venerdì 19 aprile 2013

Il ritorno di Machiavelli


Una nuova biografia del pensatore per scoprire l’attualità della sua opera

Giulio Ferroni

"L’Unità",  18 aprile 2013

Nell’anno del 500entenario del Principe, Gennaro Maria Barbuto porta in libreria una nuova biografia politico-intellettuale di Machiavelli. Il Segretario desta interesse soprattutto nei periodi più drammatici e decisivi della storia europea moderna: dalle guerre di religione alla formazione dello Stato moderno, alla crisi rivoluzionaria e post-rivoluzionaria, al Risorgimento fino al tragico Novecento fra il ’14 e il ’45. La sua politica è ricerca di un bene comune, che sia espresso in leggi, non a beneficio della singola parte, ma della res publica.

VIVIAMO NEL PARADOSSO DI UNA LOTTA POLITICA CHE SI SVOLGE SOTTO IL SEGNO DEL DISCREDITO DELLA POLITICA, di una generale e stupida liquidazione dell’esperienza e della competenza, alla ricerca perpetua di un «nuovo» che spesso si appoggia ai più frusti modelli pubblicitari e mediatici, agli effetti dell’apparire, o a recitazioni di moralismo del tutto prive di spessore intellettuale. Avrebbe molte cose da dire in proposito il vecchio Niccolò Machiavelli, del cui Principe (o meglio della sua prima stesura) ricorre quest’anno il quinto centenario: e avrebbe da dirle non tanto per il suo acume teorico, ma per la sua stessa esperienza personale, per la competenza acquisita ed esercitata nei quindici anni (dal 1498 al 1512) del suo lavoro di segretario della seconda cancelleria della repubblica fiorentina e per l’insistenza con cui, una volta perso il posto per il ritorno al potere della famiglia dei Medici, continuò a rivendicare quella sua competenza, la sua dedizione alle istituzioni, la sua passione per l’«arte dello stato», aspirando ancora a «voltolare un sasso» nel campo della politica.
La riflessione di Machiavelli sulla politica, non solo nel Principe, ma nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e in tanti altri scritti, scaturisce sempre direttamente dal suo impegno a guardarla dall’interno, dall’averla esercitata direttamente e dal volerci tornare dentro.
Per questo è essenziale prestare attenzione alla sua biografia, al nesso strettissimo tra la sua vicenda personale e le sue grandi opere, in un’esistenza tutta calata dentro la difficile e convulsa situazione dell’Italia e di Firenze di fine Quattrocento e dei primi decenni del Cinquecento, tra le molteplici difficoltà a cui in quegli anni erano esposti gli stati italiani, sotto la pressione delle invasioni straniere.
Particolarmente utile e tempestiva appare allora la biografia di Gennaro Maria Barbuto, Machiavelli, Salerno editrice (2013, pp.380), che inaugura una fitta serie di iniziative editoriali previste per questo quinto centenario del Principe, tra cui per la Treccani un’Enciclopedia machiavelliana diretta da Gennaro Sasso.
Intanto procede verso la conclusione quello che può essere considerato il più importante risultato degli studi machiavelliani degli ultimi decenni, e cioè l’Edizione nazionale delle Opere presieduta da Enrico Malato, pubblicata dalla stessa Salerno editrice: dei 20 tomi previsti ne sono già usciti 14, tra cui proprio in questi giorni quello degli Scritti in poesia e in prosa, a cura di A.Corsano, P.Cosentino, E.Cutinelli-Rèndina, F.Grazzini, N.Marcelli, coordinati da Francesco Bausi (pp.648).
Raccogliendo il frutto di tante ricerche egli ultimi anni, il percorso biografico di Barbuto mostra molto bene come alcune delle concezioni politiche machiavelliane (anche di quelle più rivoluzionarie e sconvolgenti) siano maturate direttamente tra i problemi, i rapporti, le difficoltà che il segretario affrontava nel concreto impegno quotidiano negli anni del lavoro di segretario (che comportava molteplici missioni sia entro lo stato fiorentino che presso stati e corti italiane e straniere, portandolo tra l’altro più volte fino in Francia).

SPREGIUDICATA VIVACITÀ
Assumono rilievo non trascurabile anche le notizie sulla vita privata (spesso troppo trascurate da filosofi e politologi), in cui spicca la spregiudicata vivacità di comportamenti che alimentano in profondità quella prospettiva antropologica, quell’attenzione alla psicologia sociale che è essenziale nell’orizzonte politico machiavelliano (e a me pare che, nel nostro tempo di studi «di genere», sarebbe interessante approfondire il tema dei rapporti con le donne, insistendo sia sul rilievo che nel Principe assume l’immagine della Fortuna come «donna», sia sui caratteri delle figure femminili nelle commedie e negli stessi scritti poetici raccolti nel volume appena uscito dell’edizione nazionale).
Dal radicamento degli scritti nella biografia ricevono qui più viva luce alcuni nodi centrali del pensiero di Machiavelli: così l’interesse che egli ebbe per la figura di Savonarola (valutato però in una chiave essenzialmente «politica», non senza ironica diffidenza); la nozione della religione come «fondamento infondato»; il distacco dai vicini modelli umanistici (pur entro una passione per la cultura classica e il mondo antico); la convergenza tra l’orizzonte teorico del Principe e quello dei Discorsi («Non esistono un Machiavelli repubblicano e un Machiavelli monarchico», dato che le due opere convergono nell’identificare la necessità di un controllo individuale del potere statale, indipendentemente dalla sua struttura istituzionale), ecc.
Oltre il percorso biografico, il libro di Barbuto è concluso da due interessanti capitoli di Confronti; con il pensiero di Guicciardini, che del resto ebbe una stretta amicizia con Machiavelli (tra convergenze e divergenze, che delineano modi diversi di rapportarsi alla concretezza del fare politico), e con l’Utopia di Thomas More (di cui forse Machiavelli conobbe l’edizione fiorentina del 1519).
Nel caso dell’Utopia, la verifica della distanza tra il modello di città ideale tracciato dall’umanista inglese e il realismo machiavelliano conduce a toccare alcune essenziali contraddizioni da cui scaturisce l’interesse attuale dello stesso pensiero del segretario, al di là delle tante correnti immagini convenzionali che ancora ne fanno cinico maestro di spregiudicatezza politica.
Si vede così come, di contro ad ogni immagine utopica di ritorno ad una natura originaria e incontaminata o di trionfo assoluto del «bene», Machiavelli rivolga lo sguardo ad «una realtà ossimorica, non pacificata né pacificabile, senza la illusione di riscoprire verità pure e di costruire una città senza conflitti».

LA TERRIBILE TEMPESTA
Così lo studioso mette a suggello di questa biografia la citazione di una eccezionale pagina delle Istorie fiorentine su di una terribile tempesta avvenuta nel 1456: in definitiva la nozione stessa di politica appare inscritta nella necessità naturale, dentro cui deve agire anche come controllo e conduzione a bene (un bene relativo, insufficiente, parziale, come ogni bene umano) dei conflitti umani; rimedio e non azzeramento, salvataggio del bene possibile e non distruzione. È questa la politica di cui abbiamo bisogno: che, insieme alle vite e ai bisogni umani, oggi dovrebbe chiamare in causa anche i «beni» naturali e ambientali.

Gennaro M. Barbuto, Machiavelli pp.384 euro 23,00 Salerno Editore

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