Al Festival delle Scienze di Roma le sfide della ricerca più avanzata
Caleb Scharf
"La Stampa - TuttoScienze", 14 gennaio 2015
Quando immaginiamo il frammento di tempo incredibilmente breve in cui gli uomini sono esistiti, in confronto ai miliardi di anni che ci hanno preceduto, ci sentiamo piacevolmente piccoli. E, se consideriamo i miliardi di trilioni di altri mondi che devono esistere nell’Universo, afferriamo per un istante quanto minuscola sia la nostra esistenza. Tuttavia, nulla è paragonabile alla prospettiva - scioccante o eccitante - di pensare a tutto ciò che non sappiamo.
Una pessima idea?
Non sappiamo - spiegherò al Festival delle Scienze di Roma in programma dal 22 al 25 gennaio - perché esista l’Universo: è ingiusto e ci sarebbero fondati motivi per ritenere che sia stato una pessima idea. Potrebbe darsi che scaturisca da un innato, instabile «nulla», incline alla spontanea generazione di materia ed energia. L’Universo, inoltre, potrebbe non essere l’unico, ma parte di un multiverso di oltre 10, elevato alla 10ma, elevato alla 16ma realtà. Aspettiamo ancora la prossima generazione di misurazioni per aiutarci nelle ricerche. E siamo in attesa di teorie che forniscano ipotesi più testabili e non solo eleganza matematica.
Ignoriamo anche di cosa sia fatta gran parte dell’Universo: la materia comune, quella di cui siamo fatti voi e io, i pianeti, le stelle e i panini al formaggio, ammonta a circa il 4,9% della materia e dell’energia totali. La maggior parte della materia è «oscura». Sappiamo che c’è, perché nelle scale cosmiche gli oggetti vi si muovono intorno più velocemente di quanto dovrebbero. Ma la materia oscura non si trasforma mai in stelle o in pianeti e resta in forma di particelle diffuse, invisibili, incredibilmente antisociali.
E, forse, ancora peggiore è l’energia oscura. Qualcosa sta provocando l’accelerazione dell’Universo. Prima non era così. Fino a 5-6 miliardi di anni fa l’espansione seguita al Big Bang era in diminuzione, ma poi qualcosa ha cominciato a contrastarla. Cos’è l’energia oscura? Non lo sappiamo. Abbiamo però molte idee, il che è fantastico: è sempre ottimo avere qualche idea su quel 68,3% di Universo.
Non sappiamo nemmeno se esista la vita al di là della nostra: eccoci qui, esseri senzienti su un pianeta rigoglioso di una vita che per gran parte degli ultimi 4 miliardi di anni ha plasmato e riplasmato l’ambiente. E ora siamo consapevoli che esistono decine di miliardi di altri pianeti, là fuori, molti dei quali potrebbero avere le stesse probabilità di ospitare la vita. Però ancora ignoriamo se siamo soli o meno. Nessun indizio. È alquanto problematico. Non fraintendetemi: è un problema in senso positivo, un problema intrigante, uno dei migliori. Tuttavia continuiamo a brancolare nel nostro splendido isolamento.
Intanto non abbiamo nemmeno capito il mondo quantistico: perché, se è vero che le sue matematiche possono compiere meraviglie, dal descrivere gli atomi fino ai quantum bit, ciò non significa che abbiamo chiuso il caso. Gli aspetti fondamentali della natura quantistica dell’Universo ci procurano grattacapi e controversie.
La nostra stessa biologia, d’altra parte, ci sfugge. Dopotutto, se capissimo ogni dettaglio di come funzioniamo, saremmo capaci di cancellare le malattie e l’invecchiamento. Saremmo anche in grado di modificare i circa 3 miliardi di acidi nucleici nel nostro Dna e realizzare un minimo di ingegneria molecolare. Ma non siamo vicini a niente di tutto questo. Un buon esempio di questa pietosa mancanza di conoscenza? Prendete il microbioma, l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali di tutti i microrganismi di un ambiente e che può essere un organismo o l’uomo stesso. I nostri 10 trilioni di cellule vengono sfruttati e nutriti da 100 trilioni di cellule microbiche, senza le quali non potremmo vivere. Non siamo che navi da crociera per il più lussuoso dei Club-Med microbiologici e tuttavia non sappiamo che cosa significhi tutto ciò.
Ignoriamo, poi, come la Terra funzioni: nessuno è mai andato più in profondità di alcuni chilometri nella crosta terrestre. Tutto il resto è estrapolazione e interpolazione. E c’è talmente tanta confusione, dopo 4 miliardi e mezzo di anni di geofisica, che alcune delle informazioni più attendibili sulle origini del Pianeta provengono dai meteoriti e dai crateri di altri mondi, il massimo del subappalto. Non siamo neanche sicuri di capire da dove sia arrivata la Luna. Forse è stato un impatto gigantesco, forse no. Per una specie presumibilmente intelligente su un piccolo pianeta roccioso questo è un fallimento di proporzioni quasi epiche.
Non possiamo dimostrare o risolvere gran parte delle nostre congetture e dei nostri problemi matematici: affinché la matematica non pensi di fuggire da questo festival dell’ignoranza, ricordiamo che c’è una lunga lista di ipotesi e di problemi insoluti e indimostrati. Non sappiamo, poi, come costruire l’intelligenza artificiale: è un problema che riguarda sia il nostro desiderio di comprendere noi stessi sia le nostre speranze di capire che cosa potrebbe esserci «là fuori», nella vastità del cosmo. L’Universo, forse, è pieno di menti come le nostre o di menti assolutamente aliene? Benché abbiamo fatto notevoli progressi tecnologici, non è affatto chiaro se i programmi di scrittura o i suggerimenti automatici per lo shopping raccolgano informazioni con meccanismi in qualche modo simili a quelli con cui le nostre menti generano le idee.
La conclusione? C’è un’enormità di cose che non sappiamo. Ma la chiave è non abbattersi, perché questa ignoranza è bellissima. È ciò che, in ultima analisi, muove la scienza e che rende l’Universo così maestoso. Che meraviglia!
Nessun commento:
Posta un commento