domenica 15 luglio 2012

Italia - Germania


Friedrick Overbeck, Italia e Germania ( Sulamith und Maria), 1811-1828, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek


Da Goethe a Mann, cercatori d’infinito attratti dalla luce mediterranea, di Paola Capriolo, "Corriere della Sera", 26 giugno 2012


Forse nessuno tra i grandi personaggi della cultura germanica ha reso all'Italia un omaggio paragonabile a quello del francese Stendhal, che volle essere designato come «milanese» sulla sua pietra tombale, quasi a offrire l'estrema testimonianza di un sentimento che può essere definito addirittura di adesione. Questa adesione non c'è, da parte dei tedeschi: c'è però una fascinazione non meno profonda, che dal diciottesimo secolo sino a tutto il Novecento ha spinto poeti, scrittori e filosofi a compiere il loro reale o metaforico «viaggio in Italia» per misurarsi con un mondo opposto e complementare. Quell'epoca aurea che i germanisti definiscono Klassik sarebbe difficilmente concepibile se il consigliere di Corte Johann Wolfgang von Goethe, dopo essere tornato indietro una prima volta, come sgomentato dalla prospettiva di un incontro che presagiva fatale, quando era già sul punto di varcare il passo del Gottardo, non si fosse infine deciso a valicare le Alpi lasciandosi completamente impregnare dall'esperienza italiana. Al suo ritorno non era diventato «romano», «napoletano», «veneziano», non aveva assunto la cittadinanza spirituale di nessuno dei luoghi dove aveva soggiornato; in compenso aveva acquisito quell'idea latina della forma che si sarebbe così felicemente contemperata con gli slanci speculativi e le inclinazioni faustiane dell'indole tedesca dando luogo a una delle più grandi stagioni della cultura europea. È in fondo la nascita di un mito: quello della «terra dove fioriscono i limoni», oggetto di una lunga, tenace nostalgia di cui forse possiamo ancora cogliere gli echi nel turista di Amburgo o di Francoforte in visita al nostro Paese; un mito che a ben vedere non si spegne neppure durante la stagione romantica, quando la forma, la misura, l'istinto classico del limite riassunti nella parola «Italia» vengono fatti oggetto della più radicale contestazione. Così, appunto, vanno le cose tra gli opposti: a volte si attraggono, altre volte si respingono, senza mai poter prescindere l'uno dall'altro. È come se il tedesco definisse inevitabilmente se stesso in rapporto all'Italia, ora rivendicando la propria superiorità di cercatore dell'infinito e instancabile collezionista di fiori azzurri, ora sentendo questo stesso anelito all'infinito come un'irrimediabile goffaggine e guardando con l'invidia dell'apprendista all'innata «chiarezza» di noi eredi del Rinascimento. LEGGI TUTTO...


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