Giacometti incontra Caroline: una storia tra arte e trasgressione
Franck Maubert racconta l'amore fra lo scultore e la ragazza «facile», con idillio e dramma
GIUSEPPINA MANIN
"Corriere della Sera", 19 aprile 2013
Tutto è cominciato da uno sguardo. Due occhi neri, così profondi da bucare la tela che li intrappolava, così torbidi e innocenti da scombussolare chi avesse la ventura di incrociarli. Frank Maubert, che quel pomeriggio vagava un po' distratto tra i vari dipinti del Museo d'arte moderna di Parigi, ne restò catturato. «Sotto un reticolo di tratti scuri, la forza di quegli occhi mi chiamava. Quella donna mi guardava. E voleva che io la guardassi. Lessi la targhetta a fianco:
"Alberto Giacometti. Caroline. 1965, olio su tela". Sapevo il suo nome, sapevo che un giorno l'avrei rivista». E così fu. Scrittore e appassionato di pittura, Maubert decide di mettersi in cerca della misteriosa donna del ritratto. Non ci vuoi molto a scoprire che Caroline è stata la modella prediletta di Giacometti, la sua amante. La sorpresa è che è ancora viva, e vive a Nizza. Ma quella che gli apre la porta di un bilocale all'ultimo piano di un palazzone della Promenade des Anglais, non sembra aver niente in comune con la magica creatura del quadro. «Una donnina minuta, anonima, labbra sottili, aria perduta». Sconosciuti l'uno all'altra, i due si squadrano. E in quegli occhi stanchi, un po' smarriti, Maubert riconosce lo sguardo: intenso, dolente, così vivo e disperato. «Era lei, Caroline». Anziana, malandata come la sua casa, divide il terrazzino con dei canarini, beve Campari, fuma sigarette mentolate, tiene accanto al letto un libro, «Bella del Signore» di Cohen. Una sedia per l'ospite, l'altra per lei, come in un disegno di Copi. E Caroline racconta. La sua storia, oggi raccolta da Franck Maubert in L'ultima modella (editrice Archinto). In copertina una foto la ritrae con Giacometti al tavolo di un caffè parigino: lui con il viso scavato alla Beckett, una sigaretta tra le dita, lei fiorente, capelli cotonati, golfino chiaro, collana scura. Due innamorati che si guardano adoranti. «Questo è un libro sullo sguardo — awerte lo scrittore —. E su una storia d'amore senza limiti lunga sette anni. Quando si videro la prima volta, nel 1958, lui aveva 57 anni, lei 20. Per Giacometti il sogno di una giovinezza ormai lontana, per lei, solita a dragare nei bar, l'ebbrezza di far perdere la testa a un uomo così diverso dai soliti "clienti", un artista famoso». E la testa Giacometti per lei la perse del tutto. Senza freni né ritegni. Che importa se Caroline vende il suo corpo, se è leggera, infedele, venale? Se ogni tanto rubacchia qua e là, se persino apre le porte dello studio dell'artista a due rapinatori che gli portano via tutto quello che ha? «Giacometti non aveva nessun senso del denaro, né della morale comune — precisa l'autore —. Non la rimproverò mai di niente, anzi una volta che lei era finita in prigione, fece il diavolo a quattro per tirarla fuori». Per consolarla le regala una Mg rossa fiammante. Con cui lei, quando fa buio, lo scorazza per Parigi facendogli scoprire il lato oscuro della città e della sua anima. Caroline gli apre le porte della notte. Visioni che lui trasferisce in 150 litografie raccolte in un libro, Parigi senza fine. «E di giorno Giacometti la ritrae ossessivamente. Stabilisce con lei quell'ambiguo legame modella-artista fatto di sguardi e di silenzi, che obbliga entrambi a denudarsi. Quanto al sesso, Caroline per lui, probabilmente impotente, era l'ideale. A una prostituta non si deve rendere conto di niente. Si prende quello che da e si accetta che vada anche con altri». Chi accetta di meno è la moglie di Giacometti, Annette. «La sua prima modella: schiva, dimessa, l'opposto di Caroline. Quando la sposò, Alberto le disse che lo faceva perché si chiamava come sua madre. Che lui vada con le prostitute Annette lo sa. Quello che non mette in conto è che si innamori di una». Ogni gelosia è vana. Giacometti non lascia la moglie e non rinuncia all'amante. Ma anche Caroline ha un cuore. S'innamora del suo artista, sarebbe pronta a fargli un bambino ma, confessa nel libro, «Alberto non poteva. Abbiamo consultato anche degli specialisti. Ma lui non poteva...». Poco importa. «Non cessava di ripetermi che ero la sua dea, la sua "dismisura"». Alberto la porta al Louvre, dove lei non è mai stata: «Ce l'aveva tutto in testa — commenta Caroline — Tutte le sale, tutti i quadri, tutto quello che è stato creato da sempre». A Londra incontrano Francis Bacon. Una serata al ristorante che si conclude in modo turbolento: ubriaco fradicio, il pittore inglese rovescia la tavola e tutto quello che c'è sopra. Giacometti, che fino a quel momento si annoiava terribilmente, ne è deliziato. Quando sta per morire, divorato da un cancro, allontana la moglie e reclama l'altra. Fuori dalla stanza le due donne si accapigliano. Ma alla fine è Caroline a tenergli la mano fino all'ultimo istante. «La morte sta per venire a prendermi... — mormora lui —. Come mi sono dato da fare per niente».
La vita e l'opera
Alberto Giacometti (1901-1966) è stato uno scultore e pittore svizzero. Destinato a diventare celebre per le sue esili e filiforme figure umane, la sua formazione e l'attività artistica si sono svolte a Ginevra, quindi a Roma e poi a Parigi, dove è stato attirato sia dal Cubismo che dal Surrealismo. Lì è nato un forte sodalizio con Breton, il fondatore del movimento surrealista, per il quale ha scritto e disegnato sulla rivista «II Surrealismo al servizio della rivoluzione». Dopo gli anni di guerra trascorsi nuovamente a Ginevra, è tornato a Parigi nel 1946 e nel '62 ha ricevuto il Gran Premio della scultura alla Biennale di Venezia. La sua opera più famosa è «L'uomo che cammina», in bronzo, venduta nel 2010 per 75 milioni di euro
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