cosa il personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch corrisponde al Turing reale? «Nel carattere». Cioè? «La testardaggine. Si vede che Turing è ossessionato dal problema che deve risolvere, cioè ridurre le possibili combinazioni che i nazisti usano per crittare i loro messaggi. Lo fa perché c’è l’impellenza della guerra e per interesse personale per quel problema».
Un altra caratteristica dei matematici? «La distrazione. Perché si lavora con la testa, la soluzione può arrivare in qualsiasi momento, creando inconvenienti». Per esempio? «Non so, magari sono distrazioni comuni. Quando insegnavo in Inghilterra mi capitava di fare due volte lo stesso biglietto, o sbagliare aeroporto. Una volta in un bar ho pagato un caffè e il resto se l’è preso un mio collega. Però ci sono anche dei vantaggi». Quali? «Il conto al ristorante. I matematici sanno dividerlo in maniera equa, secondo quanto uno ha mangiato».
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