martedì 9 aprile 2013

Elogio della filosofia


Michel Serres: “Altro che economia, l’Europa è una questione di Logos”
L’epistemologo francese si confronta con Kurt Hilgenberg “Dobbiamo trovare noi le giuste risposte alla crisi”

"La Repubblica",  8 aprile 2013

Domani (alle 20 su Rai Scuola e poi su www.filosofia.rai.it) lo Speciale Europa apre la terza serie di Zettel, programma di Rai Educational diretto da Silvia Calandrelli, ideato da Gino Roncaglia e progettato e condotto da Maurizio Ferraris con Mario De Caro. Ci sarà una conversazione tra Ferraris e Umberto Eco con altri interventi. Anticipiamo l’intervista di Hilgenberg a Serres

Qual è il contributo della filosofia alla formazione del pensiero europeo?
«Credo i contributi siano tre: la filosofia della storia, la filosofia del diritto e la filosofia della conoscenza o della scienza. E, in primo luogo, dal punto di vista della filosofia della storia mi pare che l’Europa sia il luogo in cui è più viva la consapevolezza di possedere un’antichità. Nelle altre culture non c’è antichità, cioè una rottura netta tra una civiltà morta e una civiltà che ricomincia. E, quindi, in Europa, c’è una duplice fonte: quella dell’antichità greco-latina da un lato e, dall’altro, della tradizione giudeo-cristiana che le succede. E nell’idea che ha formato l’intelletto europeo, mi pare che ci sia quest’idea di biforcazione: un’antichità da un lato e poi, dall’altro, un cambiamento di direzione; non è più l’antichità greco-latina, diventerà quella giudeo-cristiana, pur conservando l’apporto greco e latino. Cioè, appunto, una biforcazione ma, al contempo, la conservazione di ciò che vi è stato in precedenza. Questo, per quanto riguarda la filosofia della storia. Poi, relativamente alla filosofia della conoscenza, nella tradizione greco-latina c’è l’idea del logos greco, dell’astrazione greca. E quest’idea di astrazione proseguirà a lungo nella filosofia. Ma d’altra parte, però, con il Rinascimento, in Europa assistiamo all’invenzione della fisica sperimentale.
Quindi, quest’astrazione si proietterà nella concretezza, con una sorta di nuovo concetto che associa al contempo astratto e concreto. E anche questa è una caratteristica tipicamente europea. Infine, nella filosofia del diritto, la cosa più importante è vedere che in Europa c’è una dualità tra i paesi di diritto romano e i paesi che potremmo definire come di diritto anglosassone, cioè di diritto consuetudinario. E anche in questo caso troviamo da un lato l’idea di un logos astratto, di un’astrazione e dall’altro un’applicazione alla realtà».
Questo per il passato. Ma oggi, la filosofia può ancora al pensiero sull’Europa?
«Credo che la particolarità dell’Europa sia di aver inventato qualcosa che ci riguarda in modo molto concreto, nel senso che credo che sia stata l’Europa a inventare la nozione di “individuo”. Questa nozione è già in parte presente nei Greci, in parte nel diritto romano di cui ho parlato prima, ma è distintamente presente nel pensiero a partire dal Rinascimento. Il Rinascimento costituisce nuovamente una biforcazione rispetto al Medioevo, in cui si manifesta un tratto tipicamente europeo, l’idea d’inventività e insieme la capacità di inventare l’individuo. Il processo avviato con il Rinascimento dura ancora oggi, cioè in un periodo in cui l’individuo è veramente nato: con le nuove tecnologie, ad esempio, si vede benissimo che c’è una sorta di creazione di un nuovo individuo, in un quadro di trasformazioni radicali. Oggi parliamo molto della crisi economica senza accorgerci che la crisi economica forse è solo un fenomeno prodotto da crisi molto più profonde. Per esempio, in paesi come l’Italia, la Francia, la Germania o l’Inghilterra, all’inizio del Novecento, la metà degli abitanti erano contadini. Oggi abbiamo solo lo 0,8% di contadini. Quindi, nel ventesimo secolo, assistiamo a una crisi enorme a livello di rapporto con il mondo, di rapporto con la natura. In secondo luogo, quando sono nato io, il mondo aveva un miliardo e mezzo di abitanti. Oggi siamo sette miliardi e mezzo di persone. Di conseguenza, per i contadini non è più lo stesso mondo, per la democrazia mondiale non sono più le stesse persone. E oggi la speranza di vita è di 84 anni per le nostre compagne e, di 77 anni, credo, per gli uomini. Ma, solo cent’anni fa, la speranza di vita era di 50 anni e duecento anni fa era di 40 anni. Quindi, non è più lo stesso pianeta. Ne consegue, che la filosofia oggi deve individuare dei concetti nuovi, relativi non solo all’economia ma al posto dell’uomo nel mondo. In particolare, la filosofia può aiutare una futura Europa interrogandosi sul modo in cui gli individui si costituiranno in nuove comunità, e chiedendosi se ci sono nuove comunità da inventare. Questa è filosofia politica, un ambito in cui l’Europa è stata estremamente fertile nell’Ottocento, mentre lo è stata molto meno nel Novecento. Credo che bisognerebbe rilanciare l’idea di filosofia politica inventando nuove appartenenze ed è questo che, un po’ alla cieca, sta cercando l’individuo moderno».
Quindi, biforcazione, individuo, comunità sono i concetti centrali di un’Europa filosofica. Oltre ai concetti, le chiedo se esistono degli oggetti che esprimono l’Europa nel modo più completo.
«Il suo è un indovinello... A prima vista, direi che è un oggetto enorme, la cattedrale. Perché le cattedrali sono presenti in Inghilterra, in Francia, naturalmente, a Colonia, in Germania, a Milano, ovunque in Europa. La prima è forse Santa Sofia, a Costantinopoli. Dunque la cattedrale simbolizza bene l’Europa, ma è un oggetto di un’altra epoca. Ma sono state inventate nuove cattedrali, come il Cern, a Ginevra: ecco un’istituzione europea, una comunità europea, la costruzione di una cattedrale straordinaria e qualcosa, dal punto di vista scientifico, di prettamente europeo. Non contempla minimamente di applicare la scienza e di applicarla a interessi economici. Si tratta solo di ricerca pura, di ricerca disinteressata e questo è tipicamente tedesco, tipicamente francese, tipicamente italiano. Sì, il Cern è una buona idea, è una nuova cattedrale».
Qual è la via che i giovani devono o dovrebbero percorrere per arrivare a un nuovo pensiero europeo?
«La mia prima risposta è consistita nel dire: ciò che c’è di originale nel pensiero europeo è la biforcazione rispetto all’antichità, la biforcazione rinascimentale rispetto al Medioevo, cioè l’idea che l’avvenire è imprevisto, che è inventivo, che è inatteso. Anche oggi ha luogo una biforcazione. Come dicevo, oggi siamo degli individui, siamo meno tedeschi di una volta, meno italiani di una volta, meno francesi di una volta perché sappiamo che la nazione ci è costata milioni di morti e, dunque, non ne abbiamo più bisogno. E stiamo pensando che le comunità antiche sono un po’ desuete, un po’ obsolete. Ora, l’idea su cui, credo, bisognerebbe un lavorare sarebbe quella di chiedersi in che modo degli individui, siano essi di Cosenza, di Berlino o di Parigi, potrebbero riuscire a inventare una nuova comunità politica che non sia dominata da istituzioni antiche, concepite in un’epoca in cui il mondo non era ciò che è diventato. Ci sono dei matematici che, una decina di anni fa, si sono posti la seguente domanda: con quante telefonate un abitante di Cosenza può raggiungere un abitante di Berlino o di Parigi? Una persona qualsiasi che chiama un’altra persona qualsiasi. Hanno fatto dei calcoli e si sono accorti che con sette telefonate chiunque sul pianeta può chiamare chiunque altro. Ma alcuni mesi fa il calcolo è stato rettificato perché ci si è accorti che con le grandi reti presenti sul web si poteva scendere a quattro. E quindi, chiunque nel mondo, tenendo in mano il cellulare, può chiamare chiunque altro con quattro telefonate. I matematici hanno chiamato questo teorema, “teorema del mondo piccolo”, un mondo in cui posso chiamare chiunque altro, virtualmente, con quattro telefonate. Il che dimostra che abbiamo cambiato completamente spazio. Nel corso della storia, chi avrebbe potuto dire “ora, tenendo in mano il mondo...”? Forse Augusto, l’imperatore romano. Possiamo immaginare un’epoca della storia in cui avrebbero potuto esserci miliardi di Augusto?».
E quasi settant’anni di pace, almeno in buona parte dell’Europa.
«Sono abbastanza vecchio per sapere che l’Europa è un miracolo, perché ho conosciuto le guerre e il fatto che non ci siano più frontiere mi pare una cosa miracolosa. E quali che siano le critiche che si possono muovere all’Europa, non bisogna dimenticare che tutti i libri di storia ci dicono che le guerre sono sempre causate da una crisi economica. Ora, ormai da vent’anni siamo in una crisi economica e, che io sappia, non ci sono state guerre. Quindi, l’Europa è perfettamente efficace a livello di istituzioni visto che è in corso una crisi, una crisi comune che, però, non ha scatenato carneficine come nel caso delle crisi precedenti».


I Socrate del futuro vanno alle Olimpiadi

Il 16 aprile a Roma le gare nazionali degli studenti dedicate al pensiero

Paolo Poma

Nel quinto libro delle Tuscolanae disputationes, Cicerone, citando come propria fonte Eraclide Pontico, ci informa del curioso incontro tra Pitagora di Samo e Leonte, signore di Fliunte, il quale, colmo d’ammirazione per quel prodigio d’ingegno ed eloquenza, dopo avergli chiesto quale mai fosse la sua arte, si sentì rispondere che non ne professava alcuna, ma che però era “filosofo”. Ora, dovendo spiegare al sovrano il significato di quel termine inaudito, Pitagora ricorre a un’elegante analogia con i giochi panellenici, in quanto eventi capaci di coinvolgere ben tre categorie di persone: 1) gli atleti, che, per ottenere celebrità e gloria eterna, partecipano alle gare attivamente e che, dunque, sono emblema della vita activa; 2) i mercanti, che approfittano delle grandi adunate di massa per esercitare l’arte del piccolo commercio e che, pertanto, rappresentano la vita poietica; 3) gli spettatori, che partecipano alle gare passivamente, solo per il piacere di assistere, e che, quindi, incarnano la vita contemplativa. Ebbene, dice Pitagora, questi ultimi, in qualche modo, sono paragonabili ai filosofi, la cui caratteristica principale è quella di osservare la natura in maniera disinteressata… non poteva certo immaginare che, ai giorni nostri, l’Olimpiade di Filosofia (giunta già alla sua XXI edizione) avrebbe messo in crisi il suo raffinato parallelismo, presentando il filosofo e l’atleta sullo stesso piano. La competizione, bandita dal MIUR e dalla Società Filosofica Italiana (SFI, il cui presidente e promotore delle iniziative è Stefano Poggi), vede protagonisti studenti e studentesse delle scuole secondarie superiori ed è articolata in quattro fasi. Le prime due, le gare di istituto e quelle regionali, si sono già concluse. La terza, nazionale, si terrà a Roma il 16 aprile prossimo. Infine, l’ultima fase, quella internazionale, si disputerà dal 16 al 19 maggio. Coordinata dalla Federazione Internazionale delle Società di Filosofia, dopo aver toccato Oslo, Vienna, Tokyo e altre importanti città, quest’anno avrà luogo a Odense, in Danimarca, dove due campioni italiani, accompagnati da Carla Guetti e Gaspare Polizzi (rispettivamente segretario nazionale e presidente della sezione fiorentina della SFI), si misureranno, fra gli altri, coi corrispettivi di America latina, Giappone, Corea. Le prove, in inglese, francese, tedesco o spagnolo, consistono in saggi scritti di argomento filosofico sorteggiati, di volta in volta, in terne di tracce pertinenti alla questione di fondo “Quali virtù per la cittadinanza? ”. I giovani studenti, per l’occasione, cominceranno a mettere a fuoco i grandi problemi del nostro tempo, ad aprire gli occhi sul mondo in cui vivono, a rivendicare – per dirla con Emanuele Severino – il diritto di non sognare. Non a caso, a essere premiata sarà la capacità critica e argomentativa, più che i riferimenti storici. Per questo, dietro la competizione, c’è una pratica annuale intensa: i docenti, come veri e propri preparatori atletici, sottopongono ai liceali partecipanti dei testi palestra, al fine di aiutarli a potenziare le capacità e ad adeguare sempre di più le performance dei candidati italiani agli standard internazionali. Al di là di ori, argenti e bronzi, grazie al protocollo d’intesa tra SFI e MIUR la partecipazione all’Olimpiade di Filosofia è considerata prova di eccellenza e come tale consentirà di incrementare il credito scolastico dei candidati all’esame di Stato. Il ministero si riserva di premiarla in forma ancora da definire.

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