Roma, ecco le statue che Ovidio cantò nelle Metamorfosi
Scoperta la villa di Messalla, mecenate del poeta
Laura Arcan
"La Repubblica", 8 gennaio 2013
Il cenacolo dei grandi poeti latini d’età augustea, da Ovidio ad Albio Tibullo, riprende vita alle porte di Roma, a Ciampino. Una scoperta che gli archeologi definiscono «eccezionale». È la villa romana attribuita a Marco Valerio Messalla Corvino, console insieme a Ottaviano e comandante nella battaglia di Azio del 31 avanti Cristo. Ma soprattutto mecenate di poeti e intellettuali d’età augustea che hanno scritto la storia della letteratura classica.
A restituire la villa, citata dalle fonti e il cui riferimento a «Valerii Messallae» deriva dai bolli sulle tubature, è il quartiere termale, dove gli ambienti sfoggiano frammenti di mosaici. Ma a confermare che si tratti del tesoro di Messalla potrebbe essere un altro ambiente, distante alcune decine di metri: la natatio, la piscina all’aperto lunga oltre venti metri, con le pareti dipinte di azzurro. Dall’interno della vasca sono riaffiorate una serie di sculture straordinarie. Sette statue integre, con alcune mutilazioni ricostruibili, di oltre due metri d’altezza. Un repertorio statuario che illustra il mito di Niobe e dei Niobidi. «Una di quelle scoperte che capita una sola volta nella vita di un archeologo», racconta Aurelia Lupi, guida, sotto la direzione scientifica di Alessandro Betori, dell’équipe della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio che tra giugno e luglio scorsi hanno avviato una campagna di sondaggi preventivi su un’area interessata da un progetto di edilizia sulla via dei Laghi all’interno dei cosiddetti Muri dei Francesi, una proprietà privata corrispondente al Barco dei Colonna. L’area è la stessa finita di recente sulle cronache per la triste vicenda del Portale di Girolamo Rainaldi, il maestoso ingresso barocco crollato e lasciato in stato di abbandono.
«Statue di Niobe ne sono state trovate in passato, ma nel caso di Ciampino abbiamo buona parte dell’intero gruppo», sottolinea la soprintendente Elena Calandra: «Sette statue d’età augustea complete, ma anche una serie di frammenti che possono essere ricomposti». Capolavori che mettono in scena la tragedia del mito, la punizione della superbia di Niobe. «Queste statue entreranno nei manuali di storia dell’arte classica» aggiunge Calandra. Le meraviglie del circolo di Messalla dovevano ornare i quattro lati della piscina e un basamento in peperino al centro della vasca. Sono rimaste inviolate sotto terra per secoli, probabilmente dopo che un terremoto nel II secolo le ha fatte precipitare sul fondo della vasca. «Le sculture ci offrono nuove testimonianze sull’iconografia di Niobe» dice Alessandro Betori, direttore scientifico degli scavi. «Nel gruppo spiccano due figure maschili di giovani colti nell’atto di osservare l’eccidio dei fratelli che appaiono a tutt’oggi inediti. E soprattutto, la villa da cui provengono appartiene a Messalla, protettore di Ovidio. Non è un caso che la descrizione più vivida del mito di Niobe si trovi proprio nel suo capolavoro, le Metamorfosi.
Da assiduo frequentatore del circolo, il poeta avrà forse avuto modo di vedere il gruppo dei Niobidi in tutto il suo splendore e di rimanerne ispirato». Oppure, potrebbero essere stati i versi del poeta a suggerire a Messalla il tema del gruppo scultoreo che doveva impreziosire la piscina della villa.
Dalla scultura alla poesia, insomma. Ora servono risorse per restaurare e valorizzare le opere.
Così quei versi fecero grande il loro autore
Maurizio Bettini
FORSE chi compose il programma iconografico del decoro si ispirò ai suoi versi? Nell’Iliade, Achille racconta questa vicenda a Priamo, venuto a reclamare il corpo di Achille. «Si ricordò di mangiare perfino Niobe dalla bella chioma » gli dice «alla quale ben dodici figli morirono dentro la casa, sei figli e sei figlie nel fiore degli anni. Li uccise Apollo tirando con l’arco d’argento, adirato contro Niobe, perché osava paragonarsi a Leto dalle belle guance». È la testimonianza più antica di questo mito, paradigma insieme di hybris materna e di crudeltà divina. Ma anche e soprattutto paradigma dello sconfinato dolore in cui si piomba per la perdita dei figli — non si poteva trovare racconto più adatto per accompagnarlo alla sorte di Priamo. Ovidio rese ancor più celebre questo mito, nelle Metamorfosi accese ulteriormente i colori di Omero. Adesso Niobe è una donna folle, tracotante, che vorrebbe addirittura distogliere i fedeli dall’onorare Latona, la madre di Apollo e di Artemide. Chi è costei paragonata a me? — va gridando — lei di figli ne ha avuti solo due, io quattordici. Sono felice e sempre lo sarò, chi può dubitarne? Ed ecco che Apollo, istigato da Latona irata, comincia a saettare. I sette splendidi figli della madre superba (in Omero erano solo sei) cadono uno dopo l’altro — di colpo l’esametro di Ovidio si è fatto Iliade, si è fatto Eneide: sangue che sgorga, nuche trapassate, polmoni a brandelli, gole squarciate. Non paga di quanto ha subito Niobe, sempre più folle, continua a insultare la dea, ed ecco cadere tutte e sette anche le sue tenere figlie. A questo punto non può che intervenire la metamorfosi, a suo modo pietosa. Niobe viene trasformata in roccia, e la pietra, si sa, è metafora concreta della durezza del dolore.
In Grecia la storia di Niobe e dei suoi miseri figli aveva offerto materia per un affresco niente meno che a Polignoto. In effetti è una vicenda spontaneamente visiva, un racconto che pare fatto apposta per produrre figure. Le statue appartenevano a una villa di Marco Valerio Messalla, una delle figure di maggior spicco, come oratore e come politico, negli anni della tarda repubblica e del principato di Augusto. La scoperta potrà gettare nuova luce sul rapporto fra le arti figurative e la poesia romana. Quella di Ovidio in particolare. Messalla infatti aveva raccolto attorno a sé un gruppo di poeti, Tibullo, Sulpicia, Ligdamo; ma sembra che, dopo la morte di Mecenate, anche Lucio Valgio Rufo, Emilio Macro e in particolare Ovidio (che fu amico del figlio di Messalla) si fossero uniti al suo circolo.
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Eva Cantarella
Messalla, Ovidio e il circolo dei poeti
"Corriere della Sera", 9 gennaio 2013
È importante per tante ragioni il ritrovamento, in un villa alla porte di Roma, delle statue che raccontano il mito di Niobe: sette straordinarie statue di età augustea integre, di oltre due metri di altezza, con alcune mutilazioni peraltro fortunatamente e facilmente ricostruibili, collocate in un edificio considerato di proprietà di Marco Valerio Messalla Corvino. A sua volta, una villa straordinaria, quella di Messalla: le statue, ha scritto la Repubblica, ornavano la natatio (vale a dire la piscina aperta) lunga ben venti metri, dalle pareti dipinte di azzurro. Inutile a dirsi, la villa di Messalla era molto ricca: a Roma possedere in casa un quartiere termale era un lusso che spesso chi poteva permetterselo si concedeva, ma i tesori che abbellivano la natatio di Messalla non svelano solo ricchezza: svelano culture e raffinatezza. E così era infatti Messalla, colto e raffinato.
Nato nel 64 a. C. (e morto non si sa se l'8 o il 13 d.C.), Messalla, di antica famiglia repubblicana, nel 42 a.C. combatté a Filippi con Bruto e Cassio. Giovanilmente anticesariano, dunque, si legò in età successiva al futuro princeps, ricoprendo importanti cariche politiche e militari: nel 31 a.C. fu console, nel 30 a.C. compì una vittoriosa spedizione in Gallia contro gli Aquitani per la quale nel 27 a.C. ottenne gli onori del trionfo.
Il sito archeologico
Le statue di età augustea sono state ritrovate nella villa appena scoperta di Valerio Messalla, mecenate del poeta Ovidio, e raccontano il mito di Niobe: la scoperta è di un’équipe di archeologi della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio a Ciampino
Ma l'avvento del principato segnò il suo allontanamento della politica, e il suo crescente interesse per la cultura. Anche se della sua opera rimangono scarni frammenti, si affermò come oratore di indirizzo atticista (molto apprezzato da Quintiliano) nonché come uomo e patrono di cultura, riunendo intorno a sé, nel cosiddetto «circolo di Messalla», alcuni tra i maggiori poeti del tempo, come Tibullo, Ligdamo e il giovane Ovidio. Ma era molto diverso, questo circolo, da quello ben più celebre «di Mecenate», di cui erano parte Virgilio, Orazio e Properzio. Questi infatti sostenevano l'ideologia e le nuove politiche augustee: l'Eneide di Virgilio, come ben noto, fornisce di fatto una legittimazione al potere di Augusto. Non a caso i grammatici antichi ritenevano che l'intenzione del poema fosse quella di «lodare Augusto a partire dai suoi antenati»; e delle Georgiche Augusto e Mecenate non sono i semplici dedicatari, ma si può ben dire gli ispiratori.
Messalla, invece, di quelle politiche non fu mai un portavoce. Come scrive Concetto Marchesi, il suo circolo «senza contrasti e senza ossequi verso il nuovo principato, svolgeva una sua attività interiore, come avulsa dalle vicende politiche contemporanee: specie di recinto arcadico di poeti benestanti dove l'estro giovanile di Ovidio e la fedele musa di Tibullo portarono uno spirito ora mondano ora campestre di poesia e una certa studiata preferenza degli amori alle armi». Le statue scoperte a casa di Messalla sono veramente un documento storico interessante. Ci stimolano a ricordare e ragionare su uno dei momenti più interessanti e più felici della storia culturale romana. Ma sarebbe ingiusto chiudere queste poche note senza ricordare un nome che spesso si dimentica: quello di Sulpicia. Una fanciulla romana (figlia di una sorella di Messalla, di cui questi era diventato il tutore) che grazie alla frequentazione del «circolo» ebbe modo di frequentare un ambiente che le consentì di coltivare la sua innata ispirazione poetica. E scrisse le uniche poesie a noi giunte di una donna romana: di cui peraltro solo da pochi anni è riconosciuta come l'autrice. Per secoli, infatti, sono state attribuite a Tibullo.
Un' area "patrimonio dell' umanità" che va salvaguardata da ogni tentativo di "cementificazione. Cosa ne pensa l'attuale Presidente della Regione Lazio Zingaretti!!???
RispondiEliminaUn' area "patrimonio dell' umanità" che va salvaguardata da ogni tentativo di "cementificazione. Cosa ne pensa l'attuale Presidente della Regione Lazio Zingaretti!!???
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