Melania Mazzucco
"La Repubblica", 7 aprile 2013
Torniamo a Roma, alla corte di papa Leone X – l´amico degli scrittori, il protettore di Raffaello, il mecenate prodigo, il cacciatore miope. Tra i pittori che ospita in Vaticano, dal 1513, c´è anche Leonardo da Vinci. Al servizio di Giuliano de´ Medici, alloggia in un appartamento al Belvedere. Lo accompagna la fama di genio universale, ma la sua creatività declina. Inquieto, malaticcio, non più giovane, a disagio in una città estranea, Leonardo non conclude neanche un´opera. Prosegue i suoi studi sul movimento, sull´anatomia, sull´idraulica (progetta di risanare le paludi pontine); disegna alluvioni, addomestica lucertole e fabbrica "palloncini" con le budella di montone. Quando il papa gli commissiona finalmente un quadro, Leonardo risponde che comincerà a distillare oli ed erbe per preparare la vernice. Comprendendo che mai lo realizzerà, Leone X esclama: «ohimè, costui non è per far nulla, da che comincia a pensare alla fine innanzi il principio dell´opera!».
La molteplicità degli interessi di Leonardo, che è la prova del suo genio, è anche il suo limite. Sa troppe cose e cerca di sapere quelle che ignora. Tutto lo interessa, lo assorbe, lo appassiona: il cuore di un bue e il cadavere di un centenario, il feto nell´utero e il sorriso ineffabile di Giovanni Battista, le macchine, le maree, i colori. È dispersivo, disordinato, inconcludente; sembra mancare di una dote necessaria: la sintesi. Da vecchio, lui che ha studiato e sperimentato ogni cosa, giungerà a concludere di aver sprecato il suo tempo (!). Ma è vero che realizza solo un´infima parte di ciò che potrebbe. Gli appunti che dissemina sui fogli non diventano libri. Scoperte e intuizioni annotate in caratteri sinistrorsi restano private. Eppure, nella sua affascinante produzione grafica, c´è un disegno che è l´esempio più perfetto della sintesi. Di arte e scienza. Di pensiero e immagine. Di spirito e materia, linea e parola.
È chiamato "l´Uomo vitruviano", perché sul foglio Leonardo ricorda Vitruvio e si propone di rappresentare visivamente il canone delle proporzioni ideali del corpo umano che lo stesso Vitruvio, vissuto nel II secolo d. C., aveva elaborato nel libro III del suo De Architectura. Che il corpo umano, inscrivibile nel cerchio e nel quadrato, sia figura geometrica per eccellenza è per Vitruvio una verità funzionale: il complesso calcolo di proporzioni e misure delle parti del corpo gli serve come paradigma per la creazione di un´architettura armonica.
Quel libro, Leonardo forse non l´aveva neppure letto. "Omo sanza lettere", non conosceva il latino: cominciò a studiarlo solo a quarant´anni. Del trattato parlavano tutti, comunque, da quando era stato citato da Leon Battista Alberti, pubblicato da Sulpicio di Veroli e studiato dal frate matematico Luca Pacioli. E l´architetto Francesco di Giorgio Martini ci si era appena confrontato quando nel 1490 a Pavia Leonardo ebbe a che fare con lui e quando forse realizzò questo disegno. Non sappiamo se quel passo lo interessò come architetto, come pittore, o solo come essere umano.
L´immagine la conoscete tutti. È un´icona della civiltà occidentale. È riprodotta sul recto delle monete italiane da un euro. Sulle divise degli astronauti della NASA, che la portano nel cosmo durante i loro viaggi. Su cartoline, magliette, francobolli. Il foglio originale è custodito dal 1822 alle Gallerie dell´Accademia di Venezia – protetto dalla luce e dagli sbalzi atmosferici. La carta è fragile: viene esposto periodicamente. L´immagine, a penna e inchiostro – assediata dalla microscopica scrittura leonardesca – raffigura un uomo nudo, inscritto contemporaneamente (è la geniale trovata di Leonardo) nel cerchio e nel quadrato. Le figure geometriche che Platone riteneva le più perfette, e che nel Rinascimento simbolizzavano lo spirito e la materia.
Però dire "un uomo" è in un certo senso un´imprecisione. Infatti, pur avendo una sola testa e un solo membro, l´uomo ha quattro gambe, e quattro braccia. È come se lo vedessimo in movimento, o su due fotogrammi sovrapposti: a gambe divaricate con le braccia aperte sopra le spalle; a gambe chiuse (la sinistra ruotata) con le braccia a croce perpendicolari al busto. L´ombelico rappresenta il centro dell´uomo inscritto nel cerchio (l´origine della sua parte spirituale); i genitali il centro dell´uomo inscritto nel quadrato (l´origine della parte fisica). Il microcosmo del corpo umano è riflesso del cosmo, è la misura di tutte le cose.
Vi risparmio i calcoli e le proporzioni di Vitruvio. Che Leonardo riporta, con qualche variante, nella parte destra del foglio. Con una minuziosità delirante e quasi poetica, indica quale deve essere la giusta distanza fra capelli e mento, mammelle e testa, gomito e spalle, piede e ginocchio, e via dicendo. Non so se davvero queste misure potessero servire a costruire templi, o se qualche essere umano corrisponda a un simile ideale matematico di perfezione. Mi ricordo che una volta da ragazzina, col decametro, mi misurai l´ampiezza delle braccia distese, dalla punta dell´indice destro a quello sinistro. Poiché corrispondeva alla mia altezza – come prescrive Leonardo – mi illusi che sarei diventata un esemplare perfetto, speranza che purtroppo presto si rivelò illusoria.
Comunque l´elemento più affascinante dell´Uomo vitruviano per me non è la teoria filosofica, cosmologica e umanistica che sottintende, né il corpo dell´uomo, per quanto statuario: è il viso. Non astratto, anzi, individualizzato come un ritratto. Duro e virile benché adorno di capelli medusei, quasi femminei. Non giovane, già segnato da rughe d´espressione. E soprattutto gli occhi: fissi davanti a sé eppure non rivolti allo spettatore, ma al di sopra di lui – verso l´orizzonte, lo spazio, la posterità. Occhi penetranti, intelligenti, indagatori. Non sono gli occhi sognanti dei personaggi di Leonardo, né di Leonardo stesso – almeno, non quelli che si è dato negli autoritratti o che aveva ricevuto dalla natura: soffriva di disturbi alla vista, e li proteggeva con vezzosi occhiali dalle lenti azzurre. Ma sono i suoi occhi interiori: quelli con cui guardava il mondo. L´Uomo vitruviano, nudo e disarmato, trasmette qualcosa di invincibile: il coraggio del futuro.
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