Castello di Rivoli
Dal movimento del ’68 alle proteste odierne
si apre oggi a Rivoli una mostra sull’antagonismo
Manuela Gandini
"La Stampa", 22 aprile 2013
Benvenuti nella repubblica non costituzionale della disobbedienza, con il parlamento circolare, di Céline Condorelli, sul quale, i monitor, al posto dei rappresentanti istituzionali, mandano video di pratiche politico-artistiche legate all’antagonismo e al dissenso. Benvenuti a Disobedience archive (the republic), la mostra curata da Marco Scotini, che s’inaugura questa sera al Castello di Rivoli, aprendo gli orizzonti su modalità d’intervento disturbanti che trattano «la disobbedienza come una delle belle arti» (Marcelo Exposito). In realtà, più che di una mostra si tratta di un organismo in evoluzione che nasce a Berlino nel 2004, al Kunstraum Kreuzberg Bethainen. Attraversa mezzo mondo – passando da Città del Messico sino al MIT di Boston - e si trasforma di volta in volta a seconda dei mutamenti globali. Dalle politiche di genere, alla foucaultiana bio-resistenza, dall’attivismo argentino alle primavere arabe, il mondo di Disobedience è costituito da materiali rari o inediti come il filmato di 22 ore non montato del parco Lambro o il primo film femminista di Annabella Miscuglio. Poi vi sono i film contemporanei di gruppi quali gli argentini Etcétera che portano l’arte sui luoghi del conflitto o dei Nomeda & Gediminas Urbonas che hanno costruito un archivio contro la privatizzazione dello spazio pubblico in Lituania. Gli oltre settanta film mostrano azioni di contrasto che abbracciano tutti gli ambiti della vita: il cibo, il comportamento, il corpo, l’interrelazione.
Il parlamento è concepito secondo una visone corale, orizzontale e piatta. È un network nel quale la base decide, delibera e realizza le proprie istanze. Non un vacuo senso di utopia ma la volontà di affilare le spade dell’intelligenza verso una democrazia diretta e una repubblica non statale. Si tratta di un archivio del contemporaneo, contingente e mutante, che ogni volta ridefinisce le proprie modalità di figurazione. Oltre al videoarchivio, vi sono due vestiboli: il primo è un’anticamera sugli anni di piombo (1969-79), il secondo sul primo decennio del Duemila. «Sciopero generale. Azione politica. Relativa. Relativamente all’arte», è la scritta al neon di Mario Merz che riassume magistralmente il senso delle pratiche di allora. Con particolare attenzione filologica, Scotini, ha raccolto le opere di chi ha rivoluzionato il linguaggio letterario e visivo uscendo dai confini disciplinari verso la politica. Da Nanni Balestrini, il quale registra la voce operaia scrivendo romanzi asintattici come Vogliamo tutto, a Carla Lonzi che, con Autoritratto e i saggi a venire, pubblica discorsi registrati senza editing; così come Carla Accardi pubblica, con conseguenze legali, le testimonianze delle sue allieve a scuola. Il Living Theatre, che nel 1975 torna a stare in Italia, deborda dal teatro per snodarsi lungo le strade al fianco dei lavoratori. Su una parete, campeggiano le scritte Battipaglia e Potere Operaio di Balestrini, accanto vi è il progetto irrealizzato di Gordon Matta Clark di un Arco del Trionfo in una fabbrica occupata di Sesto San Giovanni. Sotto, una foto di Alberto Grifi ritrae gli operai in sciopero come dei prigionieri dietro ai cancelli di una fabbrica.
La narrazione sulla condizione antagonista assume una varietà di forme e immagini informate dalla comune volontà di disobbedienza. La mostra procede da Joseph Beuys, che realizza dei multipli con la bottiglia di Coca-cola per finanziare il giornale Lotta Continua, alla rinuncia di Pietro Gilardi di continuare a fare i tappeti natura, per diventare attivista a tutti gli effetti, con i comix operai e le maschere di gommapiuma come l’Andreottile. Gianfranco Baruchello, si allontana, a fine anni sessanta, da quello che chiama «il fallimento politico» e fonda l’Agricola Cornelia, dedicandosi alle colture. A questo panorama, si affiancano i lavori di Laboratorio di Comunicazione Militante che opera un processo di smascheramento delle tecniche di costruzione dell’informazione. L’anticamera conclusiva (1999 …) mostra le nuove pratiche di contrasto delle politiche finanziarie da parte di gruppi come Chto Delat?, Critical Art Ensamble, isola Art Center. A differenza dei precursori che lavorano su produzioni documentaristiche, questa sezione abbonda di gadget anticommerciali, di installazioni caustiche (gruppo Etcétera), di azioni virali all’interno del mondo produttivo (Superflex). Sulle pareti del parlamento, Erik Beltràn ha realizzato dei grafici che mostrano come la concezione platonica della Repubblica sia, nella realtà contemporanea, completamente capovolta.
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