domenica 8 luglio 2012

Günter Grass: Berlino, 1989


Da Günter Grass, Il Mio Secolo [Mein Jahrhundert]. 100 Racconti, Torino, Einaudi, 1999

G. Grass, Il mio secolo 1989, 1997 – 1999, Collezione Würth

1989 
Stavamo viaggiando verso il Lauenburg...

Stavamo viaggiando verso il Lauenburg, di ritorno da Berlino, quando la notizia ci arrivò all’orecchio in ritardo, dalla radio della macchina, perché eravamo abbonati al Terzo programma, al che io, come migliaia d’altri, ho probabilmente gridato «pazzesco!», per la gioia e lo spavento, «ma è pazzesco!», e poi, come Ute che era al volante, mi sono perso in pensieri che correvano in avanti e all’indietro. E un conoscente, il quale aveva il domicilio e il posto di lavoro dall’altra parte del  muro e, sia prima sia attualmente, vigila sui lasciti nell’archivio dell’Accademia delle Arti, apprese la buona novella, offerta per così dire con una spoletta a tempo, in maniera altrettanto differita. 
Secondo il suo racconto, stava tornando, grondante sudore, dal jogging praticato nel Friedrichshain. Niente di strano, perché quest’automacerazione di origine americana era ormai diventata usuale anche per i berlinesi dell’Est. All’incrocio tra la Niederkirchner-Strasse e la Bötzowstrasse incontrò un conoscente, anch’egli ridotto dalla corsa ad ansiti e traspirazioni. Sempre segnando il passo, ci si diede appuntamento alla sera per una birra e ci si ritrovò poi seduti nell’ampio soggiorno del conoscente, il cui posto di lavoro era al sicuro nella «produzione materiale », come veniva definita, e pertanto il mio conoscente non si stupì di vedere nell’appartamento del suo conoscente un parquet appena posato; per lui, che in archivio spostava solo carte e tutt’al più aveva competenza di note a piè , un simile acquisto sarebbe stato inarrivabile. 
Si bevve una birra, un’altra ancora. Più tardi arrivò in tavola l’acquavite. Si parlò dei tempi passati, dei figli che crescevano e delle barriere ideologiche nelle riunioni dei genitori. Il mio conoscente, che è originario dei Monti Metalliferi, dove l’anno prima avevo disegnato gli alberi morti sulle creste, disse al suo conoscente che voleva tornarci il prossimo inverno a sciare con la moglie, ma aveva dei problemi con la sua Wartburg, i cui pneumatici sia anteriori sia posteriori erano talmente
consumati da non presentare quasi più il battistrada. Adesso sperava di potersi procurare nuovi pneumatici invernali tramite il suo conoscente: chi nel socialismo reale può farsi mettere in opera privatamente un parquet, sa anche come ottenere le gomme speciali con il marchio «M+S», che stava a significare «Matsch und Schnee», cioè «fanghiglia e neve». 
Mentre noi ci avvicinavamo a Behlendorf con la lieta novella ormai nel petto, nella cosiddetta «stanza berlinese» del conoscente del mio conoscente il televisore era acceso a volume bassissimo. E mentre i due, tra una birra e un’acquavite, stavano ancora parlando del problema dei pneumatici e il proprietario del parquet diceva che le gomme nuove, in linea di massima, si potevano ottenere solo coi «soldi giusti», però si offriva di procurare ugelli del carburatore per la Wartburg, ma quanto al resto non intendeva alimentare ulteriori speranze, il mio conoscente, lanciando una breve occhiata in direzione dello schermo afono, si accorse che evidentemente trasmettevano un film  secondo l’intreccio del quale dei ragazzi si stavano arrampicando sul Muro, sedevano a cavalcioni sul rigonfiamento superiore e la polizia di confine osservava quel divertimento senza intervenire. Fattogli notare un tale spregio del baluardo protettivo, il conoscente del mio conoscente disse:   proprio roba da Ovest! 
Poi commentarono entrambi quella cosa di cattivo gusto che scorreva sullo schermo -   Sicuramente un film sulla guerra fredda» - e ben presto tornarono ai consunti pneumatici estivi e ai mancanti pneumatici invernali. 
Dell’archivio e dei lasciti di scrittori più o meno significativi che vi erano depositati, non si fece parola. 
Mentre noi già vivevamo nella consapevolezza dell’epoca che si apriva, del tempo-senza-Muro, e - appena arrivati a casa - accendemmo il televisore, dall’altra parte del Muro ci volle ancora un po’ prima che il conoscente del mio conoscente facesse qualche passo sul parquet appena posato e alzasse al massimo il volume dell’apparecchio. Da quel momento, più nessun accenno ai  pneumatici invernali. Un problema che avrebbero risolto la nuova cronologia e i «soldi giusti». Solo un’ultima sorsata di acquavite, e poi via verso l’Invalidenstrasse, dove già le macchine - più Trabant che Wartburg si ingorgavano, perché tutti volevano dirigersi al punto di attraversamento del confine che era miracolosamente aperto.
E a chi stava in ascolto con attenzione giungeva all’orecchio che tutti, quasi tutti coloro che a piedi o in Trabi volevano passare all’Ovest gridavano o mormoravano «pazzesco!», come io avevo  esclamato «pazzesco!» poco prima di Behlendorf, ma poi mi ero lasciato andare a pensieri sconnessi.
Ho dimenticato di chiedere al mio conoscente come e quando e con quali soldi si sia poi finalmente conquistato i pneumatici invernali. 
Mi sarebbe anche piaciuto sapere se ha festeggiato il passaggio dall’’89 al ’90 sui Monti Metalliferi, con sua moglie, che ai tempi della Ddr è stata una campionessa del pattinaggio di velocità. Perché in qualche modo la vita è comunque andata avanti.

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