Serena Danna
"Corriere della Sera", 3 Gennaio 2013
Tra le tante date che segnano l'inizio della rivoluzione Internet, il 1° gennaio 1983 porta con sé un messaggio destinato a ripetersi negli eventi cruciali della storia della Rete. Quel giorno Vinton Cerf e Robert Kahn, giovani informatici americani al servizio del Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa), l'agenzia della Difesa americana per lo sviluppo di tecnologie militari, conseguirono l'obiettivo a cui stavano lavorando da anni insieme a Jon Postel e a un ampio team: un «linguaggio comune» per i computer, ottenuto grazie a un protocollo, il Trasmission Control Protocol and Internet Protocol (Tcp/ip), capace di mettere in comunicazione macchine diverse. Da allora il «packet switching», sistema ancora oggi alla base dell'invio dei messaggi in Rete (una tecnica che consiste nel dividere un messaggio in vari pacchetti così da non perdere l'intero contenuto nel caso di interruzione di un collegamento), poteva così funzionare anche nella comunicazione radio, radiomobile e via satellite.
È stato grazie a questa invenzione se sei anni dopo l'informatico britannico Tim Berners-Lee fece viaggiare ipertesti da un pc a un altro dando ufficialmente inizio al «world wide web».
Peccato che, come ricorda lo stesso Cerf sul blog di Google, azienda in cui svolge il ruolo di «Chief Internet Evangelist» (professione guru), non c'è neanche una foto, un brindisi, o una stretta di mano a ricordare quella scoperta: «L'emozione che si diffuse nella squadra, che tenacemente lottava contro il tempo, fu di sollievo (...). Eravamo riusciti a sopravvivere al passaggio».
Comincia dunque nei laboratori della Darpa il mix di tenacia e inconsapevolezza che ha reso possibile la rivoluzione digitale. Come Steve Jobs nel suo garage e Mark Zuckerberg nel dormitorio di Harvard, Vinton Cerf non immagina che la sua scoperta cambierà il mondo. È un esecutore al servizio di un'idea: la superiorità tecnologica degli Stati Uniti (che nel caso di Jobs diventa la creazione della macchina perfetta, e con Zuckerberg il sogno del riscatto sociale). Come il fondatore della Apple e il creatore di Facebook, l'informatico americano lavora con puntualità e rigore verso il risultato. Senza pensare alle conseguenze.
In fondo, i due miliardi di utenti che ogni giorno utilizzano la Rete per informarsi, comunicare con gli amici, scaricare musica e lavorare non sono diversi dai suoi inventori. Viviamo come se protocolli, cavi, social network e wi-fi facessero parte della nostra storia non meno del Colosseo di Roma o del cappuccino a colazione. Eppure solo quarant'anni fa l'idea di una comunicazione reticolare attraverso computer dislocati proposta dall'ingegnere polacco Paul Baran suonò come un'assurdità alla comunità scientifica della Difesa americana. Nel 1999 gli utenti Internet erano duecento mila, quattordici anni dopo un miliardo di persone ha un account Facebook.
La rapidità con cui la tecnologia Internet si è sviluppata a partire da quel Capodanno del 1983 ci rende spesso incapaci di ricordare che c'è stato un altro modo di comunicare. A questo servono i compleanni: a unire memoria del passato e sguardo verso il futuro. Anche quando si tratta di protocolli.
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