Il testo integrale dell'intervento del teologo Vito Mancuso al XXIX Seminario di perfezionamento della scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri, Sala di San Giorgio Maggiore, Fondazione Giorgio Cini di Venezia.
[...] Chi ama la libertà ama i libri e la loro esattezza; viceversa chi non ama la libertà non ama i libri e tanto meno ne cura l’esattezza. Tra filologia e libertà la parentela è stretta, come ha messo acutamente in rilievo Luciano Canfora (Filologia e libertà, Mondadori 2008). Questo legame tra libri e libertà fa sì che ogni forma di potere totalitario dedichi sempre molta attenzione al controllo della cultura, perché avverte che è anzitutto lì la principale insidia, il luogo dove può generarsi la scintilla della rivolta. Io mi sono limitato al potere ecclesiastico per motivi legati alla mia preparazione e al fatto che qui a San Giorgio papa Pio VII scrisse quelle parole poco benevoli verso i libri che vi ho letto (peste librorum), ma so bene che ogni totalitarismo ha avversato la libertà di stampa e di lettura, a prescindere dall’impalcatura ideologica del suo potere, sia essa cattolica, o protestante (Michele Serveto venne fatto bruciare vivo da Calvino a Ginevra il 27 ottobre 1553 con il suo libro De Trinitatis erroribus legato alla coscia), oppure sia essa atea comunista o atea nazifascista o fondamentalista islamica o qualunque altra tipologia di totalitarismo.
In questa prospettiva ricordo il poeta inglese John Milton, che nel 1644 scrisse l’Areopagitica, uno degli scritti più vibranti in favore della libertà di stampa, dove si leggono queste parole rivolte al Parlamento d’Inghilterra che stava per introdurre una legge sulla censura e la distruzione dei libri: “È quasi uguale uccidere un uomo che uccidere un buon libro. Chi uccide un uomo uccide una creatura ragionevole, immagine di Dio; ma chi distrugge un buon libro uccide la ragione stessa, uccide l’immagine di Dio nella sua stessa essenza” (ed. it. p. 11).
[...]
A partire dal fatto che la mia casa odierna è piena di libri e che stavo riflettendo sui libri per parlarne a librai, mi venne di considerare la casa di quand’ero bambino. Lì di libri non ce n’erano molti, i primi di cui ho ricordo sono i due di testo delle elementari (libro di letture e sussidiario) e prima ancora il libricino di preghiere di mia madre. La mia famiglia però fu sempre consapevole dell’importanza della cultura e vi investì con determinazione facendo entrare in casa non poche enciclopedie. La prima in assoluto fu un cofanetto di tre volumi intitolati Dizionario del sapere.Enciclopedia moderna, a cura di M. G. Bacci, Aristea, Milano 1965: il primo volume era verde e andava dalla A alla L, il secondo, rosso, dalla M alla Z, il terzo, blu, era un dizionario della lingua italiana. Poi fu la volta dell’enciclopedia illustrata Conoscere dei Fratelli Fabbri, 16 volumi rilegati di tela rossa con la sovraccoperta nera su cui campeggiavano in primo piano una Madonna e un astronauta. Arrivava a casa un volume al mese e io, allora ai primi anni delle elementari, quando tornavo da scuola e lo trovavo neppure più volevo mangiare tanto ne ero rapito, così che mia madre prese l’abitudine di consegnarmi il nuovo arrivato solo a pranzo ultimato. Poi arrivò l’Enciclopedia delle Scienze per i Giovani di Federico Motta in 20 volumi, con in omaggio un microscopio; poi I Quindici (che però non ho mai amato) e ancora altre enciclopedie, dizionari, romanzi. L’apoteosi la toccai quando, a seguito degli esami di terza media, mio padre mi regalò i 12 volumi della Storia del Mondo moderno della Cambridge University Press, pubblicata in Italia da Garzanti. Avendola pagata in contanti, ricevemmo in omaggio una trentina di “Grandi Libri Garzanti”, tra cui Omero, Shakespeare, Puškin, Gogol, Gončarov, Stendhal, Flaubert, Maupassant, Henry James, Melville e anche la Storia delle mie disgrazie e le lettere d’amore ad Eloisa del teologo medievale Pietro Abelardo. Ricordo tutto questo per dire che posso testimoniare sulla mia pelle, a partire dalla storia della mia famiglia, il legame tra libri e libertà: libertà della mente, capacità di riflessione e di giudizio autonomo, tutto questo è ciò che consegna la lettura a chi vi si dedica.
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